Anche quest’anno tutti i martedì di giugno in Borgo stazione a Udine sono stati allietati dai concerti della rassegna “Biblioteca in Jazz” voluta da Time for Africa onlus e dalla sua Biblioteca dell’Africa di via Battistig.

Il contrabbassista Simone Serafini ha radunato attorno a se molti dei migliori giovani musicisti della regione e oltre per dar vita ad una serie di jam sessions aperte al pubblico che questa volta sono state ospitate, nei locali dello Spazio 35 fucina creativa e di comunicazione di giovani udinesi di via Percoto.

Gli incontri sono stati preceduti da “storie di Jazz” che hanno contestualizzato l’iniziativa calandola nelle contemporanee traversie socio-politiche che la musica può aiutarci a comprendere sulla scia degli esempi del passato.

La musica di derivazione afro-americana nasce dal dolore della schiavitù fisica e psicologica di tanti che, sradicati dalla propria terra e affetti, hanno trovato un modo per esprimersi attraverso la musica rivendicando i propri diritti di esseri umani. E’ stato un lunghissimo processo che ha fatto si che quelle istanze precipue del nuovo continente siano diventate universali e oggi più che mai urgenti e necessarie. Le catene che ci aggiogano, nella maggior parte dei casi, sono di diversa natura ma tutt’altro che spezzate e vanno da quelle invisibili della nostra economia di rapina turbo capitalistica a quelle in piena luce della dissennata politica di accoglienza e integrazione, in realtà, d’espulsione dei nostri fratelli migranti.

Gli incontri di Biblioteca in jazz 2022 sono stati anche scanzonati, divertenti e lieti tra un brano scatenato e un aperitivo del vicino Tommy Bar, ma non hanno mai, in nessun caso, dimenticato le proprie motivazioni profondamente etiche. Trovarsi in Borgo Stazione per promuovere le culture della città è già una sfida visto il discredito a cui chi dovrebbe occuparsene lo condanna, invece di promuovere iniziative di socializzazione e di valorizzazione delle tante competenze che vi si trovano.

Per fare un esempio concreto di come in città si affronti la situazione in modo discriminatorio ed esclusivamente punitivo si riportano alcune dichiarazioni dell’assessore competente dal Messaggero Veneto del 15/07/2022:

Attualmente – ha ricordato l’assessore Alessandro Ciani- in Borgo Stazione sono in vigore due ordinanze firmate dal sindaco Fontanini: la prima disciplina l’orario di somministrazione di alimenti e bevande negli esercizi pubblici, negli esercizi di vicinato alimentari e nei laboratori alimentari; la seconda vieta la vendita di bevande alcoliche refrigerate da parte degli esercizi commerciali nel quartiere. Le sanzioni per chi non rispetta i divieti vanno da 100 a 600 euro nel primo caso (negozi e locali devono cessare la vendita alle 23 tra domenica e giovedì, alle 24 il venerdì e il sabato) e da 200 a 1200 nel caso in cui i minimarket restino aperti oltre l’orario consentito delle 21.

È per garantire il rispetto di tali disposizioni che si è reso necessario l’introduzione di una nuova pattuglia a piedi della polizia locale tra le 18 e mezzanotte che per le casse comunali avrà un costo di 19 mila euro che va ad integrare l’attività del personale già in servizio nel presidio fisso di polizia in via Leopardi assieme a quella degli agenti impegnati a presidiare il territorio dalle 8 alle 20 e dei vigilantes privati” Senza dimenticare tutte le telecamere installate in zona e le nuove spese per l’acquisto massiccio di storditori elettrici e armi tradizionali per i vigili urbani.

Naturalmente, tanta solerzia e attenzione vale solamente per il quartiere multietnico, a poche centinaia di metri, nelle vie bene del centro, gli esercizi che servono tajuts, birrette, cocktails e manicaretti vari a ruota libera, non hanno formalmente limiti orari così stringenti.

Lo stesso giornale, nella medesima pagina riporta la notizia delle lamentele per l’eccessivo rigore di un vigile urbano nei confronti di alcuni bar del centro e lo stesso comune con l’ufficio turistico regionale promuove il tipico giro delle osterie del centro con libagioni e degustazioni per udinesi e turisti notoriamente “astemi”.

La sicurezza e il decoro cittadino sono di certo valori condivisibili ma prima di tutto devono valere per tutti e poi quando si trasformano in pretesto per discriminare e denigrare alcune persone rispetto ad altre si trasformano in semplici veicoli di pregiudizio e in violenti strumenti di esclusione.

Qualcuno è dell’idea che per risolvere le più diverse problematiche sociali servano i militari in armi e la semplice repressione, altri preferiscono le armi della musica e della convivialità. Chissà chi fa meno danni?

