Marongiu & i Sporcaccioni sono tornati. Li avevamo incontrati poco più di un anno fa, per commentare il loro “Austria e puttane”. Hanno recentemente pubblicato il nuovo “disco”, chiamamolo ancora così, in quest’era caotica dove il CD sembra destinato alle sale museali ed è sorprendentemente ripresa la vendita degli LP, qualcuno parla di produrre musicassette mentre i brani si possono scaricare ovunque su diverse piattaforme digitali dai nomi più fantasiosi.

Prodotto da Antonio Gramentieri (Don Antonio“), “Mulo de paese” viaggia in continuità col precedente album, sia come temi trattati che come ambientazioni musicali. Marongiu e la sua gang continuano a far propri temi a loro cari e a proporli con trame ruvide e di presa immediata.

Claudio Marongiu, Andrea Farnè (basso), il nuovo chitarrista Giovanni «Gioppi» Bertossi, Enrico Granzotto (tastiere) e Michele «Kuz» Cuzziol (batteria) con alcuni ospiti di rilievo tra i quali Joe Perrino, il produttore “Don Antonio” e Fabrizio Citossi hanno confezionato 14 nuove tracce pronte per infiammare gli animi di una tra le tante zone di confine di questo complessa area geografica chiamata Friuli Venezia Giulia. La lingua da loro usata resta il bisiacco, che consente una maggiore facilità di espressione delle loro scorribande, sempre basate su quella “irriverenza necessaria” che avevamo trattato nel presentare “Austria e puttane”.

L’inizio è scoppiettante con Pronto a guar, classico spaccato di vita di chi si appresta a trascorrere un fine settimana all’insegna del sesso e del lasciarsi andare, con vite senza limiti: “Facciamo festa fino al mattino e rientriamo lunedì”, insomma una specie di inno contrario al “Sono uscito dal tunnel del divertimento” di Caparezza.

Un ispirato riff alla Sticky Fingers apre Volpe russa, dedicata a “una bella ragazza dall’Est Europa che fa i salti mortali per vivere a casa mia / cerco di allontanarla ma sono la sua calamita”. Storie di tutti i giorni, ritratto realistico di chi pensa che “Vale la pena rischiare un infarto così”.

Sio Buck evoca ricordi del passato, con uno zio che offriva al nipote un bicchiere di “gassosa” e ordinava quarti di vino, con un sorprendente finale poetico: “Il cielo dell’ infanzia…chi lo scorderà mai? È grande e bello come i sogni di un bambino”.

Condannà, arricchita (e anche arrocchita) dalla voce di Joe Perrino propone una stranulata atmosfera Waitsiana che parla di condanne reali subite da chi, infine, nutre comunque la sicurezza di una sorta di redenzione: “Sono un uomo disperato, un bandito debole, lotterò in libertà, oggi festeggio il mio rilascio. / Ma varcherò i confini di queste mura e troverò gente che comprende il mio valore / e guarirò le tue ferite / curerò tutto il male che ti ho fatto – guarirò”. Un gran bel pezzo.

Non me ricordo più è una ballata con cambi di ritmo, ben strutturata da chitarra e piano. Il protagonista non ricorda più. “Non ricordo dei tuoi baci non ho memoria dell’ amore / Né di quelle belle frasi che dicevi a colazione / Non ricordo di tua madre non ricordo tuo papà / Era strano od ordinario? La mia testa non lo sa”.

Isons è un pezzo di rock puro, con un linguaggio molto diretto: “Isonzo tesoro dell’ infanzia / nessuno potrà togliermelo / Facciamo un tuffo con gli amici / portiamo amore a chi lo vuole / Chi non lo vuole rimanga pur senza / il nostro è amore in abbondanza” che termina con il sano slogan campanilistico “Noi siamo nati sull’Isonzo / I bisiacchi siamo noi!”.

