Jan Paul Beahm in arte Darby Crash, cantante, performer e membro fondatore dei californiani Germs nel 1977 era, letteralmente, un animale. Infatti era soprannominato Manimal. Durante i concerti si dilaniava sul palco finendo spesso per collassare tutto insanguinato nel proprio vomito e nei propri escrementi.
I Germs fecero in tempo ad incidere un unico album, un assoluto capolavoro di ultraviolenza sonora concentrata che ebbe un enorme influenza e fu un vero e proprio ponte culturale e musicale tra il primo punk californiano e l’Hardcore del decennio successivo.
La band si muoveva in una terra di nessuno della società americana nella quale confluivano tutte quelle tensioni e quella disillusione che generava una rabbia giovanile che finiva per auto-alimentarsi. Nella musica dei Germs non c’è politica dichiarata ma, paradossalmente, vi è la forma di militanza più alta, quella che nonostante tutto combatte e sanguina quando non c’è alcuna speranza di cambiamento. Una parte del Punk americano era proprio così, senza patria e senza bandiera, autenticamente senza futuro. E anche se è difficile da credere, un atteggiamento del genere in una società iper-strutturata, classista, capitalista e autoritaria come quella a stelle e strisce è una precisa scelta politica, forse la più estrema.
Quando nel dicembre del 1980 la vitalità di Crash impattò con la sua tossicomania, aveva ventidue anni, esattamente come il suo epigono Sid Vicious, morto di overdose l’anno prima al Greenwich Village di New York. We’re gonna wreak havoc on this rancid mill, I’m searcin’for something even if I’m killed, I’m a lexicon devil with a battered brain. (Sono un diavolo del lessico con un cervello marcio).
La Bandiera Nera fin dagli anni ottanta del XIX sec. sventola sopra le teste degli anarchici e dei libertari di tutto il mondo. Quando il chitarrista Greg Ginn nel 1976 decise di fondare i Black Flag sull’onda d’urto dell’esplosione del Punk era già un anarchico impenitente che voleva esprimere tutta la propria frustrazione e la propria rabbia con la forza delle proprie corde e dei propri testi. La band nel corso degli anni con gli inevitabili, frequenti cambi di formazione e arricchimenti di stile, è però sempre restata fedele al proprio credo, incarnando la rabbia sorda e l’amarezza di vite spezzate di chi ormai non ha proprio niente da perdere ma urla e geme del proprio impotente disprezzo.
Sono micro-storie di alcolizzati miserabili e assetati che si trascinano per le strade tristi e abbandonate di Los Angeles ben lontani dalle meraviglie di Hollywood, di relitti umani attanagliate dalla depressione o sull’orlo di una crisi di nervi. Ci sono anche gli idioti inebetiti che non hanno niente di meglio da fare che starsene davanti alla tv a bere birra. Quello descritto dalle loro canzoni, spesso con una strana, tragicomica ironia, è un universo di abiezione morale, di alienazione, di solitudini inconsolabili e di urla strazianti. Sia chiaro, con la scarica adrenalinica della loro musica si balla, si salta e si urla fino a non aver più fiato in gola; come diceva uno sgangherato spot pubblicitario radiofonico di quell’epoca: “Ci si si diverte” e da matti, ma quando la festa è finita e gli amici se ne vanno resta un dolore sordo e incolmabile che solo chi ha vissuto l’emarginazione delle grandi città e delle periferie riconosce distintamente.
Volgari e pericolosi come il rantolo di una bestia assetata di sangue, i Black Flag erano il contrario degli Anarco Punk che volevano salvare il mondo con la pace e con l’autarchica solidarietà; loro erano pirati, contro tutto e tutti, cui non interessava nemmeno il bottino dell’isola del tesoro, ma veleggiare liberi e ribelli lasciando un mondo senza speranze verso un orizzonte senza futuro. Eppure La Bandiera nera sventola ancora.
Anche se l’accostamento potrebbe sembrare inadeguato e perfino perverso è il caso di citare alcuni versi della poesia Gli Anarchici di Leo Ferrè: “Non sono l’uno per cento ma, credetemi esistono e se dai calci in culo c’è da cominciare. Chi è che scende per strada, non lo dimenticare, Sono gli anarchici. Hanno bandiere nere sulla loro speranza e la malinconia per compagna di danza. Coltelli per tagliare il pane dell’Amicizia e del sangue pulito per lavar via la sporcizia…stretti l’uno contro l’altro e se in loro non credi li puoi sbattere in terra ma sono sempre in piedi. Sono gli anarchici”.
L’ultimo concerto dei Sex Pistols (14/01/1978) e quello dei The Damned a San Francisco (18/07/1978) ebbero come conseguenza lo scioglimento dei primi e la nascita di lì a poco dei Dead Kennedys. Jello Biafra (Eric Boucher) futuro cantante e il chitarrista East Bay Ray erano tra il pubblico in delirio di entrambi gli eventi. Il Punk non muore mai perché arde senza consumarsi e se una bandiera nera cade c’è sempre qualcuno pronto a raccoglierla.
