Per me è molto semplice scrivere qualche osservazione sul concerto che gli Eels hanno tenuto all’Estragon di Bologna lo scorso 17 aprile. Non serve andare alla ricerca di parallelismi e nemmeno addentrarsi in complesse analisi socio-rock-politiche. Ci troviamo di fronte a uno dei più geniali ed eclettici rappresentanti mondiali della musica di qualità (no rock, no progressive, no funky, no hip hop, solo buona musica). E‘ quasi imbarazzante commentare lo svolgimento della performance del gruppo che sta promuovendo l’ultimo album, Extreme Witchcraft. Tutto troppo bello, le emozioni corrono veloci, non si stancano mai. Mark Oliver Everett aka E prima di partire per il tour europeo ha dichiarato: Abbiamo un sacco di energia repressa per tutto il tempo trascorso rinchiusi e incapaci di fare rock. Stavolta sarà davvero speciale. Ci divertiamo sempre moltissimo a suonare dal vivo, ma sarà pazzesco. Il pubblico vorrà filmare tutto, perché potremmo esplodere. E la voglia di divertire, di divertirsi, di emozionare, si è vista tutta dalla prima all’ultima nota. In apertura si è esibita Billie Marten, cantautrice britannica. Brava, forse un po‘ timida e ripetitiva, ma con brani ben strutturati. Poi entrano i fantastici quattro. Formazione rock classico, basso, batteria, due chitarre: quella di Chet è – a dir poco – straordinaria. La sua versalità dovrebbe essere studiata da ogni chitarrista che desidera interprendere una qualsiasi forma di carriera. Chet alterna diversi stili utilizzando al meglio una serie di effetti più o meno vintage, creando un sound eccellente e sempre adattato alla poesia di Mr E. Affascinante il continuo cambio di chitarre di Mr. E, che usa diverse accordature con sonorità sempre piene di fascino e mistero. La sua ricerca lo ha portato a creare uno stile unico, inconfondibile. Al primo accordo viene da dire: è una canzone degli Eels. Non è vero che non si può più inventare nulla, che tutto è già stato scritto.
La scaletta è ricchissima, il concerto dura due ore, ma sono due ore dense di contenuti che passano velocissime. Ricordiamo, tra le tante perle, le elettriche Amateur hour, Good night on earth, Steam engine, Better live through desperation tratte dall’ultimo lavoro Extreme witchcraft, The gentle souls da Earth to Dora e una serie di classici intramontabili come Novocaine for the soul, It’s a motherfucker, Last stop: this town (fantastica), I like the way this is going. Peccato non aver potuto sentire (tra le altre) Blinking lights, Grace Kelly blues, Mistakes of my youth, Fashion awards. Non si può pretendere l’impossibile! Ottima la location del concerto. L’Estragon è un locale che permette un ascolto a misura d’uomo. L’acustica del palazzetto è ottima e i tecnici del suono degli Eels hanno dimostrato una preparazione perfetta: si sentiva bene ovunque, non è un fatto scontato. Non è nemmeno scontato poter parlare bene di un concerto senza trovare nei e difetti. Sono complimenti meritati. Quindi, se queste osservazioni sembrassero a qualcuno banali, lo invito a approfondite la conoscenza di Mark Oliver Everett e degli Eels: è tempo guadagnato, tempo che arricchisce.