La Trieste dei “buchi neri” – i luoghi incompiuti della città che segnano il gap fra pianificazione urbanistica e realizzabilità delle opere previste, tangibili “contraddizioni” o “implosioni” nello sviluppo ur- bano – sarà al centro del nuovo incontro pubblico promosso dalla Rete civica Un’altra città e in particolare dal Tavolo qualità dell’ambiente urbano e Porto vecchio, che si è costituito un anno fa e ha promosso nel dicembre 2019 l’evento “Porto vecchio impresa collettiva”. Appuntamento venerdì 21 febbraio alle 18 al Teatro Miela di Trieste per discutere insieme de “I Buchi neri e le strategie di sviluppo della città”, con l’obiettivo di condividere un aggiornamento sullo stato delle cose e restituire i contenuti dei tavoli di lavoro di dicembre, vere e proprie strategie per lo sviluppo della città. Al rovescio delle strategie ci sono invece i “buchi neri”: aree che rendono evidente e tangibile il declino urbano e che sono state mappate dalla nuova pubblicazione promossa da Un’altra città e curata dall’architetto Roberto DAmbrosi, “Buchi neri. Indagine sui luoghi incompiuti o abbandonati della città di Trieste”. Lo screening di questo Rapporto 2020 si prefigura di grande rilevanza per qualsiasi serio dibattito sul futuro della città. Sono 90 i “buchi neri” censiti e schedati, e ogni giorno si trovano sotto gli occhi di tutti, a Trieste: dalla Caserma di via Rossetti a Palazzo Parisi, dalla Rotonda Pancera a Palazzo Kalister in Piazza Liberta’ e Palazzo Carciotti, passando per il Campo Profughi di Padriciano, Piazzale Gretta, l’ex Ippodromo e l’ex Aci, il palazzo delle Ferrovie, via Udine, l’Urban Center, l’Autopark Belvedere, il Tram di Opicina e decine di altri siti progettati e abbandonati a se stessi, o mai definitivamente realizzati e per i quali ad oggi manca qualsiasi prospettiva di riconversione/rigenerazione urbana. Un elenco sterminato di opere, edifici e progetti, fino a coprire una superficie di oltre 850mila metri quadrati “sottratti” all’utilizzo pubblico (pari per estensione all’area del Porto Vecchio), e sottratti anche al pubblico dibattito nell’ottica di una visione prospettica della città. Ma nel corso dell’incontro si parlerà ancora e soprattutto del Porto vecchio: “perché – spiegano i promotori – i Buchi neri di Trieste ne rappre- sentano l’altra faccia. Si può sperare che la città sappia affrontare la riqualificazione meglio di come sta trat- tando i tanti Buchi neri presenti nei suoi quartieri? E si può lavorare affinché la riqualificazione del Porto vecchio sia un’occasione per ri-pensare anche a quei buchi neri e per attivare un processo di rigenerazione urbana di cui benefici tutta la città, rioni popolari e periferici compresi?”. Spiega infatti Roberto Dambrosi che “dopo l’analisi sui Buchi Neri, possiamo trarre alcune conclusioni anche in ragione del rapporto che si puo’ prospettare tra i luoghi del declino urbano ed il più grande dei Buchi Neri, il Porto Vecchio”.
L’incontro, presentato da Marcela Serli, sarà introdotti da William Starc che aggiornerà sullo stato di avan- zamento dei lavori. Il dossier sui Buchi Neri sarà illustrato da Roberto Dambrosi con Anna Laura Govoni e un contributo metodologico di Giovanni Fraziano. Subito dopo si aprirà, con Riccardo Laterza e Gaia Novati, il resoconto sui tavoli di lavoro dedicati alle strategie per lo sviluppo della città. Dagli 8 tavoli di lavoro avviati a dicembre, con la riflessione di centinaia di cittadini, sono emerse tre direttrici: Porto Vecchio come labo- ratorio per la sostenibilità e la qualità della vita cittadina, anche in risposta alla crisi climatica, a una maggiore accessibilità, a spazi pubblici di qualità; in chiave dialettica fra Porto Vecchio e sviluppo economico e pro- duttivo, in connessione con eccellenze cittadine come il sistema della ricerca e il mondo della cultura. E infine con la visione di Porto Vecchio quale ponte verso l’Europa e il Mediterraneo, spazio che ospita occasioni di incontro, confronto e cooperazione con mondi vicini e lontani, per riportare la città al centro di un’area vasta collocata tra Mediterraneo, Mitteleuropa e Oriente.
Tre linee guida di lavoro, per 3 domande precise che saranno rivolte all’amministrazione comunale: 1. Cosa si è fatto e cosa si vorrà fare per rendere il Porto Vecchio un’area autosufficiente dal punto di vista energetico, ridurre al massimo la mobilità inquinante e la produzione di rifiuti, rispondere con efficacia agli effetti della crisi climatica come l’innalzamento del livello medio delle acque e l’aumento di fenomeni climatici estremi? 2. Cosa si è fatto e cosa si vorrà fare per garantire che gli investimenti pubblici e privati sul Porto Vecchio generino un’occupazione di qualità, stabile e adeguatamente remunerato, in grado di rispondere alle aspet- tative di tante triestine e tanti triestini oggi senza lavoro, così come delle molte e dei molti, soprattutto gio- vani, che in passato sono state/i costrette/i ad emigrare altrove? 3. Cosa si è fatto e cosa si vorrà fare per coinvolgere istituzioni, enti, associazioni e operatori privati nel disegno del futuro del Porto Vecchio, anche su una scala transfrontaliera, considerato che l’area in oggetto è totalmente sproporzionata rispetto alle di- mensioni della città e potrà essere interamente recuperata solo nell’ottica di più forti relazioni tra Trieste e il suo entroterra naturale?