Per quelli che come il sottoscritto seguono appassionatamente il jazz regionale e non solo da più di un quarto di secolo Luca Colussi è sicuramente un giovane batterista, per così dire, di seconda generazione … Lo abbiamo iniziato a seguire qualche tempo fa con curiosità ed attenzione, perché fin da subito ci siamo accorti delle grandi capacità che possedeva.
Musicista raffinato ed elegante, delicato e fantasioso, duttile e capace, negli ultimi anni ha veramente dimostrato di poter essere considerato uno fra i batteristi più interessanti e promettenti della nuova generazione del jazz friulano. Si può dire che lascia un segno? Ha fatto di più! Perché proprio in questi giorni è uscito, registrato ed edito dalla straordinaria Artesuono di Stefano Amerio, “Segni”, nuovo progetto discografico che lo vede accanto agli straordinari Paolo Corsini al pianoforte ed Alessandro Turchet al contrabbasso.
Uno splendido periodo per il nostro jazz, perché più o meno negli stessi giorni è uscito anche il disco di Paolo Corsini (con la stessa sensibile stessa formazione!) Let’s Start From Here per la promettente Jazz Records!

Abbiamo allora voluto intervistarlo, per conoscere un po’ più a fondo il suo lavoro …

“Segni”: come spieghi nel bel booklet del disco tutti i brani sono ispirati da momenti particolari che ti hanno segnato nella vita: ce ne vuoi parlare?
Era da tempo che mi volevo cimentare in un disco a mio nome con una formazione a me cara come il piano trio. Dopo moltissime collaborazioni e dischi avevo anche il bisogno di trovare una voce come leader, cosa non facile, ma volevo anche fare una cosa che avesse senso per me.
E’ venuto naturale andare a riscoprire la musica che avevo scritto ritrovando che era sempre legata a qualche musicista o a qualche momento particolare della mia vita. Se si riesce a fare il musicista è soprattutto grazie anche a quelli che ti coinvolgono e che ti danno la possibilità di esprimerti e di andare avanti, ecco che Segni prende valore per me e diventa una specie di dedica alle persone, sensazioni, musicisti che ho incontrato e che ti segnano per sempre.


Abbiamo pubblicato da poco l’intervista a Paolo Corsini, che è anche il tuo pianista e tu il suo batterista; entrambi vi avvalete della presenza dello straordinario Alessandro Turchet al contrabbasso: trovo molto bello che usciate con la stessa formazione e due progetti a nome vostro più o meno nello stesso momento…
Tutto è nato nel 2019 quando decisi di cominciare a lavorare per il mio disco con Paolo e Alessandro, ci fu subito grande intesa e fiducia.
A quel punto anche Paolo decise di affrontare il suo repertorio molto diverso dal mio e quindi abbiamo unito le forze. Casualmente i dischi sono in uscita nello stesso periodo, cosa che ci rende orgogliosi e felici l’uno per l’altro. A questo punto aspettiamo la proposta di Alessandro per un disco a suo nome ovviamente con noi (ride)…

Artesuono, un caposaldo nella nostra regione e non solo …
Be’ come dire, per me era scontato registrare da Stefano Amerio: praticamente mi ha visto crescere, sono legatissimo a lui e allo studio, ho mosso i primi passi da lui fin dal 1997 registrando i primi dischi con molti musicisti della regione tra cui Glauco Venier, Riccardo Chiarion, Renato Strukelj, Yuri Dal Dan, insomma mi ha battezzato e moltissime produzione sono poi state registrate e prodotte da lui ed anche questo lavoro uscirà per Artesuono. Lavorare con Stefano è fantastico, ti trovi a casa, con una altissima professionalità e strumentazione sempre molto curata, lui sempre attento al dettaglio e ottimo consigliere, che per noi musicisti è fondamentale. 



Ti seguo oramai da parecchi anni e posso affermare senza ombra di smentite che sei diventato uno dei batteristi più interessanti del panorama nazionale e non solo: ci vuoi parlare del rapporto con il tuo strumento?
Ho iniziato da piccolino sbattendo qualsiasi cosa in modo istintivo, verso gli 11 anni cominciai a studiare più seriamente con Nevio Basso, che mi diede le fondamenta e che mi fece capire l’importanza nell’approccio al servizio della musica data dalla sua grande esperienze nelle orchestre. Nel ’97 Glauco Venier mi presenta Roberto Dani con cui comincio a lavorare su aspetti batteristici tuttora fondamentali per me, quali il groove, l’uso dei timbri, l’improvvisazione, la ricerca sonora, la free music, la poliritmia e i tempi dispari, praticamente mi apre il cervello. Tutti questi ingredienti che ho approfondito negli anni hanno creato “forse” una mia voce che porto avanti anche in ambiti musicali completamente diversi. Io amo tutta la musica senza barriere stilistiche, credo sia importante avere sempre una propria visione e una propria voce partendo sempre da una forte conoscenza della storia della musica e del proprio strumento. Se conosci bene il tuo strumento e la storia ecco che puoi cominciare a muoverti creando con la propria voce: il mio motto è Imitare, Assimilare e Innovare. Uno degli aspetti che amo particolarmente è la pratica dell’improvvisazione, nel 2017 esce Stilelibero con Luigi Vitale, prodotto da Nusica, e nel 2019 esce il video in batteria solo Live in Space.
Riporto qualche link.

https://www.youtube.com/watch?v=jUgo4dZuzQs

 

Otto brani composti da te ed un omaggio a Carla Bley nel finale: come mai proprio “Ida Lupino”?
La scelta è stata naturale, volevo chiudere il disco con quello che secondo me è questo pezzo, un canto, un inno. E’ un pezzo che amo molto e che avevo deciso di inserire alla prima occasione. Carla Bley è una compositrice/pianista che adoro.

E’ stato ed è un momento complicato per la musica dal vivo, per lo spettacolo: come hai trascorso questo tempo?
Nel primo lockdown ho capito che non ero abituato a stare a casa, mi son ritrovato immobile, ero abituato ad una vita sempre in giro. Poi con il tempo mi sono abituato e dopo le prime settimane ho ripreso a praticare e ad insegnare per i Conservatori in streaming, preparando lezioni e video: alla fine ho imparato anche come lavorare a distanza, cosa che non avevo onestamente mai considerato troppo. Ho potuto studiare e approfondire delle cose che avevo lasciato in sospeso. Questo periodo ci ha segnato, ci porteremo le ferite per molto tempo ed anche il titolo del mio disco in questo periodo ha assunto un altro significato.

Fatidica domanda finale: progetti per il futuro?
Ho sempre molte idee, poi non sempre realizzabili: mi piacerebbe realizzare ancora Live in Space in solitaria registrandolo in ambienti inusuali quali officine, gallerie, negozi, capannoni dismessi, vorrei poi registrare con Michele Polga e Mattia Magatelli nuova musica ispirata alla musica Africana. Poi se si potrà riprendere sarò impegnato in due nuovi spettacoli: uno su John Coltrane con Francesco Bearzatti e uno dal titolo StraborDante con XY Quartet e John De Leo (porteremo in scena uno spettacolo multimediale già prodotto in Novembre 2020 su L’inferno di Dante con un vestito molto moderno). Oltre questo ho anche altre collaborazioni che mi vedranno partecipare ad altri lavori discografici per il 2021.
Il progetto fondamentale è di riprende con la musica dal vivo che mi manca: ovviamente anche con il “Mio” Trio.

Luca A. d’Agostino © instArt