Un cantastorie, un affabulatore,  un saltimbanco, un musico, un cantante, un attore, un artista… ecco forse questo è l’aggettivo più appropriato per descrivere la figura professionale di Paolo Rossi da Monfalcone ma con l’accento milanese. Figlio oltre che d’adozione della terra lombarda, anche della frequentazione del suo maestro Enzo Jannacci al quale lo stesso Rossi si richiama durante lo spettacolo, dedicandogli alcuni versi, aneddoti, canzoni Sul palco un continuo susseguirsi di frammenti di vita, di episodi, malinconie, situazioni tragicomiche, racconti, emozioni. Si passa dalla promozione del gruppo come dice Rossi “fare teatro è fare promozione per ogni tipo di manifestazione, dal matrimonio alla festa di paese, fino al funerale!“. Alla parodia dei fiori presi a calci come successo a Sanremo, a pezzi cantati con l’accompagnamento della band di Emanuele Dell’Aquila, Alex Orciari, Stefano Bembi, al secolo I Virtuosi del Carso, a lettura di poesia, a satira politica, a raccontì esilaranti come l’esperienza al Maurizio Costanzo show con Berlusconi e il vuoto di memoria del grande Felice Andreasi, alla prima a Venezia quando se ne esce con la storica battuta di Jannacci per stemperare la tensione “meglio un vuoto di memoria qui che in sala operatoria“.
Rossi tiene il palco con mestiere, astuzia, intelligenza. Sembra saltare di palo in frasca ma tutt’altro. Presenta un delirio organizzato, un teatro di rianimazione. È, come dice lo stesso, un genere di conforto, sano intrattenimento indispensabile come la benzina per il motore, sempre con il coraggio di chi sa improvvisare e reinventare repertorio e racconti di vita. ERT sempre avanti nelle proposte del cartellone per questa stagione. Anche questa sera un vero regalo!

© Maurizio Cum per instArt