La sgangherata avventura dei Sex Pistols prima delle varie reunions, si concluse al Winterland di San Francisco il 14/01/1978 con la peggiore esibizione della loro carriera. Il loro ultimo sguaiato brano fu No Fun, una cover di The Stooges; tutto finiva proprio lì dov’era cominciato; un cerchio si chiudeva mentre se ne aprivano molti altri. Non abbiamo ancora finito di fare i conti con quella stagione e forse è proprio per questo che continuiamo ad essere costretti a sanguinare”.

No fun to hang around, Freaked out, For another day. No Fun my Babe, No Fun!

Il nostro mondo è senza speranza né futuro esattamente come quello descritto dai Punk tanti anni fa e non c’è proprio niente da divertirsi. Cosa ci resta visto che la realtà è del tutto fucked up? Ci resta l’immaginazione e l’utopia, la volontà di continuare a combattere anche se siamo sconfitti in partenza, anche se abbiamo già perso e continueremo a farlo. Il sistema non si può battere, ma si può rifiutare, ci si può ancora sputare contro da veri punk rockers. Come nel Riccardo III di Shakeaspere: Il perfido monarca dice alle sua bella: “Perché mi sputi in faccia?” e Anna gli risponde: “Vorrei che fosse veleno mortale per te”.

Per comprendere davvero l’eredità lasciataci da quei giorni memorabili dobbiamo distogliere lo sguardo dal clangore suscitato dai Sex Pistols che hanno fatto esplodere la bomba dell’anarchia non solo in Gran Bretagna. Mentre loro si stavano praticamente già spegnendo nasceva un fenomeno dirompente che forse si è un po’ affievolito negli anni ma che non ha ancora smesso di ardere sotto la cenere.

Nel 1978 nacque il movimento Rock Against Racism in seguito ad alcune infami dichiarazioni di Eric Clapton razziste e xenofobe rivolte contro la marea nera dell’immigrazione che minacciava, secondo lui e secondo il partito fascista che voleva sostenere, di trasformar la nazione in un bagno di sangue, allo stesso modo delle sparate filo naziste di Bowie. A parziale discolpa di entrambi ci sono i micidiali “side effects” di tutta la cocaina che “tiravano” in quel periodo che, evidentemente, gli aveva bruciato più di un neurone.

D’altronde anche certo punk ha flirtato fin troppo con i simboli nazisti. L’utilizzo troppo disinvolto delle svastiche a partire dalle famose camice di Vivien Westwood: “Only anarchist are pretty” fino a quella ostentata sulla maglietta rossa di Sid Vicious è davvero indifendibile: alcune di quelle camice decorate a righe bianche e azzurre avevano l’aria di casacche da campo di sterminio. L’intenzione era senz’altro quello di “Destroy the Passerby” o meglio Épater la Bourgeoisie” ma la semplice, giustificata provocazione, passò decisamente il segno, diventando controproducente dopo il primo momentaneo sconcerto generale.

Il Rock Against Racism aggregò centinaia di band dal Reggae al Punk in centinaia di concerti auto-organizzati in tutto il Regno Unito all’insegna dell’antifascismo e dell’impegno sociale e politico anti-razzista più radicale. Per quanto riguarda il Punk si aprì decisamente un nuovo fronte che sostituì l’iniziale menefreghismo nichilista dell’I don’t Care della prima ondata con una nuova coscienza sociale che voleva costruire una società più libera e autenticamente anarchica dopo aver abbattuto l’infame sistema borghese e capitalistico.

Cominciò allora il tempo dei Crass, la band più radicale e politica di tutto il movimento, seguita poi da centinaia di altre sostenute dagli alti ideali del pacifismo, dell’antirazzismo, dell’animalismo, del vegetarianesimo e dell’antifascismo. L’autarchia del Do it yourself che guidava i punk della prima ora diventava allora un vero e proprio stile di vita e utopia politica, definita sommariamente AnarcoPunk o anche Peace Punk. “Fattelo da solo” per loro voleva dire emanciparsi dal sistema di alienazione del capitale, riappropriandosi dei mezzi di produzione materiale e artistica in piena autogestione.

