Serata di comicità pura al Teatro Giovanni da Udine. Sul palcoscenico sale una delle figure comiche più amate degli ultimi anni. Giuseppe Giacobazzi (nome d’arte di… niente spoiler così resta una sorpresa) con la sua voce registrata fuori campo, fornisce le indicazioni di rito prima di iniziare lo spettacolo vero e proprio. Così, mentre gli spari sopra di Vasco Rossi fa da colonna sonora, entra sul palco uno degli artisti più amati di questi ultimi anni, esploso a Zelig con il suo personaggio dallo spiccato accento romagnolo. Una battuta immediata in apertura e abbia inizio il festival della risata. Proprio quello che serve a dimenticare questo periodo, come il comico sottolinea, fatto di cambi radicali di vita, e la sua diventa bersaglio di numerose battute alla sua maniera che tolgono il fiato a forza di ridere. Un viaggio autobiografico dal sapore della sua terra, fin dall’età della tempesta ormonale per arrivare ai giorni nostri. Non lesina aneddoti sul covid, sull’amicizia, sulla vita coniugale, sul successo, sulla inebriante ma anche controproducente maschera comica che lo ha soggiogato e rapito da una vita normale. Lo spettacolo ha un ritmo pazzesco, ben calibrato, dove il susseguirsi di racconti della sua terra e delle avventure lavorative si susseguono con un ordine temporale ramdomizzato, colorato da quella sua comicità semplice che arriva inesorabilmente a strappare la risata. E allora ascoltiamo a bocca aperta le avventure Covidiane, i ricordi degli inizi radiofonici, quelli di una carriera sfavillante con infinite serate ovunque sul nostro amato stivale, ma anche le crisi di identità causate dall’indossare quella maschera tutti i giorni. Il filo conduttore di tutto il suo spettacolo sono proprio le famose maschere pirandelliane. Quelle che senza ombra di dubbio indossiamo tutti per affrontare ogni occasione nella nostra vita. Comicità e dramma si fondono in due ore abbondanti di monologo, che volano. Uno dietro l’altro i racconti personali conditi da inflessione dialettale tipicamente romagnola, ci portano nella cultura di una terra che ha sempre avuto un ruolo da protagonista nel mondo dell’arte nazionale da palcoscenico, forse per le sue campagne ricche di tradizione contadina che ama raccontare la vita di ogni giorno colorandola proprio con quell’accento che suscita simpatia, o forse no, però rido sguaiatamente alla tempesta di battute che mi sta travolgendo da quel palco. Racconti sulle avventure giovanili in famiglia, con gli amici di sempre, con quelli improvvisi e sconosciuti derivanti dal successo, con la vita coniugale, con la perdita di connessione con se stesso. C’è un’uomo con pregi e difetti che vuole raccontare semplicemente la sua storia in modo comico. C’è anche spazio per la profondità, altra caratteristica comune nei comici, capaci di passare dalla leggerezza alla drammaticità intensa. La sua crisi che riporta tutto a velocità normale dopo essere andato a mille. La sua forza di rallentare, di trovare quell’equilibrio che riporta tutto ad essere persone baciate dal talento ma capaci di non farlo diventare l’assoluto protagonista della propria vita. Riportare in primo piano le persone che abbiamo trovato ad accompagnarci nel nostro cammino in questa vita diventa il timone per tutto. Lo spettacolo di Giuseppe Giacobazzi è una sorpresa, leggera e profonda, che un po’ gioca e un po’ riflette sul viaggio più bello che ci è capitato tra le mani: la Vita. Vista la sua bellezza, diventa facile consigliare a chiunque di andare a vedere questo spettacolo. Io, come sempre, ringrazio chi mi ha dato la possibilità di raccontarlo partendo da Azalea per arrivare al Teatro Giovanni da Udine. Un grazie sentito anche a tutti gli operatori che si attivano per farci stare seduti tranquilli a goderci lo spettacolo e che si adoperano per offrire sempre il meglio del panorama culturale in ogni sua forma, nella nostra amata regione.
© Massimo Cum per instArt