Il trio è sicuramente una delle dimensioni preferite da Juri Dal Dan. Diverse le testimonianze discografiche e le esibizioni dal vivo. Con Romano Todesco, al contrabbasso, Alessandro Mansutti alla batteria ed ospite il suo mentore ed amico Francesco Bearzatti al sax, Immaginario Blues – nuovo splendido lavoro discografico -verrà presentato in anteprima assoluta proprio in apertura di San Vito Jazz 2018 (domenica 18 marzo, ore 21.00, all’Auditorium Centro Civico).

Possiamo già sottolineare che sicuramente si bisserà il successo ottenuto dal medesimo ensemble con Josef , che conteneva la sentita e bellissima suite dedicata all’amico Giuseppe Orselli, uscito nel 2015. Perché Juri è pianista oramai rodato e sicuro, colto e sensibile ed i musicisti che gli sono accanto fra i migliori del nostro Friuli.

Togliamoci subito dei dubbi: è un progetto dove il blues, come spiega bene lo stesso Juri nell’intervista che segue, è sviluppato più come filosofia musicale e di vita che semplicemente come genere. Forse è la particolarità che colpisce di più. C’è inoltre – e oggi come oggi non è da poco – una buona dose di genuinità e di stile personale capace di creare un sentito mondo sonoro che affascina e conquista. Tra lo splendido affiatamento di tutti e la consolidata magica presenza del sax di Francesco, siamo davanti ad uno di quei concerti – e dischi – che sicuramente non si devono perdere! Flavio Massarutto, direttore artistico di San Vito Jazz, non poteva farselo scappare.

Un nuovo disco, dedicato al Blues, per l’apertura di San Vito Jazz 2018: una produzione tutta friulana che ti vede nuovamente accanto a Romano Todesco e Alessandro Mansutti, con ospite Francesco Bearzatti. Ce ne vuoi parlare in anteprima? 

Rappresenta innanzitutto il sodalizio e la fiducia tra me e Stefano Amerio che siamo i produttori effettivi di questo lavoro. È un disco che cerca di fare luce sui personali istinti musicali, sulla potenza comunicativa del blues che mi è entrato nell’anima in giovane età grazie ai gruppi rock inglesi degli anni 70 carichi di questo linguaggio. Parla anche delle mie vicissitudini che reputo di natura blues.Dentro c’è il mio amore per la letteratura, ci sono i paesaggi che ho respirato quando ero bambino, le montagne di Gemona e le campagne di Chions che nel mio immaginario erano simili al delta del Mississippi. Chi cercherà all’interno di questo disco la forma classica del blues ne resterà deluso perché ho voluto esprimere ciò che per me significa: un’essenza prima che una forma. È fondamentale l’apporto dei miei compagni di viaggio Alessandro, Romano e Francesco senza i quali non sarei riuscito a dare la profondità che ho cercato di lasciare, una profondità (mi auguro risulti tale all’ascoltatore) dovuta oltre alla loro personale bravura,  anche al rapporto d’amicizia che ci lega.

Il Jazz ha avuto fin dall’inizio un grande impatto emotivo e culturale in tutto l’occidente ed oggi in tutto il mondo. Quanto questa spinta, questo urlo di libertà, agisce ancora nel mondo attuale?

Non credo si tratti più di una questione di libertà come lo è stato per i neri in America o per un certo tipo di jazz italiano negli anni settanta che ha assunto un ruolo di protesta sociale in un periodo storico teso e drammatico. Ho l’impressione che oggi il jazz denunci più che altro un bisogno estremo di identità. Forse la tecnologia ci ha messo tutti finalmente in contatto, e abbiamo scoperto che siamo tutti uguali nella ricerca dei bisogni e nei talenti. Forse sarà questo senso di unicità venuto meno che caratterizzerà il jazz di domani. La componente artistica di questa condizione ha un grosso potenziale comunicativo a mio avviso, al pari con la ricerca della libertà.

Ho l’impressione che oggi, in questa società di massa, il disco stia perdendo la sua funzione di testimonianza per diventare “biglietto da visita” … cosa ne pensi?

Nelle scuole americane di jazz c’è una sezione dedicata al marketing. Ti insegnano come venderti. Sinceramente non riesco ad esprimere un giudizio. Di fondo credo che ogni persona sia un universo e che le informazioni che ricevi devono essere filtrate dalla tua intelligenza e dalla tua esperienza. Se proponi il tuo disco come un biglietto da visita probabilmente la lezione di marketing ti è piaciuta più di quella di musica.

