Eddi De Nadai © Foto Maniero

“Ogni scrittore, ogni uomo deve vedere in tutto ciò che gli accade, ivi compreso lo scacco, l’umiliazione e la sventura, uno strumento, un materiale per la sua arte, da cui deve trarre profitto.” dichiarava JL Borges, riferendosi forse anche allo scrittore inglese Saki, al secolo Hector Hugh Munro (1870-1916), di cui era profondo estimatore. Le due dispotiche zie con le quali crebbe, causa la prematura morte della madre, rappresentavano quella società inglese (ipocrita e costretta a ripetere ogni giorno i suoi rituali) da lui tanto detestata. Tra i pochi conforti dell’infanzia, la lettura ed i piccoli animali domestici. I racconti coi quali ridicolizzava l’Inghilterra edoardiana, mischiando satira, magia, elementi grotteschi e humor anglosassone, prefiguravano quel realismo magico di cui il sopracitato scrittore bonaerense fu sublime interprete.

È rimarchevole quindi che la rassegna PORDENONELEGGE si sia occupata della sua riscoperta sia per la qualità della opera (Il Saggiatore nel 2017 ne ha esaustivamente pubblicato i racconti), sia per il fatto che non ha goduto della fama di altri coevi scrittori ( H.G. Wells, G.B. Shaw). Il medium utilizzato nella sala Capitol di Pordenone, nella tarda mattinata di una soleggiata domenica 20 settembre, è stato il melologo, vale a dire la declamazione di un testo letterario, eseguita con un accompagnamento musicale. Protagonisti sul palco di fronte ad un pubblico “decimato” dalle norme anti COVID, il quintetto AltreVoci Ensemble completato dalla voce recitante di Martina Tinnirello, diretti da Eddi De Nadai, su musica del compositore Carlo Galante (un vero fan di Saki). La formula scelta per presentare (in prima assoluta tra l’altro) questo progetto non è facile, anche perché nella memoria dei più âgée di noi è legato ai vecchi tempi della radio, in cui l’assenza dell’aspetto visivo favoriva l’interazione tra musica e testo, lasciando spazio alla fantasia. Queste apparenti difficoltà sono state però bypassate dalla bravura dei giovani musicisti, che hanno dimostrato coesione e tecnica sopraffina, degna anche di più roboanti palcoscenici internazionali. Il nervoso violino, gli sprazzi jazzati di pianoforte, la profondità del violoncello, l’impertinente clarinetto ed il suono ancestrale del flauto hanno perfettamente accompagnato il testo, letto in maniera impeccabile da Martina Tinnirello, trasportandoci in una sorta di viaggio nel tempo (non stiamo parlando di realismo magico?) nell’Inghilterra di inizio Novecento, irrisa da Saki con il suo mirabile mélange di classe e sarcasmo. Significativo è, al riguardo il secondo dei tre racconti presentati, in cui il gatto parlante Tobermory mette alla berlina le ipocrisie della high society dell’epoca, che reagisce in maniera repressiva verso il progresso (in questo caso scientifico) da lui rappresentato, reo di turbare un’ ammuffito status quo. Tobermory è una delle tante nemesi dell’autore per denunciare quello che detestava e l’elemento fantastico è il giusto grimaldello per addentrarci nelle ipocrisie del genere umano. Se nel racconto del gatto parlante l’immaginario è palese, in La Lontra resta un’ipotesi, una causa probabile che fa accadere gli eventi che sconvolgono l’ordine borghese. Non è un inverosimile esperimento scientifico, come nel racconto precedente, ma è un elemento ultraterreno come la metempsicosi, che provoca vandalizza i beni dell’alta società edoardiana. Assieme alla protagonista restiamo in dubbio fino alla fine sul fatto se sia reale la trasmigrazione dell’anima di Laura in una dispettosa, irriverente e forse vendicativa bestia predatrice. Saki ha messo in definitiva in evidenza i paradossi della sua società e dell’esistenza umana in genere, evidenziandolo anche con la sua vita (il vero capolavoro di un artista secondo alcuni): ha lottato per criticare la sua nazione ed è morto durante la prima guerra mondiale per difenderla. Per mano di un cecchino tedesco, un suo simile, come Tobermory, vittima del gatto di (guarda caso) un prelato.

Tornando a Borges: La letteratura è l’arte che sa profetizzare quel tempo in cui sarà ammutolita.

Daniele Paolitti © instArt