Alfred Fox Uhry, autore della Trilogia di Atlanta, ha riscosso un successo mondiale grazie alla narrazione di A Spasso con Daisy. Nel 1988 ha ricevuto il Premio Pulitzer per la drammaturgia e ha scritto la sceneggiatura dell’omonimo adattamento cinematografico. Tutti ricordiamo lo splendido film interpretato da Morgan Freeman, Dan Aykroyd e Jessica Tandy diretto da Bruce Beresford che si è aggiudicato ben quattro Premi Oscar. La narrazione di Uhry ha catturato il cuore del pubblico per la varietà delle tematiche trattate in modo delicato e profondo: il razzismo e i suoi preconcetti, la difficile convivenza, il complesso rapporto tra madre e figlio, la solitudine, la vecchiaia e, più in generale, la difficoltà di vivere.

Ambientata nell’arco temporale che parte dalla fine degli anni quaranta e arriva fino agli anni settanta del secolo scorso, la storia è incentrata sulle vicende dell’anziana maestra Daisy. Di buona condizione sociale, fiera e indipendente, Daisy è contraria alla decisione presa dal figlio di assumere un autista, considerandola una forte limitazione della sua libertà. L’America del secondo Dopoguerra è caratterizzata da forti tensioni di tipo razziale e la trama dell’opera evidenzia tutte le storture dettate dai pregiudizi e le contraddizioni delle classi più agiate. La protagonista vuole apparire povera per un senso di colpa latente ma ben radicato nel suo animo e non vuole farsi vedere in giro accompagnata da uno chauffeur, sentendosi a disagio. Hoke, l’autista di colore assunto dal figlio, seppur analfabeta, si dimostrerà paziente e sopporterà tutti i comportamenti inadeguati della vecchia signora, tenendosi sempre dignitosamente in disparte. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, i due invecchieranno assieme e si svilupperà un rapporto basato sulla reciproca fiducia, su continui scontri dialettici che sfocierà, infine, in un affetto vero, profondo.

Lo spettacolo è stato inserito da Artisti Associati nel programma del Nuovo Teatro Comunale di Gradisca d’Isonzo e qui è andato in scena mercoledì scorso, con la regia di Guglielmo Ferro e l’adattamento di Mario Scaletta. I protagonisti principali sono attori di prim’ordine: Milena Vukotic, Salvatore Marino e Maximilian Nisi. Graziella Pera ha curato i costumi, Massimiliano Pace le musiche e Fabiana Di Marco la scenografia. Introduce la serata il Direttore artistico di Artisti Associati, Walter Mramor. “E’ emozionante inaugurare una stagione, soprattutto dopo quello che abbiamo passato in questi ultimi anni”. Il 2022 è un anno importante per Artisti Associati; a giugno il Ministero della Cultura ha annunciato di aver accolto l’istanza per il riconoscimento del sodalizio quale Centro di Produzione Teatrale. Tra gli spettacoli in programma viene ricordato Antenati, il nuovo recital di Marco Paolini e l’iniziativa di dedicare i pomeriggi domenicali ai più piccoli, alle famiglie, con diversi appuntamementi che partiranno già dal prossimo 13 novembre.

