‘Viva il Teatro’. Michele Placido saluta così il pubblico del Teatro Giovanni da Udine al termine della serata inaugurale della 25esima stagione di prosa. Il pubblico è distanziato; ma c’è, a salutare un Signore del palcoscenico che ha presentato in anteprima nazionale una nuova versione de La Bottega del Caffè di Carlo Goldoni. Coprodotta dal Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, Goldenart Production e Fondazione Teatro della Toscana, la commedia regala al pubblico una serata distesa ma riflessiva, antica come gli accurati abiti di scena, ma attuale come i temi che tratta.

È un affresco popolare quello regalato da Goldoni nel 1750. L’ambientazione un campiello veneziano, ricreato con attenzione dalla scenografa Marta Cristolini Malatesta, dove affacciano una bottega di caffè, un barbiere e una bisca. La vicenda si dipana lungo tutta una giornata, dall’alba al tramonto, tra intrighi, chiacchiere, gioco d’azzardo, mariti che fuggono e mogli che li riacchiappano. Personaggi sfaccettati, ben resi dagli attori che accompagnano Placido coordinati dal regista Paolo Valerio, alle prese con pregi e difetti che sono di ieri e di oggi.

C’è il giovane mercante che si perde nel gioco d’azzardo e c’è una giovane moglie che cerca di riportarlo sulla strada maestra. C’è il marito fuggiasco che si spaccia per conte e illude la bella ballerina e la legittima moglie che lo reclama, c’è il bottegaio oculato e dai sani principi e il biscazziere che cinicamente attira le altrui debolezze. E poi c’è Don Marzio, malizioso nobile napoletano che, seduto al caffè, spia le altrui vicende e le manipola con leggerezza. Michele Placido dona il suo carisma e la sua ironia ad un Don Marzio intrigante e pettegolo che guarda il mondo che lo circonda attraverso i suoi occhialetti le cui lenti però distorcono la realtà. Don Marzio non si limita ad osservare questo rincorrersi dei personaggi, questo tessere trame e stipulare accordi, ma ne diventa protagonista carpendo segreti, vizi e passioni, manipolandoli e spiattellandoli al suo pubblico come a tessere le fila degli eventi.

Ma le chiacchiere finiranno per ritorcersi contro e mentre le vicende dei protagonisti trovano il lieto fine, Don Marzio si trasforma nel capo espiatorio e dovrà abbandonare la città che lo accusa e lo isola.

Una bella serata, una commedia leggera ma al tempo stesso ricca di spunti di riflessione. La sua attualità è tutta in quei Don Marzio che oggi chiamiamo leoni della tastiera e nelle pratiche antiche e attuali: il pettegolezzo e la maldicenza, con il male che troppe volte si trascinano dietro.

© Laura Fedrigo per insArt