Possono continuare, anche in questi tempi di restrizioni alle attività culturali, le Residenze artistiche del Progetto Dialoghi a Villa Manin curate dal CSS.
Le Residenze riuniscono piccole equipe di artisti (tutti testati prima dell’inizio), che lavorano in una situazione di fertile “isolamento artistico” negli ampi spazi di lavoro dello Spazio Residenze a Villa Manin e sono di fatto assimilabili ad un’attività di prove teatrali. Un’attività che mantiene vivo il lavoro produzione degli spettacoli come il lavoro degli artisti, attori e registi coinvolti.
Da settembre sono state in tutto 7 le Residenze realizzate per il progetto Dialoghi, ideato e curato dal CSS Teatro stabile di innovazione del FVG con il sostegno della Regione Friuli Venezia Giulia e la collaborazione di ERPAC, con ospiti la Compagnia Compagnia Fi_Br_A (con Fiona Sansone, Federica Rosellini e la scrittrice Nadia Terranova), le performer Alexia Sarantopoulou e Ondina Quadri, la Compagnia Deflorian/Tagliarini con Martina Badiluzzi, Balletto Civile della coreografa Michela Lucenti, MDI Ensemble di Milano con gli allievi di composizione del Conservatorio J. Tomadini/Udine, Fabrizio Pallara e Nicoletta Oscuro.
Attualmente in corso la Residenza del danzatore e coreografo Mattia Cason, impegnato in un’azione di tutoraggio con Alessandro Conte, drammaturgo e performer, e le danzatrici
Alessandra Carolina Valentini e Irene Ferrara.
La Residenza 37 si fonda sul Progetto intitolato “Οι συν Αλέξανδρος”, ideato da Mattia Cason. “Un’indagine antropologica tradotta (e tradita) in una coreografia”, la definisce il danzatore.
Il progetto vuole portare un punto di vista artistico e culturale a sostegno di un’idea di un’Europa promotrice di politiche migratorie inclusive.
“Chiunque cerchi rifugio dalla guerra, dalle persecuzioni, dalla fame, deve essere benvenuto” – aggiunge Cason. 
“Questo non solo per ragioni umanitarie, ma anche perché la maggior parte delle persone che cercano rifugio in Europa provengono da paesi il cui contributo alla civiltà europea è stato fondamentale e accoglierli è il modo migliore per capire meglio noi stessi, il nostro passato e soprattutto la necessità d’un destino comune”.
La civiltà europea che ha la sua culla in Israele/Palestina e in Grecia ha ricevuto in effetti influenze afroasiatiche decisive per il suo sviluppo.
Nel lavoro coreografico e visuale di “Οι συν Αλέξανδρος”, i rifugiati africani e asiatici oggi rinchiusi nei campi profughi greci sono immaginati come i soldati di Alessandro di ritorno dopo migliaia di anni dalle sue campagne afroasiatiche.
Attraverso le loro memorie, la figura di Alessandro non è tanto quella di un conquistatore bensì di un visionario. 
Così, la sua visione d’una simbiosi tra Greci, Persiani ed Egiziani può ispirare l’idea di un’Unione Europa che diventando sempre più afroasiatica non fa che ritrovare sé stessa e la propria storia, una storia che nasce molto più lontano di quanto tendiamo a pensare.
In scena ciò sarà narrato con due mezzi di comunicazione: il corpo danzante e l’immagine proiettata. Il corpo porterà avanti la linea drammatica dell’“èxodus”, dell’avventura di Alessandro in Africa e Asia, il video le contrapporrà invece quella del “nòstos”, del ritorno dei soldati in una patria che pare non volerli più”.

Comunicato Stampa