“Lavoro atteso – spiega l’assessore alle Politiche culturali e del territorio Fabio Cristante – da tempo nell’impegno dell’Amministrazione Comunale che lo ha fortemente voluto inserendolo in un più vasto ed articolato programma culturale volto a custodire e promuovere la memoria storica.
Il monumento fu realizzato dall’Amministrazione Comunale alla fine della seconda guerra mondiale per la tumulazione di sei partigiani casarsesi. Enrico Castellarin, Gino Menotti, Sisto Biasutti, Severino Cossutta, Elio Morassutti e Guido Alberto Pasolini, quest’ultimo ucciso il 12 febbraio del 1945 assieme ad altri tre partigiani osovani nell’orribile episodio che va sotto il nome di strage di Porzûs. Il fratello di quest’ultimo, Pier Paolo, commissionò i dipinti all’amico Federico De Rocco.
L’intervento di restauro autorizzato ai sensi del D. Lgs. N. 42/2004 dalla Soprintendenza regionale sotto la l’alta sorveglianza della dott.ssa Elisabetta Francescutti è stato realizzato dalla restauratrice Valentina Scuccato di Pordenone.
Il manufatto, che versava in stato di serio degrado, segue i canoni estetici e l’impiego dei materiali tipici del periodo. Nel tempo tuttavia interventi manutentivi e superfetazioni ne avevano alterato la definizione originaria. È stato perciò un lavoro complesso che, partendo da un’attenta analisi storica, materica e documentale, ha interessato l’intero monumento, dall’edicola commemorativa realizzata in graniglia ocra di Sarone con inserti in marmo grigio, al basamento, agli intonaci sino agli affreschi.
“La scelta di proporre in loco copia delle opere in luogo degli originali – aggiunge Cristante – è dettata dal forte rischio di degrado cui le opere sono soggette. Tale soluzione consente da un lato la salvaguardia degli originali, evitando ripetuti interventi e, negli anni a venire di poter riprodurre eventualmente nuove altre copie partendo dagli originali, i quali troveranno una nuova collocazione concordata con la Soprintendenza. Manca ancora qualche elemento di finitura, come le catene che delimiteranno lo spazio sacro, ma l’intervento è ormai concluso e al monumento, ora pulito e sobrio, è restituita la bellezza e la solennità che da tempo aveva perduta. Nel rispristinare il decoro del manufatto viene così onorata anche la memoria di quanti, anche a Casarsa, hanno speso la propria vita, la propria gioventù, per il sogno di un’Italia libera”.
I lavori hanno ripristinato l’impianto primitivo rimuovendo i rivestimenti successivi in travertino e pietra di Aurisina, la copertura posticcia in legno e coppi, i tubi metallici. Superando un’eterogeneità di materiali non pertinenti è stata rispristinata, come in origine e in uniformità con la lastra tombale, la soletta in graniglia bianca e nera. Intervento reso necessario anche dalle marcescenze che rendevano precaria la statica della soletta precedente. Si è posto rimedio anche al degrado degli apparti originari dovuti ad alterazioni naturali quali depositi di particellato atmosferico e colonie biologiche con interventi puntuali di ripulitura, riparazione e valorizzazione degli elementi originali. Un lavoro complesso e minuzioso che ha impegnato diverse maestranze ed in cui si sono incontrati anche numerosi imprevisti – come la presenza d’acqua all’interno del vano e l’ammaloramento della soletta.
Il monumento è caratterizzato dalla presenza di due pannelli affrescati recanti, genuflessi e con la palma del martirio, Santo Stefano e San Paolo. I dipinti commissionati da Pier Paolo Pasolini all’amico Federico De Rocco vennero realizzati in sostituzione di un più grande ed articolato affresco portato a termine dal pittore Renzo Tubaro nel giugno del 1949. Di tale opera, deterioratasi in brevissimo tempo a causa dell’inadeguatezza del supporto sul quale venne realizzata, si conserva un bozzetto presso il museo Diocesano di Arte Sacra di Pordenone.
I due pannelli di De Rocco – costituiti da supporto di incannucciato intonacato su telaio di legno – furono realizzati con la tecnica del mezzo fresco ovvero eseguito su intonaco inizialmente umido e poi rifiniti con pigmenti legati con latte di calce.
“Questa tecnica – dice la restauratrice Scuccato – poco resistente nel tempo, ha fatto sì che si siano perdute molte velature superficiali, lasciando le raffigurazioni prive di effetti chiaroscurali. Le opere si presentavano perciò in pessime condizioni conservative e sono state ricollocate, secondo il progetto autorizzato, su altro supporto atto a garantirne la conservazione. Dopo l’intervento pittorico di pulitura e reintegro, realizzato anche grazie a preziosi documenti d’archivio, sono state realizzate delle stampe digitali ad alta definizione su supporti preparati con intonachino che riproducono perciò in maniera fedele le due opere appena restaurate”.
Comunicato Stampa