E’ una Mirandolina arguta, sagace e tutt’altro che leziosa e civettuola quella messa in scena da Sonia Bergamasco che ha portato al Teatro Nuovo Giovanni da Udine La Locandiera, capolavoro di Carlo Goldoni, nella produzione del Teatro Stabile dell’Umbria.
La Locandiera, commedia di carattere in tre atti, debuttò a Venezia nel 1752 e fu rivoluzionaria in quanto prima opera della letteratura italiana ad avere una donna come protagonista.
Donna moderna, conscia delle proprie capacità, che sa ciò che vuole dalla vita, Mirandolina è la proprietaria della locanda fiorentina dove alloggiano tre nobili signori, un Conte, un Marchese e un Cavaliere. Lei, bella ed intelligente, proviene da una differente classe sociale ed ha sempre vissuto del proprio lavoro. Osserva i tre con distacco e sufficienza, si prende gioco delle loro piccolezze e delle loro miserie. Tutti si innamorano di lei, il suo fascino e il suo potere seduttivo ammalia gli avventori, ma non è affatto una donna facile. E’, in realtà, una donna che ama conquistare ma difficilmente è conquistata. Anche il Conte e il Marchese, imbalsamati e pomposi, sono innamorati di lei e a lei si propongono uno con le sue ricchezze e l’altro con il suo titolo. Ma è il Cavaliere che la intriga: è un misogino e rabbioso uomo che odia le donne, la tratta bruscamente e la umilia. Sarà il suo atteggiamento a scatenare in Mirandolina il desiderio di farlo cascare ai suoi piedi. Quello che le interessa però non è il matrimonio: ‘a maritarmi non ci penso nemmeno; non ho bisogno di nessuno; vivo onestamente, e godo la mia libertà’. Tutto ciò che le interessa è: ‘vedermi servita, vagheggiata, adorata’ e l’astioso disinteresse del Cavaliere di Ripafratta stuzzica la sua vanità. Il piano è quello di farlo capitolare. La sua abilità di seduttrice avrà la meglio sul riottoso cavaliere che nel giro di un giorno si innamora perdutamente di lei. Ma sarà anche Mirandolina ad avere un cedimento, lei che si diceva certa di non innamorarsi mai. Si rende però subito conto di essere andata oltre e fa un passo indietro scatenando le ire del Cavaliere. Ed è a questo punto, rinsavita ed un poco spaventata, che entrano in gioco il suo pragmatismo e la sua saggezza. Decide di non cedere al denaro del Conte, al titolo del Marchese e neppure al Cavaliere, sua ultima conquista, ma di dare una svolta alla sua vita e mettere in soffitta le sue convinzioni concedendo la mano al fidato cameriere Fabrizio da sempre al suo fianco nella gestione del suo lavoro e della sua vita.
Nelle note di regia Antonio Latella, che firma lo spettacolo, afferma di avere puntato il faro sulla scelta definita politica di Mirandolina che scegliendo di sposare Fabrizio si sbarazza in un colpo solo della aristocrazia intera e nobilita il popolo lavoratore e la borghesia.
L’interessante allestimento ha prediletto scenografie moderne ed essenziali così come sono i costumi: abbandonati trine merletti e belletti, Mirandolina si aggira scalza e veste una semplice camicia bianca; il Marchese veste jeans e maglione; il Cavaliere pigiama, infradito e cappotto; pantaloni di una tuta il Conte. Ad accompagnare in alcuni momenti la vicenda un sottofondo jazz e qualche nota rock.
Ad affiancare una brava Sonia Bergamasco, Ludovico Fededenghi nel ruolo del Cavaliere di Ripafratta, Giovanni Franzoni e Francesco Manetti rispettivamente Marchese di Forlipopoli e Conte di Albafiorita.
Laura Fedrigo