 Si spengono le luci e alcune note di pianoforte aprono lo spettacolo. La scenografia è formata da un ambiente che accompagnerà l’intera narrazione. Sullo sfondo tre vetrate che illustrerannno gli esterni delle scene. Compariranno il curatissimo giardino della protagonista, le nevicate, le automobili immerse nel traffico. La prima scena rappresenta un elemento che sarà presente per tutta la durata degli avvenimenti: un litigio tra Daisy e il figlio Boolie. Ammiriamo subito la splendida interpretazione di Maximilian Nisi che ispira molta empatia: è preso dai suoi impegni, ama la madre ma non sopporta le sue prese di posizione. Le sue reazioni risultano sempre molto goffe. Daisy ha 72 anni, e nonostante la sua inadeguatezza alla guida sottolinea: “Ho ancora dei diritti”!. Durante il primo colloquio con il futuro autista Hoke, Boolie dice che la madre è un po’ nervosetta e Hoke, che alle spalle ha già collezionato diverse esperienze negative, osserva: “Preferisco guidare per gli ebrei”. Il primo viaggio in auto, grazie ai pregiudizi di Daisy avviene dopo alcuni giorni nello stesso tempo in cui Dio creò il mondo. Daisy non si fida dell’autista, è molto sospettosa. “Detesto che si parli male di me a casa mia”. Lo sgrida per aver parcheggiato l’auto di fronte alla Sinagoga. Comunica al figlio con indignazione che l’autista si è permesso di “lavare la macchina senza il suo consenso”, lo accusa perfino di aver rubato una scatoletta di tonno. In cimitero Daisy prende coscienza del reale stato di Hoke; non sa leggere, è analfabeta. Reagisce con incredulità però lo aiuta, gli regalerà anche un suo vecchio libro a Natale, un testo per i suoi alunni che frequentavano la quinta elementare. Insegnerà all’autista a leggere. Tra parentesi: un autista eccezionale ma analfabeta, che bei tempi se pensiamo ai nostri giorni (la transizione digitale costringerebbe il nostro amico, tra le tante cose, a fornirsi di Spid). Il tempo scorre tra scene di forte comicità e altre di profonda commozione. La straordinaria Milena Vukotic, prima di una visita ad alcuni parenti dice perentoriamente: ”Detesto fare le cose in fretta” e Hoke osserva con calma olimpica che i preparativi stanno andando avanti da una settimana. Quando passano il confine della Georgia, l’autista dice: “La prima volta che ho lasciato la Georgia è stato 25 minuti fa. Ma l’Alabama non mi sembra un granchè”. I protagonisti invecchiano. Più passa il tempo più Daisy si scioglie fino a spingersi a dire a Hoke: “Come sei gentile”. Quando si manifestano i primi chiari sintomi di demenza senile della vecchia maestra Hoke reagisce con umanità e spontaneità: “Non ci sta più con la testa signora Daisy!”. Il finale è pura emozione. E’ bello sapere che tutto, alla fine, dipende da come si è stati in grado di coltivare i buoni sentimenti, l’amicizia, l’amore.

La Daisy di Milena Vukotic è dotata di un carattere spigoloso ma basato su solidi principi etici, che l’attrice ha saputo fare suo, con grande maestria. In una recente intervista l’attrice ha osservato che nella protagonista sono presenti due componenti essenziali: Credo che questi scatti di umore e a volte questa aggressività siano il modo che ha per difendere la sua maturità, la sua vecchiaia e la tenacia nel sostenere la sua indipendenza”.

Non trovo un aggettivo adeguato per descrivere Salvatore Marino nel ruolo di Hoke. Dalla prima all’ultima scena è stato strepitoso. Ha conquistato il pubblico per la tenerezza con cui è riuscito a toccare il cuore con alcuni gesti semplici ma carichi di significato. Chi non si è commosso nell’ultima scena deve farsi visitare urgentemente da uno psicologo, meglio ancora da uno psichiatra. 

Bravissimo infine Maximilian Nisi che interpreta Boolie, il figlio di Daisy. E’ un uomo preso dalla carriera, vittima delle angherie della moglie (che mai compare e viene continuamente evocata), vittima della madre capricciosa, vittima della politica e nello stesso tempo, buono e generoso. Imperturbabile e vulnerabile. E’ una maschera che solo i grandi scrittori sono in grado di decrivere e i grandi attori interpretare. I lunghi applausi del pubblico di Gradisca vanno ai bravissimi protagonisti, ma mi piace pensare che, più in astratto, vadano anche agli autori di questa bellissima storia che emoziona, commuove, diverte e fa riflettere.