In direzione ostinata e contraria” si muovono le iniziative di Time for Africa, tra queste gli appuntamenti di “Biblioteca in Jazz” di cui adesso diremo:

Martedì 07/06

La prima “storiella di jazz” ha portato l’attenzione dei tanti intervenuti accomodatisi sulle sedie disposte sull’ampio marciapiede prospiciente lo Spazio 35, su un fenomeno culturale e politico dell’arte e della cultura afroamericana ritornato di grandissima attualità. Per “Afrofuturismo” si intende: “La finzione speculativa che tratta temi afroamericani e si occupa delle preoccupazioni afroamericane nel contesto della tecnocultura del ventesimo secolo e, più generalmente, la significazione afroamericana che si appropria delle immagini della tecnologia e di un futuro propriamente potenziato”

In sostanza, un movimento culturale ad ampio spettro che si è generato a partire dall’ambito letterario fantascientifico che investe nel suo complesso una parte della cultura dei neri americani che comprende letteratura, musica, arti figurative, sociologia, moda, design, filosofia e molto altro. Per quanto riguarda il jazz è possibile trovare una precisa linea di sviluppo artistico dalle visionarie intuizioni di Sun Ra e della sua Arkestra, passando per la blackexploitation dei Parliament- Funkadelic per arrivare agli odierni, apocalittici futuri di “The Comet is coming” di Shabaka Hutchings.

Tutte le informazioni del caso si possono trovare in: Giorgio Rimondi, L’invasione degli afronauti, afrofuturismo dalla musica jazz alla fantascienza nera, Shake ed. Milano 2021.

Umberto Marin, centro nevralgico e gravitazionale di Time for Africa, ha stappato una bottiglia di spumante di quello buono, dando il via così nel più tradizionale dei modi alla nuova avventura di “Biblioteca in Jazz”, la rassegna informale di jazz e qualche interessante chiacchiera.

Anche questa, è una forma di resistenza urbana, per un quartiere, quello di Borgo stazione, sempre denigrato per partito preso, come dicevamo, i cui problemi vengono ingigantiti dalla solita stampa codina che, in realtà, nessuno sta più nemmeno a sentire e tanto meno leggere.

La società udinese nel suo complesso è sempre più avanti rispetto ai propri amministratori, come diceva il dolce padre Dante: Pongono “le piante sovra lor vanità che par persona”(Inf. VI) com’è sempre stato storicamente e com’è giusto che sia, lo dimostra la vitalità culturale e commerciale fuori dagli schemi che proprio nel “malfamato” quartiere continua a germinare grazie a tanti giovani ingegni creativi e senza pregiudizi.

Il sublime incanto del jazz da marciapiede è l’informale possibilità di stare insieme, ritrovarsi, sorridersi in spirito di fratellanza e solidarietà come indicano gli autentici valori della nostra carta costituzionale traduzione dello spirito di libertà di ogni essere umano.

Nevio Zaninotto Sassofono tenore
Dario Carnovale: pianoforte

Primo ad esibirsi nella rassegna il duo con Carnovale nervoso ed energico com’è nel suo carattere di pianista tra ragtime e swing, Zaninotto meno irruento fa da contraltare alle scariche adrenaliniche del pianista infondendo alla musica un fare più sospiroso e pacato. I due rappresentano modi approcciarsi alla musica completamente diversi che però sono in grado di equilibrarsi e compenetrarsi in quella strana alchimia che è sempre l’improvvisazione che, in fondo, non è altro se non cercare un compromesso tra due o più punti di forza e di energia creando inusitati collegamenti.

Durante l’esecuzione con il pubblico accomodato sul marciapiede mentre i musicisti sognavano con le dita sulle loro tastiere, si è vita passare davvero anche Mama Africa incarnata in una prosperosa, splendida signora di colore in abiti tradizionali di ritorno dalla spesa al vicino alimentari etnico, avrà di sicuro pensato “Ma guarda questi selvaggi seduti in mezzo al marciapiede ad ascoltare questa musica degenerata e poi dicono di noi”

Martedì 14/06

Il secondo appuntamento è stato dedicato alle riflessioni di una delle più importanti intellettuali afro americane viventi, Angela Davis. Un contributo sostanziale alle vaste tematiche culturali dell’Afrofuturismo lo sta fornendo il cosiddetto “femminismo nero” una radicale riconsiderazione sullo stato della nostra società a partire dalle difficoltà della condizione femminile ancora più gravi se si considerano le discriminazioni a sfondo razziale.

Nella nostra società patriarcale, maschilista e fallocratica essere donna, non bianca e non caucasica è doppiamente un problema perché le discriminazioni si sommano e si moltiplicano. In un suo celebre testo la Davis analizza la vita e le opere di tre grandissime cantanti della storia del jazz e il loro contributo alla battaglia per i diritti civili e per l’emancipazione femminile soprattutto delle donna di colore, tra tutti gli esseri umani il più oltraggiato e vilipeso.