La band si caratterizzò subito per la ruvidezza dei suoi testi politici che attaccavano violentemente sia lo star system che le istituzioni americane, inchiodate alla croce del dio dollaro come il povero cristo che appare sulla copertina blasfema di un loro disco (In God We Trust Inc).
Il loro sound, fin dall’inizio, dimostrò che il punk si stava trasformando in qualcosa di ancora più violento, ossessivo e militante; stavano per arrivare i tempi dell’hardcore. La band avrebbe avuto in seguito varie vicissitudini e arricchimenti di stile fino ad allontanare i fan della prima ora ma è sempre rimasta fedele al proprio credo anarchico e alla propria creatività fuori dalle righe e dai generi, perfino quelli del punk.
Nel 1979 diedero alle stampe il singolo California Über alles destinato a dare loro grande visibilità fino a diventare segno distintivo e cavallo di battaglia. Il brano era un duro attacco al governatore della California di allora e dalla lunghissima carriera. Jerry Brown, uno squalo della politica americana ancora oggi in piena attività, che ricoprì quell’incarico dal 1975 al 1983 e poi dal 2011 al 2019.
Brown è ritenuto spregiativamente un Hippy Nazi per la sua ipocrita e fintamente progressista militanza nel Partito Democratico ma soprattutto per i suoi metodi spicci e ultraviolenti di utilizzare la repressione poliziesca contro anche il minimo dissenso.
A proposito di fascisti, i Dead Kennedys si sono sempre scagliati in modo deciso e inequivocabile contro quelle frange di sciagurati punk precipitati nella follia del neonazismo. Un brano più degli altri non lascia adito ad alcun equivoco: NaziPunks fuck off! Il testo recita così: Il punk non è un culto religioso, punk significa pensare con la propria testa, non sei hardcore perché ti fai i capelli a punta, quando c’è ancora uno scemo che vive nella tua testa. Vi battete a vicenda ed è così che lo stato di polizia vince, distruggete una banca se avete veramente le palle. Pensate ancora che le svastiche siano fantastiche. Sono i veri nazisti a gestire le vostre scuole, sono i vostri capi, gli uomini d’affari e i poliziotti. In un vero Quarto Reich sarete i primi fatti sparire…A meno che non vi mettiate a pensare con la vostra testa…NaziPunks Fuck Off!!
Nel 1979 lo scatenato cantante Jello Biafra si candidò alle elezioni comunali per diventare sindaco di San Francisco. Ecco il suo delirante programma elettorale:
Le automobili saranno bandite dalla città, sarà lanciata la moda delle città in bicicletta.
Tutti gli ufficiali di polizia verranno confermati o meno con suffragio ogni quattro anni.
Ogni due anni almeno la metà dei poliziotti verrà giudicata dagli abitanti dei quartieri che pattugliano.
La Buoncostume dovrà essere abolita.
Stop alla persecuzioni per piccoli crimini legati a spaccio et similia e lotta alla criminalità organizzata.
I poliziotti al posto delle divise indosseranno abiti da clown.
La prigione cittadina verrà trasferita al Sunol Valley Golf Club, dove i detenuti potranno vivere in un ambiente confortevole e con un vitto soddisfacente.
Le alte cariche dell’amministrazione cittadina verranno cedute tramite aste pubbliche.
Verrà creata una Commissione per la Corruzione che stabilirà chiaramente l’importo da dover pagare all’Amministrazione Comunale per appalti truccati, favori, esenzioni ecc.
Verrà legalizzata, per le persone a basso reddito, l’occupazione delle case sfitte.
Il dipartimento dei parchi pubblici potrebbe vendere uova e pomodori per bersagliare statue raffiguranti politici e politici-statue.
Lo slogan della campagna elettorale fu: Qui c’è sempre spazio per Jello. Biafra si classificò al quarto posto su dieci candidati, con 6000 voti. La città non era ancora pronta per avere un sindaco Punk rocker. Peccato!
Oscenità e furore – Anticristo, Anarchismo e regime fascista in UK.
“Non me ne fregava un cazzo di parlare di politica né prima né dopo i concerti volevo solo che le tipe mi facessero un pompino, pensavo solo a quello come ogni altro ragazzo”. Una classica dichiarazione degna del proprio autore che si meritò il soprannome di Marcio, Johnny “Rotten” Lydon per l’appunto.
Al primo provino con gli altri del gruppo che gli avrebbe dato gloria immortale intonò una versione straziata e inascoltabile di I’m Eighteen di Alice Cooper il cui ritornello ripete ossessivamente: “I’m eighteen and I don’t know what I want”; il distruttivo brano simbolo di più generazioni che il “Marcio” scriverà da lì a qualche anno recita I am an anti-Christ, I am an anarchist, Don’t know what I want”.