Mulo de paese, il brano che dà il titolo all’album, è un altro pezzo trascinante: Non è colpa di nessuno se finisco contro il muro / La mia testa è tutta matta dura come una pignatta / Non è colpa di nessuno se ora non vi ascolto più / Vado ormai per i trent’ anni faccio solo danni”.

L’album scorre senza cadute di energia con Droga & teppisti, la rock’rollegggiante Gerry e Viva Adelina (una richiesta di cantare “L’emozione non ha voce” di Celentano) che introduce la profetica e punkeggiante Febbre.

Arriviamo a Bisiac e no furlan, divertentissimo pezzo con un riff alla AC/DC che mette a confronto due modi stereotipati di vedere la vita, quello di un bisiacco e quello di un friulano. Il bisiacco accusa il friulano di taccagneria, di parlare un linguaggio incomprensibile, di essere un po’ baciapile. Il friulano replica accusando il bisacco di essere un chiaccherone con poca voglia di fare, lo invita a salire sul suo trattore sapendo che alla sera non sarà in grado di reggersi sulle gambe. Forse un giorno, però, i due troveranno un modo di vivere in pace?

Imbriaga e Veci nevrotici chiudono l’album. I vecchi nevrotici sono una coppia che si scambiano interessanti punti di vista lanciando frecciate a destra e manca: “Comunque sia ti voglio bene / star zitti talvolta conviene / non sono buonista come Jovanotti ma neanche perfido con John Gotti / Ti tirerei quattro schiaffi / gli stessi schiaffi che merito io / Te lo dico con tutto il cuore / è ancora bello far l’ amor con te”.

Abbiamo chiesto direttamente al frontman Claudio Marungiu di toglierci alcune curiosità.

Claudio, il vostro nuovo album Mulo di paese è il fratello di Austria e puttane, sei d’accordo?

Ciao Franco e grazie per l’intervista. Austria & Puttane era un concetto molto forte ma in mezzo c’erano diverse canzoni deboli, figlie di un budget limitato e dei tempi stretti della sua realizzazione. Mulo de paese è meno impattante (non contiene ad esempio una piccola hit come ‘Leccar la mona’) ma offre una selezione di pezzi più completa e curata. Austria & Puttane ci serviva per attirare l’attenzione generale ed uscire dal perimetro della bisiacaria –missione compiuta-, mentre con Mulo de paese ci tenevamo a far capire che siamo una band solida, con una lunga storia alle spalle…e che l’aver azzeccato qualche singolo non era solo frutto di casualità. In questo senso Mulo de paese è lo sviluppo naturale di A. & P.

Rispetto ai precedenti album avete modificato qualche vostra abitudine (scelta dei pezzi, registrazione) oppure vi siete affidati alle esperienze del passato?

Il produttore è sempre Antonio Gramentieri. Idem per il fonico Franco Naddei. Questa volta ci siamo spostati negli studi di Roberto VillaL’Amor Mio Non Muore, dove Franco e Roberto fanno convivere due approcci al suono diversi ma altamente compatibili. Dire che abbiamo registrato il disco in analogico riversando il suonato su dei nastri magnetici può far sicuramente grande effetto, ma è solo una parte del lavoro. In termini musicali, questa è gente con le palle quadrate che si conosce molto bene. Credo sia quel che ha fatto la differenza.

Come sono andate le registrazioni? Avevate già tutto in testa oppure i pezzi si sono sviluppati in studio?

Prima di registrare siamo stati quattro giorni nello studio di Gramentieri a provare i tredici brani. Lì Antonio li ha arrangiati, messi a punto e modificati quel che a suo sentire serviva per renderli privi di lungaggini, fluidi e godibili all’ascolto. Per la prima volta ci siamo dunque cimentati in una pre-produzione, per quanto circoscritta a poche giornate. Non ci siamo chiesti cosa andasse e cosa no, a quello ci ha pensato lui. Idem per le registrazioni ufficiali, seguendo il flusso tutto è andato per il meglio. È molto difficile non essere d’accordo con uno che ha prodotto musica incantevole con Dan Stuart dei Green On Red, giusto per dirne uno. Non sto parlando di deferenza o sudditanza che sia, lui è uno che segui perché ha il suo carisma naturale. Anche sulle decisioni più critiche, ci mette pochi secondi a convincerti: e -visto in retrospettiva-, ha quasi sempre ragione!