I Crass fondati da Penny Rimbaud, si posero come alternativa agli storici pionieri del genere come Sex Pistols e Clash accusati, non senza qualche ragione, di essere al servizio delle major e in sostanza delle forze capitalistiche. Un loro brano riassume bene il senso della loro lotta che ancora oggi risuona beffarda, come feroce autocritica, fino quasi ad essere un manifesto politico:

Sì il vero punk è morto. Era solo un prodotto a basso prezzo per la testa dei consumatori, gomme da masticare rock su radioline di plastica, agitazione scolastica promossa dagli industriali del divertimento, la CBS lancia sul mercato i Clash, ma non è la rivoluzione, è solo per i soldi, il punk è diventato una moda propria com’era successo agli hippy, e non ha niente più a che fare con te e con me, i movimenti sono sistemi e i sistemi uccidono, i movimenti sono espressione della volontà popolare, il punk è diventato un movimento perché ci siamo tutti sentiti perduti, ma i nostri capi hanno fatto il tutto esaurito ai concerti e noi ne paghiamo le conseguenze, il narcisismo punk era napalm sociale, Steve Jones aveva iniziato a fare danni seri predicando la rivoluzione, l’Anarchia e il cambiamento, mentre succhiava dal sistema che gli aveva imposto il nome, adesso mi sono stancato di stare a guardare da fuori queste vetrine sporche di merda, sono stanco di stare a guardare il culo di queste rockstar, ho anch’io un culo, un nome e sparo cazzate, aspetto i miei quindici minuti di gloria, Steve Jones, tu sei napalm: se sei così bravo perché gli lecchi il culo? Patti Smith, tu sei napalm: è la tua mano a scrivere ma il braccio è quello di Rimbaud, ed io sì, voglio bruciarmi anch’io. C’è qualcosa che posso imparare? Ho davvero bisogno di un padrone che promuova i miei interessi personali? Posso resistere alle tentazioni del successo e dei soldi? Vedo per la strada i ragazzi con i pantaloni con le cerniere lampo, la crema della società con le spille da balia all’orecchio, li guardo e capisco che tutto questo non significa nulla, gli scorpioni potranno anche attaccare ma il sistema gli ha rubato i pungiglioni. Punk is dead.

Non serve dire molto altro se non che l’anarco punk si distingue per essere stata la parte più utopistica e intransigente del movimento, quella che ne ha conservato lo spirito rivoluzionario più autentico e anche se allora alcune loro posizioni potevano sembrare velleitarie, in realtà, sul lungo periodo le loro idee hanno finito per dimostrarsi vincenti.

Alla fine degli anni ‘70 e nel famigerato decennio degli ‘80 chi parlava di pacifismo, ecologia, problemi ambientali, redistribuzione della ricchezza, integrazione, antifascismo era visto come un mentecatto ed emarginato non solo dalla politica ma dalla società stessa. Oggi non c’è partito politico che, almeno a parole, non abbia nel proprio programma almeno una di queste problematiche. Lo stesso veganesimo oggi tanto di moda è stato introdotto e praticato in Occidente proprio a partire dalle pratiche di questi punk che più stravaganti non si poteva proprio.

Prima di sciogliersi programmaticamente nell’anno fatidico Orwelliano 1984, i Crass piazzarono una vera e propria bomba mediatica al cuore del potere mondiale. L’anno prima, basandosi su informazioni ricevute da uno skinhead che era stato obbligato a partire per la guerra delle Falkland ed aveva avuto accesso ad alcuni dossier militari segreti, la band costruì, modificando sapientemente alcuni nastri in studio di registrazione, una finta telefonata tra la premier Tatcher e Ronald Reagan, il pistolero a capo degli Stati Uniti in cui apparivano chiare le finalità imperialiste di quella sciagurata guerra contro l’Argentina. Passarono tutto ai media che diffusero il falso scoop in tutto il mondo. Un’operazione di contro informazione situazionista che i due potenti ebbero qualche difficoltà a smentire visto che si basava su fonti attendibili e su fatti dimostrabili.