Provocatoriamente ma con senso di causa la Davis è sempre stata impegnata nella riflessione anche sul sistema carcerario che, in realtà, non ha alcuna funzione riabilitativa ma solo punitiva e concentrazionaria, vera fucina di nuove schiavitù e politiche dell’emarginazione, anche di genere, basta guardare al funzionamento dei nostri C.P.R.

Più volte durante gli incontri di Biblioteca in Jazz, argomentando sulla tragica attualità della guerra in Ucraina e sul vergognoso invio di “armi per la pace” si è ironicamente citato una sorta di slogan che sembra banale e semplicistico come ogni proposta sensata: “Più musica e tajus e meno armi” Non è la soluzione definitiva ai mali del mondo ma sarebbe già un passo avanti verso la felicità collettiva e la convivenza pacifica.

Il libro consigliato è stato: Angela Davis, Blues e femminismo nero, Alegre, Roma 2022.

Mauro Costantini: pianoforte
Simone Serafini: Contrabbasso

Costantini è lirico e sentimentale nel suo approccio allo strumento e alla vita. Serafini come sempre sa avvolgere il suo uditorio di vibrazioni vellutate anche quando in sottofondo passa sferragliando un autobus.

I due, insieme, hanno il dono di far sognare ad occhi aperti. Suonano all’impronta, dopo essersi brevemente confrontati, un avvolgente brano di Charlie Haden ,“Our Spanish Love song” amatissimo da Serafini.

Segue un energico blues di Larry Young grande organista Hammond; lineare e semplice come le cose migliori, incalzante, martellante allegro. Le strade del blues grazie a loro passano anche dal marciapiede di Time for Africa e dello Spazio 35. Freschi e genuini, i due inventano prospettive ad ogni accordo e non importa se la situazione non è acusticamente delle migliori; i rumori ambientali anche molesti finiscono per arricchire il sound complessivo rendendolo autenticamente urbano.

Costantini dice di aver ascoltato un po’ di cose negli ultimi giorni per prepararsi e le propone a modi improvvisazione. E’ il solito “miracolo” di talento e di bravura, tra lui e Serafini vi è un antico sodalizio d’amicizia e di condivisione di prospettive non solo musicali, le affinità elettive in musica contano parecchio e si sente.

Un brano è dedicato ad Ottavia, la moglie del contrabbassista e a Miranda il loro fiore appena sbocciato, un’incantevole neonata che è l’orgoglio di papà e il capolavoro di mamma.

Costantini ha innestato alcune sue idee germinali su di un bellissimo canto tradizionale Masai, ricavandone una nenia davvero splendida ed elementare che fa immaginare subito una mamma che culla la propria piccolina con teneri sussurri e chi se ne importa del traffico, dei vigilantes in divisa e scarponi neri e dei bus che passano con le pubblicità del pollo fritto; su tutto vince la commovente melodia in un sogno che si vorrebbe non finisse mai.

E’ stato divertente e strano anche il lavoro dei due su un brano liturgico della tradizione quaresimale italiana “Ti saluto o croce santa” trasformato in un gospel nostrano con venature jazz. Gli standard della musica afroamericana, in fondo, sarebbero potuti nascere ovunque anche in una delle tante meravigliose pievi friulane. Lo confermano suonando ancora una loro particolare versione del canto sacro: “Vergine us saludi”.

L’anima del gospel, la musica delle assemblee evangeliche, il canto devozionale, gli spiritual equivalgono alle tradizionali litanie cattoliche delle nostre nonne.

Costantini, oltre ad essere straordinario musicista, è molto spiritoso e autoironico riguardo alla propria condizione di ipovedente, infondo, come dice Saramago, tutti noi siamo “ciechi che vedono, ciechi che pur vedendo, non vedono davvero” almeno lui è sincero e sa sentire il mondo con la propria arte e il proprio cuore. Chi può dire altrettanto in piena onestà?

Il pianista dice che con Serafini c’è un’intesa eccezionale da questo punto di vista, lui scrive e l’altro legge oppure, come per i carabinieri, uno tiene il volante e l’altro guida ma, in questo caso, molto meglio che Serafini tenga ben saldo anche il volante.

L’esibizione si è chiusa con Costantini che sprizzava una gioia musicalmente incontenibile e con Serafini che ritmava battendo sulle corde perfettamente a suo agio in quella situazione gioiosamente anarchica del suonare musica, sostanzialmente, in mezzo ad un marciapiede con il traffico aperto, per farsi poi quattro chiacchiere tra amici sorseggiando uno spritz; più spirito di fratellanza di così.

(continua)

Flaviano Bosco – instArt 2022 ©