La voglia di spaccarsi nel weekend suona come una delle vostre tematiche più care. In questi tempi duri di pandemia tante persone sembrano aver perso un po’ la tramontana e si sentono indifesi oppure i sabati restano sacri e inviolabili? Ci puoi raccontare qualcosa in merito a questa faccenda?

Ironia della sorte, durante i week-end ho quasi sempre lavorato. Sarà per questo che il sabato nella mia scrittura acquista tanta vitalità, perché ne ho goduto pochissimo! Rispondendo alla tua domanda, son tempi cupi e ostili da almeno quindici anni. Non si può ignorare una crisi economica che è poi soprattutto crisi di motivazioni e valori. Cos’è l’uomo? Un’enorme testa di cazzo.

Ci racconti come è nato Condannà e come si è sviluppata la collaborazione con Joe Perrino?

In un periodo in cui stavo perdendo mio padre, ho iniziato a chiedermi cosa ci fosse di Sardo nella mia storia personale e come mai io mi sia rivolto al canto in tarda età. Una mattina guardo Rai5 e mi imbatto in questo Joe Perrino che dice che per i Sardi – storicamente- il mare è stato una minaccia dai popoli invasori e non un’occasione per navigare e dunque commerciare. Lo racconta con un’espressione fragile, ma anche da duro del Roadhouse, da attore consumato. Subito dopo mettono un suo video dal titolo “All’uscita della galera” e mi accorgo che racconta il dolore di mio padre. Il resto puoi immaginarlo.

Il campanilismo (pisani contro fiorentini, bergamaschi contro bresciani, friulani contro triestini etc.) viene sempre visto in senso molto negativo. Personalmente sono contrario a questa lettura, troppo seriosa, che non tiene conto anche degli aspetti goliardici. In che direzione va il vostro “Bisiac e no furlan”?

Ho vissuto gran parte di infanzia ed adolescenza a casa dei nonni materni. Lui era di Gemona, lei di Morsan di Strade, per cui parlavano in prevalenza Friulano. Bene. Mi credi che non so perché non sia riuscito ad impararlo? Snobistico distacco? Scarsa predisposizione a una certa fonetica? Innata pigrizia? Credo che la canzone ce ne possa fornire una spiegazione interessante. Riguardo al campanilismo come valore negativo in senso assoluto, concordo con te. Se la guerra si evita facendo il gioco della guerra, allo stesso modo penso sia esorcizzante e salutare fare il “gioco del campanilismo”, a patto che questi rimanga tale e non sfoci in qualche forma di “populismo esclusivista” pericolosa e deleteria. Mai come oggi il politicamente corretto sta dominando e guastando le arti con le sue commissioni composte da giudici incapaci di scorgere la bellezza di un’opera.

P.s: nella parte del pezzo in friulano, canta il grande Fabrizio dei Rive No Tocje.

Volpe russa, Sio Buck, Veci nevrotici. Sono invenzioni letterarie oppure vi siete ispirati alle storie di tutti i giorni della vostra zona?

Fino a qualche anno fa mi tormentavo affinché le canzoni aderissero ad un principio narrativo per cui tutto quello che raccontavo fosse realmente accaduto. Ora mi interessa di meno. C’è sempre un elemento di realtà, ma la verità è un’altra cosa. Essa genera da un incontro fra vissuto, immaginazione e cuore. Certo, l’immaginazione va controllata e non edulcorata, ma inseguire un biografismo esasperato può essere segno di cattiva letteratura.

Formazione che vince non si cambia. Oltre agli ospiti, di cui parleremo dopo, c’è stato un cambio alle chitarre da Alessio Marocco a Giovanni “Gioppi” Bertossi, che pare aver portato una certa dose di riffs sullo stile dei Rolling Stones….