Dalla New York dei Ramones e dalla Londra dei Sex Pistols, il punk si diffuse in tutto il mondo anche nei luoghi più impensabili. Una tra le scene musicali più feconde in questo senso, ancora ricchissime di realtà innovative, è quella islandese.

Iceland Punk Museum fu inaugurato nel 2016 nel pieno centro di Reykjavik nientemeno che da Johnny “Rotten” Lydon in persona. Il museo raccoglie i cimeli e documenta la storia di quasi quarant’anni di musica rock islandese a partire dalle prime punk rock bands formatesi sul finire degli anni ‘70 fino agli ultimi attuali sviluppi di quella stagione gloriosa che vedono Björk, i Sigur Rós, Ásgeir tra gli eredi più immediati.

Tra i pionieri di quella scena indiavolata tra i ghiacci dell’artico, di certo il più influente è stato Jón “Punk” Gnarr, bassista e fondatore dei Nefrennsli (Scolo nasale) arrabbiati anarcho-Punk seguaci degli inglesi Crass, le loro prodezze musicali sono facilmente verificabili on line. Gnarr influenzò direttamente Björk Guomundsdottir che nel 1978 a quattordici anni aveva già formato uno scatenato gruppo Punk di sole ragazze e che in seguito farà parte dei Kukl (Stregoneria) che suonarono insieme e furono prodotti direttamente dai Crass. Björk in seguito, lo sappiamo bene, intraprese una sfolgorante carriera solista che ancora dura.

Jón Punk dopo la carriera musicale intraprese una fortunata carriera d’attore e di comico che “naturalmente” sfociò nella fondazione di un partito politico di largo consenso, il Best Flokkurinn (Il Partito Migliore) che ora gli permette di ambire a diventare premier nazionale.

Nel 2010 il Best Party islandese vinse le elezioni comunali di Reykjavik e Jón Punk ne divenne sindaco con un programma esilarante e del tutto surreale che però fece breccia tra i cittadini del circolo polare artico e continua a procurargli voti. Tra le sue prime uscite ufficiali ci fu l’Iceland Gay Pride a cui partecipò vestito da provocante e vistosamente dotata Drag Queen.

In tutti questi anni il Partito Migliore, pur adattandosi a nuove sfide politiche non è mai venuto meno ai propri principi ideologici fondamentali e alla linea di strategia politica sancita da un ambizioso programma i cui capisaldi vale davvero la pena di elencare.

Asciugamani gratis in tutte le piscine

Un orso polare allo zoo

L’importazione di ebrei per “avere finalmente in Islanda qualcuno che di economia ne capisce”

Un parlamento senza droghe fino al 2020

Inoperosità: “abbiamo lavorato duro per una vita e ora vogliamo quattro anni di relax ben retribuito”

Una Disneyland con un ingresso gratuito a settimana per i disoccupati “dove possono farsi fotografare con Pippo”

Essere più vicini alla popolazione rurale: ogni contadino islandese deve avere diritto di portare una pecora in albergo, senza sovrapprezzo

Bus gratis per tutti

e un appendice:  

Possiamo promettere più di tutti gli altri partiti, tanto tradiremo ogni singola promessa…Non dovete avere paura del Partito Migliore, perché è il partito migliore. Se non lo fosse, si sarebbe chiamato Partito Peggiore o Partito Cattivo. Ma non accetteremo mai di stare in un partito così”.

Punk is everywhere! Punk is not Dead!

Flaviano Bosco © instArt