“The Batman” è un film del 2022 diretto da Matt Reeves con Robert Pattinson, Zoë Kravitz, Paul Dano, Jeffrey Wright, John Turturro, Andy Serkis e Colin Farrell.
È la notte di Halloween e un omicidio scuote la città di Gotham, toccherà al vendicatore mascherato far luce sull’accaduto.
Si mettano subito le cose in chiaro: senza il lavoro di Cristopher Nolan probabilmente questo film non esisterebbe in quanto a livello formale si pone in perfetta continuità con il precedente nolaniano, d’altronde non si crede di essere in torto affermando che Batman sia il fumetto che più di tutti ha saputo incarnare, e di conseguenza rappresentare, lo spirito americano e il suo tempo; del resto non è un caso che Bruce si chiami Wayne come quella che è forse la più grande icona del cinema americano di tutti i tempi. L’icona, appunto… se la trilogia di Nolan si interrogava sulla maschera, oltre che sulle potenzialità del dispositivo cinematografico, nel portare una storia su Batman, qui ci si interroga sull’icona di Batman lasciando che siano le potenzialità dei vari personaggi a essere sviluppate. Inoltre, se l’incarnazione di Bale raffigurava un ideale americano che si può riassumere nel motto di Obama: “Yes we can”, questo Bruce Wayne è totalmente disilluso e non crede più nel sogno americano, confermandosi in questo perfettamente post-Trumpista. Non solo ma la decadenza di questa Gotham City fa sì che i personaggi assumano forme sempre più antropomorfe, in quanto rappresentano esattamente una giungla urbana, trovando così la perfetta sintesi tra la città dei mostri di Burton e la Metropoli capitalistico-militare di Nolan.

Inoltre, la scelta di Robert Pattinson non è causale in quanto è qui che avviene il passaggio semantico tra il vampiro con il corpo in piena pubertà – e per questo in perenne mutamento (Twilight) – e il vampiro sociale, unico detentore del capitale rigorosamente di etnia caucasica. E veniamo così a quella che è forse la più grande novità di questo film, ossia una problematizzazione di alcune tematiche del movimento Black Lives Matter, in particolare quello della rappresentanza e della rappresentatività, e i vari richiami al cinema di David Fincher sembrano andare proprio in questo senso, è un cinema dove i peccati dei padri ricadono sui figli e l’ideale del sogno americano viene demolito pezzo per pezzo lasciando spazio all’incertezza e all’oblio, non solo ma la lettura del diario di Bruce e le numerose soggettive sul suo sguardo danno un’idea volutamente parziale sia del film che del suo universo, tant’è vero che la Warner ha già programmato diversi spin-off all’interno di esso. Inoltre, una delle molteplici chiavi di lettura potrebbe essere stata generata da un trauma interno alla storia cinematografica di Batman. Ci si riferisce al massacro di Aurora avvenuto nel 2012 ad opera di John Holmes, mentre si stava proiettando il film “Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno”, se si confronta l’iconografia del film con le immagini dell’evento il parallelismo è presto servito, visto che anche quello stesso cinema si rifiutò categoricamente di proiettare “Joker” precedente grande successo della DC.
Due parole sulla strategia produttiva adottata per Batman e sul fallimento della gestione Snyder- Affleck del personaggio: Nolan parlava degli dei, realizzando per l’appunto un monumento classico a Batman; quello di Revees, parlando di uomini, somiglia più ad un murales da street-art mentre Snyder sovverte le regole, lo inserisce in una narrazione sul post-11 settembre, sconfinando in pieno territorio MCU e causando cosi un cortocircuito percettivo al pubblico che di conseguenza porta inevitabilmente al fallimento del progetto. In definitiva, dato che il progetto non è finito, si certifica l’impossibilità di trovare una chiave analitica definitiva, con Bruce Wayne che viene sbattuto da una parte all’altra come se fosse la pallina di un flipper, ed essendo un personaggio che vive di traumi non si crede che possa esistere definizione migliore.
Una parola sulla funzione storiografica del film; è come se si fosse in una galleria da videoarte con delle installazioni che documentano il fallimento del sogno americano, ed è in questi casi che si vorrebbe essere come il Joker di Jack Nicholson ed entrare a passo di danza in questa galleria, per far sì che quelle opere d’arte diventino altro. Questo fatto lo rende più vicino ad una sorta di Batman definitivo ma senz’altro non il più bello.

Nicola Bertone – instArt 2022©