Possiamo anche credere che siano solo due canzonette buttate lì a caso per fare un po’ di scandalo ma in realtà per milioni di persone nel mondo intero sono state e sono una vera e propria dichiarazione di intenti. Il classico refrain di un altro brano: “We don’t care” e poi ancora “No Future” ed altri slogan simili che tutta la scena punk ha reso famosi, non devono essere interpretati come un inconsapevole, pusillanime disimpegno sociale, al contrario, è la pars destruens di un processo politico e sociale ben preciso nel quale bande di giovinastri disillusi da un sistema economico e politico inefficiente e corrotto, si scagliano violentemente contro di esso con tutta la furia e il furore di cui sono capaci.
Il vero ipocrita è chi dice che il movimento era solo velleitario perché dietro di esso in realtà non c’era una proposta politica per cambiare le cose. Chi sostiene questa tesi è di certo in malafede e non tiene conto che i punk, chi credeva e chi crede in quella sorta di energia devastatrice dell’arte e della cultura, non vuole riformare un vecchio sistema come quello capitalistico, migliorarlo, emendarlo. Lo vuole semplicemente abbattere. Non c’è alcuna possibilità di mediazione fino a quando lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e la spasmodica ricerca dell’utile fine a se stesso non saranno completamente eradicati dalla storia umana. Non c’è alcuna possibilità di mediazione, nessun compromesso è possibile, nessuna trattativa.
Il rifiuto è totale e la sua forza proporzionale al ricatto pseudo democratico del dibattito tra pari. Ogni forza sociale nelle cosiddette democrazie occidentali, in teoria e costituzionalmente, dovrebbe fare ogni sforzo per il miglioramento e il progresso di tutti e d’ognuno. La storia lo ha dimostrato chiaramente e proprio la fine degli anni ‘70 ci raccontano che la nostra è, al contrario, una società dell’ipocrisia nella quale i principi sacrosanti della libertà e dell’uguaglianza sono calpestati da chi li usa per imporre brutalmente un regime eternamente fascista e allora: “God save the queen, the fascist regime, They made you a moron…she’s not a human being”.
Il vecchio sistema statale di tutele economiche funzionava solamente per le classi agiate, mentre costringeva i più fragili alla miseria più nera e all’abbandono. Il colpevole fallimento delle vane promesse del welfare laburista nel dopoguerra avevano piagato la working class inglese, era ”l’inverno del nostro scontento”; dominavano il caos sociale, l’odio, la diffidenza, la xenofobia; gli scioperi continui e le manifestazioni ovunque venivano represse con la solita brutalità dalle cosiddette forze dell’ordine, in realtà, cani feroci al servizio dei maiali al potere proprio come li aveva descritti George Orwell nella Fattoria degli animali.
A questo rispose un terribile latrato, e nove enormi cani che portavano collari ornati di punte d’ottone fecero irruzione…erano cani enormi dall’aspetto feroce di lupi.
Lo sciopero dei netturbini di Londra durò, con brevi pause, per un anno intero senza che il governo cedesse a nessuna delle richieste di quei lavoratori; si lasciò sommergere la città da tonnellate di rifiuti piuttosto che concedere il benché minimo adeguamento salariale; infine la vertenza fu composta a suon di manganellate quando gli spazzini ormai stremati e ridotti alla fame dalla mancanza dello stipendio, furono costretti a riprendere il lavoro. Una strategia politico sindacale ignobile che la famigerata Lady di ferro Margaret Tatcher utilizzò crudelmente nel decennio successivo su larga scala.
Il degrado sociale in Gran Bretagna veniva da lontano ed era il risultato dei soprusi di una società profondamente classista. Negli anni ‘70 questo si era trasformato a livello delle classi sociali più basse in razzismo, omofobia, odio verso tutto ciò che appariva diverso. Il regime aveva buon gioco a vedere i miserabili scannarsi tra di loro: il sottoproletariato inglese vecchio stile che avendo perso il proprio lavoro e sopravviveva di miseri sussidi se la prendeva con i nuovi immigrati caraibici, asiatici, africani. L’industria discografica e dello spettacolo non era riuscita ad intercettare tutta l’insoddisfazione che permeava quell’atmosfera di decadenza e degrado. Non poteva farlo anche se poi ci provò. La Emi cercò di mettere sotto contratto i Sex Pistols ricavandone solamente un: “We are ruled by none, ever ever ever, and you thought that we were faking, that we were all just money making, you do not believe we’re for real”.
Le pressioni delle major finirono per avere ragione della prima ondata del movimento. Nelle trame del mercato finirono anche gli altri grandi pionieri del punk, i Clash, che cantavano la città di Londra in fiamme, inneggiando alla Rote Armee Fraktion e alle Brigate Rosse, però con i soldi della CBS, della Columbia e della Sony. Migliaia di altri gruppi però si rifiutarono di farsi comprare e continuarono a combattere e sputare sangue sui palcoscenici e per le strade del Rock, è proprio per questo che il Punk non è morto ed ancora oggi risulta così indigeribile e perfino insopportabile.
Flaviano Bosco © instArt