Alessio aveva un dono davvero grande per la musica. Gioppi però possiede la spacconeria necessaria a suonare rock’n’roll, quell’aria licenziosa che fa sognare le ragazzine. Va da sé che rimandi ai Rolling Stones, a volte esplicitamente (Volpe Russa), altre in maniera velata. Davvero il chitarrista che ci mancava, tanto più che lui è giovane e noi sfioriamo quota quaranta.

Vi sentiti particolarmente legati a qualche canzone di Mulo de paese?

No me ricordo più’ ci piace molto e pare piaccia anche a diversi ascoltatori. Tratta proprio della fragilità dei legami: di quelli forti ma ciononostante mutevoli.  Relazioni che sembravano destinate a durare per sempre ma crollano miserevolmente di fronte alle difficoltà contingenti, all’opacità del quotidiano. Anche musicalmente è un bel pezzo, denso e sognante ma non meno tribale e ficcante negli incisi strumentali.

Pur sapendo di essere un po’ monotono, ti devo chiedere una cosa che avrai già ripetuto mille volte. Ci potete dare qualche vostro riferimento artistico del passato e del presente?

Il contributo degli Afroamericani alla musica per come la intendiamo oggi è imprescindibile e così, anche per noi che in fondo non primeggiamo in alcun genere o stile, tutto quel che proviene dagli Stati Uniti dai primi del Novecento in avanti è semplicemente inarrivabile e lo è soprattutto per la sua componente sensuale. Umori vaginali, sperma e lacrime: se non c’è tutto questo la musica è un funerale della carne. Ben vengano allora le urla di giubilo del reverendo Gary Davis, la follia infantile e dilagante di Screamin’ Jay Hawkins, i sermoni solitari di Son House. Passato? Presente? Che differenza fa’? Nell’eterno tutte le epoche si annullano.

Ho notato un ringraziamento a “Renatone Ray Persolja”, cosa ci racconti a proposito della vostra amicizia?

Lo seguivo con interesse nelle sue diverse incarnazioni (New Mortiz e Flexy Gang) e la volta che cercavamo un sostituto batterista per una data veneta, la scelta è caduta su di lui . Ha acconsentito e ci siamo trovati così bene che suona ancora con noi. Sarebbe anche un ottimo musicista da studio, ma ha lasciato la priorità al granitico Kuz (il batterista degli ultimi due dischi). È artista molto completo e raffinato, usa i piatti con estro e competenza, sa cantare e canta bene, ha ottime idee per la costruzione degli show dal vivo e un notevole senso dello spettacolo e del collettivo.

L’attività “live” nel corso di quest’anno ha subito un vero e proprio shock. E’ una situazione che certamente non giova a chi come voi deve promuovere l’uscita di un nuovo album.

Sono d’accordo ma ci siamo rimboccati le maniche e siamo riusciti a fare cinque concerti in poco tempo, a girare un video live su FriulTube, a partecipare alla diretta televisiva con Claudio Casorati sull’emittente padovana CafèTV24, a girare tre videoclip con canzoni prese dal nuovo disco e anche di promuoverlo con l’aiuto dell’ufficio stampa Synpress44 di Donato Zoppo e Francesca Grispello.

Avete qualche progetto per il futuro non ancora svelato?

Abbiamo intenzione di dare nuova linfa a brani registrati – male – nel passato per farli conoscere alle nuove generazioni di Sporcaccioni di tutto il mondo! Tassativa la partecipazione al disco di Dandy Bestia degli Skiantos, che oltre ad essere un bravissimo chitarrista è anche una persona umanamente nobile con cui non c’è bisogno di portar maschere.

Grazie Claudio, ciao, mandi, a presto.

Per seguire la Band ecco alcuni link:

www.isporcaccioni.it

www.lamormiononmuore.it

www.boogierecords.it

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