Fino al free jazz l’improvvisazione era fortemente caratterizzata dal blues (“sporco”) e dallo swing (“sexy”): influenze di natura generica o specifiche come la pulizia del suono e la precisione/previsione dello sviluppo aiutano od uccidono la creatività?

Nella musica classica oltre alla precisione e previsione c’è anche un concetto di obbligo: è il mondo dell’interpretazione, ricco di grandi artisti che lavorando sulle sfumature e sui respiri, hanno ancora tanto da dire. Alla fine più che precisione e previsione, credo che sia più importante far chiarezza su ciò che si vuole comunicare. Non riesco a ragionare per categorie o ad emozionarmi per categorie: ho ascoltato molta musica dal vivo e in tutti i generi proposti ci ho trovato vette assolute come progetti poco convincenti. Rimango del partito di Duke Ellington. “Esistono solo due tipi di musica: quella fatta bene e quella fatta male”.

Come ti sembra il panorama jazz della nostra regione?  Ed i festival? in regione ne abbiamo parecchi 

Il jazz in regione mi sembra oggi più che mai florido dal punto di vista delle proposte, parlando di festival e quantità di musicisti, oltre ad un sempre crescente numero di appassionati.  Ovviamente non è sempre stato così. In passato il jazz era paragonabile ad un moto carbonaro: prendeva forma e vita nei locali che, con spirito rivoluzionario  ospitavano questa musica, dove i giovani musicisti si facevano le ossa imparando da quelli più anziani. Sembra paradossale ma si suonava molto di più jazz nei locali negli anni ‘80-‘90 rispetto ad oggi. Sì è vero ci sono conservatori, festival, associazioni che hanno portato il panorama jazz in Friuli ad essere uno dei più ricchi d’Italia e questo va riconosciuto, ed è un merito di chi ci ha messo tanta passione sia dal punto di vista organizzativo che dal punto di vista musicale. Il jazz ha anche bisogno di essere suonato e di farsi le ossa in mezzo alle persone. Questo è un prerequisito fondamentale di questa musica, altrimenti il rischio è di trovarsi un giorno un sacco di palchi con vuoti da riempire.

Ci racconti un po’ del tuo passato?

Ho cominciato a suonare da bambino a 8 anni. A 14 anni circa già suonavo con un gruppo rock in giro per il Friuli,  il jazz a quell’epoca lo stavo scoprendo. Il rock era percepito come una musica per tossici, figuriamoci il jazz: non era percepito. Poi da lì a qualche anno ho scoperto un mondo segreto fatto di jazz clubs: Stato di Naon, Sottosopra, Antro del jazz, Bar Moderno e altri storici che non cito per mancanza di spazio, tutte realtà friulane che mi hanno permesso di muovere i primi passi e farmi le ossa. Ho fatto tantissima gavetta. Ho suonato un sacco di generi musicali. Poi ho cominciato a creare le mie prime realtà musicali che sono in ordine: Racli, Juri Dal Dan Trio, Pordenone Big Band, Juri Dal Dan and Clara Rivieri octet, senza contare tutta l’esperienza nell’ambito del cinema muto sia con Federico Missio, con il quale ho vinto nel 2009 un concorso europeo, che recentemente con la Zerorchestra. Importantissima l’esperienza con Francesco Bearzatti che è stato da sempre per me un mentore oltre che un amico.

La classica domanda finale: progetti futuri?

Per ora cerco con tutte le mie forze di comunicare il blues che sta attraversando la mia vita. In questo momento non ho nessuna idea musicale precisa per il futuro, sto buttando giù idee compositive, ma niente di definito ancora. In programma ho un disco con la Pordenone Big Band da registrare ad aprile. Mi piacerebbe dedicare poi un disco agli standards che tanto ho amato ed amo tuttora, lavorare con il cinema muto. La mia regola personale creativa è che se non c’hai nulla da dire è meglio andare ad ascoltare chi invece ce l’ha.

Firmata ERT FVG e Comune, la dodicesima edizione di San Vito Jazz è organizzata con la collaborazione di Fondazione Luigi Bon e Rai Radio3, il sostegno di ATAP. Per ulteriori informazioni contattare l’Ufficio IAT allo 0434.80251 o all’indirizzo iat.sanvitoaltagliamento@gmail.com, oppure l’Ufficio beni e attività culturali del Comune allo 0434.833295.

Immaginario Blues è un disco che, grazie alla certezza Artesuono e Stefano Amerio, ha pure dei suoni eccezionali. Crediamo che anche il concerto  non sarà sicuramenteda meno: non mancate!

Luca A. d’Agostino © instArt