Sabato 4 dicembre, con inizio alle ore 21.00, il Club Il Giardino di Lugagnano di Sona (Verona) ospiterà il concerto di Patrizio Fariselli Area Open Project. Con lui, a condividere il palco, Claudia Tellini (vocals), Marco Micheli (basso) e Walter Paoli (batteria). E’ un nuovo appuntamento realizzato in collaborazione con la rassegna Estensioni Jazz Club Diffuso pensata da Slou Società Cooperativa (www.slou.it) di Muzzana del Turgnano.

Sei uno dei musicisti italiani più influenti e talentuosi. E non si può non cominciare degli Area International Popular Group che sono la matrice della moderna contaminazione tra rock, jazz, worldmusic. Lo avresti detto che la vostra impegnativa sperimentazione, un nostrano superamento di barriere musicali, la voce di Demetrio Stratos, sarebbe rimasta attuale a questa distanza di tempo? No, non l’avrei detto. Anche perché, quando lavoravamo, non pensavamo certamente ai posteri. Eravamo così impegnati a vivere il presente che non c’era spazio per altro.
Di fatto sono contento non solo che esista una frangia di irriducibili, gente della mia età, per intenderci, che ci segue ancora, ma che ci sia una forte reazione anche da parte dei giovani.
Questi sono talmente abituati alla piattezza contemporanea per cui la nostra musica risulta di fatto dirompente.

Mi sono ricomprato la rimasterizzazione di “1978: gli dei se ne vanno, gli arrabbiati restano” che rimane uno dei miei dischi preferiti (non degli Area ma in generale), e anche “100 Ghosts” che ascolto spesso e anche questo lo riconosco su quella strada. Sei un compositore, ma hai anche suonato nelle balere nell’orchestra di famiglia Fariselli (ride). Se dovessi spiegare il tuo lavoro come lo faresti? Sono un musicista a 360 gradi (ride). Devo questo a un’insaziabile curiosità, che mi ha consentito di muovermi in parecchi campi. Dalle colonne sonore per il cinema alle musiche di scena per il teatro, a qualsiasi cosa ti venga in mente. Oggi, alla mia età, sono tornato a pensare la musica come quando avevo vent’anni, cioè libera da qualsiasi costrizione, semplicemente musica d’arte.

Da promoter avevamo organizzato un concerto degli Area al Deposito Giordani di Pordenone nella formazione con Ares Tavolazzi, Paolo Tofani e Walter Paoli (se non sbaglio). Avete sempre mantenuto uno grande numero di fans e questo, ritengo, per la vostra storia e per il fatto che suonate come pochi gruppi attualmente in circolazione. E non c’è prog che tenga. Quindi la tecnica conta? La tecnica è sempre stata per noi il requisito base per togliere di mezzo ogni impedimento tra il pensiero musicale e la musica stessa, semplicemente un filtro. Non abbiamo mai vissuto il virtuosismo come fine a se stesso. E questo i fans lo sanno. Abbiamo sempre badato all’essenziale, alla qualità della musica e all’onestà del rapporto col nostro pubblico.

E adesso sono arrivati Area Open Project. Vi ho ascoltati in concerto a Jazz and Wine nel 2019, sempre una grande energia, la cantante e sempre tanto divertimento che dal palco contamina il pubblico. Cosa ha di nuovo questo gruppo? A “Jazz and Wine” abbiamo presentato l’integrale di “100 Ghosts”, tutta musica nuova. Invece a Lugagnano riprenderemo il repertorio dell’ultimo concerto fatto in Giappone, di cui è uscito un doppio CD più un DVD: “Live in Japan”, in cui rielaboriamo parecchi brani del repertorio storico Area cantati dalla strepitosa Claudia Tellini.

Oltre Area Open Project prosegui sempre la tua attività di solista al pianoforte. Ci sono anche altre idee? Sì, oltre che in solo, ho preso a fare concerti in duo con mio fratello Stefano, di sette anni più giovane di me e valido polistrumentista: sassofono, clarinetto basso e flauto. Una dimensione intima e flessibile che consente a entrambi di sperimentare cose nuove.

Stefano Buian © instArt