Quando ho letto in un social che Grant Lee Philips sarebbe venuto in tour in Italia e tra le date era stata programmata venerdì 19 maggio la vicinissima Buia per me è stata una piacevolissima sopresa: ho immediatamente contattato il Circolo culturale Henry Chinaski per prenotare il mio posto. E vorrei iniziare questa breve descrizione del suo concerto ringraziando il Circolo Chinaski: ci avete fatto proprio un bel regalo. Poter assistere a un concerto così intimo a un passo da casa e per di più ad ingresso gratuito è cosa rara. In premessa, qualche breve nota biografica. Grant-Lee Phillips, songwriter, eccellente chitarrista e polistrumentista ha la musica nel sangue. Fin dai primi passi compone canzoni di grande spessore e a Los Angeles fonda i Shiva Burlesque. All’inizio degli anni novanta fonda i Grant Lee Buffalo, ottenendo nel 1995 il riconoscimento di migliore voce dell’anno da Rolling Stone. Con i Grant Lee Buffalo segnalo, tra gli altri, gli ottimi Mighty Joe Moon (1994) e Jubilee (1998), dischi elettrici e nello stesso tempo contenenti linee melodiche di grande spessore, degne dei migliori songwriters attualmente in circolazione. Nel 1999 inizia la sua carriera solista, con diversi album, tra i quali ricordiamo Mobilize (2001), il bellissimo Virginia creeper (2004), Strangelet (2007), Walking in the green corn (2012), The narrows (2016) fino all’ultimo, intenso All that you can dream, pubblicato nel 2022. Nel suo percorso è apparso in film sia come attore che come esecutore di brani inseriti nella colonna sonora e ha collaborato con diversi artisti del calibro di Peter Buck (REM), affiancando in tour gruppi come Pearl Jam, Smashing Pumpkins e Cranberries.
L’auditorium accoglie con calore il numeroso pubblico accorso e tra i presenti ci sono diversi operatori culturali e cantautori, tutti – al pari di me – contenti di avere l’opportunità di assistere a uno show così particolare. Apre il concerto Luca Brunetti che presenta i suoi brani chitarristici strumentali tra i quali anche alcuni nuovi che faranno parte di un nuovo album. Dopo una breve pausa inizia lo show del songwriter americano. L’atmosfera diventa subito magica. Una voce che trasmette emozioni, linee melodiche cristalline e mai scontate, una Gibson dal suono stratosferico, una scrittura sobria ed elegante sono ingredienti che portano inevitabilmente un artista ad esprimersi a livelli elevati. Tra i primi brani la splendida Mona Lisa, tratta da Virginia creeper. Vengono eseguiti diversi brani dall’ultimo lavoro All that you can dream. La canzone che apre l’album – A sudden place – ricorda che anche Notre Dame può andare in fumo, tutto può andare in fumo, il mondo è un luogo improvviso. Il testo dell’intensissima Cruel trick, tradotto nella nostra lingua, suona pù o meno così: Le vetrine dei negozi sono chiuse, come la domenica / E ci sono poche persone / Le linee elettriche appesantite dall’edera / I marciapiedi sono silenziosi, non c’è luce / Non c’è niente da vedere / Mi mancava soprattutto il posto stupido / La sensazione che provi quando c’è da qualche parte / Quando c’è un posto dove stare / Sembra un crudele trucco al cuore.
Molto applaudita l’esecuzione di Mighty Joe Moon, scritta per l’omonimo album dei Buffalo nel 1994. Sono passati quasi trent’anni ma la canzone pare addirittura più bella nella versione acustica. Anche Mockinbirds (sempre dal repertorio dei Buffalo) viene accolta con grande calore. Questo brano, in particolare, esprime ai massimi livelli la scrittura dell’artista: linee melodiche solide e orecchiabili ma mai scontate, sostenute da accordi raffinati. Grant Lee Philips suona la chitarra con uno stile molto efficace, utilizzando al meglio le corde basse: a volte pare quasi che ci sia un bassista ad accompagnarlo. Particolari che colpiscono, certo, ma quello che colpisce a fondo è la poesia che riesce a trasmettere. L’artista americano tra un brano e l’altro scherza e dialoga col pubblico. Come tanti altri musicisti provenienti dagli States parla velocemente credendo di essere compreso da tutti: in verità in Italia, putroppo, sono pochi quelli in grado di capire e parlare bene la lingua inglese! Dice di avere qualche problema alla gola, dovuto non solo ai concerti ma anche al cibo. Essendo stato informato sull’infinita rivalità tra il prosciutto di San Daniele e quello di Parma rassicura con grande ironia il pubblico: il San Daniele è senz’altro più buono! Di grande effetto l’esecuzione di Honey don’t think (È la fortuna del sorteggio come sei finita con me / Non sai affatto come ma ti prego di restare). Tra i pezzi non eseguiti di All that you can dream che avrei voluto ascoltare c’è certamente Peace is a delicate thing, My eyes have seen (nell’album eseguita al pianoforte). Peccato non aver potuto sentire anche quello che probabilmente è il pezzo che amo di più nel repertorio die Grant Lee Buffalo: Everybody needs a little sanctuary. Resta lo stesso una sensazione di piena soddisfazione, che riempie il cuore. Accogliendo la richiesta dell’amico cantautore Dario Snidaro Grant Lee Philips suona Happiness osservando, ironicamente che Happiness (felicità) è una canzone molto triste. Richiamato a gran voce e con ovazioni conclude l’esibizione con un ricco bis di tre canzoni. Una serata splendida, una primavera che si accende con le note di questo grande artista che ci regalerà ancora tante emozioni. L’amico Enzo Curelli, commentando il concerto di Grant Lee Philips tenutosi all’ARCI Bellezza di Milano il giorno precedente ha scritto: Ieri sera, in una atmosfera intima, folkie, ci ha fatto chiudere gli occhi, cantare e anche sorridere, tanto. Ed è bastato veramente poco: un piccolo palco, una chitarra, una manciata di canzoni e naturalmente il suo cristallino talento a tenere tutto insieme che a ben pensare non è poi così “poco”. Quindi, dopo questa citazione non mi resta che lanciare un messaggio a Grant Lee Philips: ti aspettiamo, torna presto, abbiamo bisogno di sognare ad occhi aperti con le tue canzoni!