La storia insegna e farne memoria sarebbe una gran bella virtù. In un momento storico in cui a primeggiare è la tecnologia e il quotidiano appuntamento con i social, in una uggiosa domenica mattina novembrina, vedere una platea affollata e attenta assistere a una lezione di storia non può che suscitare ottimismo.
Le lezioni di storia adesso non si tengono più solo nelle aule scolastiche e universitarie, al massimo tra gli scaffali di una biblioteca o di una libreria. Il teatro Giovanni da Udine ospita anche per la stagione 2019/2020 un ciclo d’incontri denominato “Lezioni di Storia Festival – Romanzi nel tempo”, realizzato con la determinante collaborazione dell’Editore Laterza.
La lezione tenuta domenica scorsa dal prof. Giuseppe Barone, ordinario presso il Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali dell’Università di Catania, ha affrontato i temi legati all’Unità d’Italia con specifico riferimento alla sua nascita nella Sicilia descritta ne “Il gattopardo”, uno dei grandi capolavori della letteratura italiana firmato da Giuseppe Tomasi di Lampedusa (nel ’62 Visconti ne realizzò un indimenticabile opera cinematografica).
Con piglio determinato e brillante, Barone ha catturato l’attenzione dei suoi allievi/spettatori nel corso di un’interessante e, per certi versi, sorprendente lezione.
Ammesso il valore letterario del romanzo, lo storico, con metodo chirurgico, ha demolito stereotipi e pregiudizi ben lontani dalla realtà dei fatti accaduti.
Lo ha fatto analizzando il fondale storico del romanzo e in particolare focalizzando l’attenzione sulla spedizione dei Mille, mito positivo dell’Unità d’Italia e del Risorgimento.
Ci vuole poco a Barone per distruggere un mito come Garibaldi, che Tomasi di Lampedusa aveva descritto come l’autentica icona del Risorgimento. “Un mito – ha sottolineato – buono per tutte le stagioni della politica: dal fascismo, che le camice rosse le aveva fatte diventare nere, alla Resistenza fino a Craxi. I miti servono a riscaldare il cuore e Garibaldi fu soprattutto un grande comunicatore, consapevole di voler entrare da protagonista nella storia”. Sono tanti i riferimenti e i dati che il docente siciliano racconta per far comprendere ai suoi “allievi” che quella dei Mille non fu una spedizione spettacolare e romantica ma un’autentica guerra non dichiarata, copiosamente finanziata (in euro circa 800 milioni), che si avvalse di professionisti esperti, di mezzi potenti e non indenne da imbrogli, tangenti e sperperi. Tanto per fare qualche esempio: 60 mila cappotti acquistati e mai usati (visto il periodo maggio/agosto) poi venduti per poco ai contadini calabresi, 100 mila tute rosse venduta ai mercatini di Porta Capuana a Napoli. Fu proprio un friulano Ippolito Nievo, nel suo ruolo di tesoriere, a scoprire lo scandalo che avrebbe voluto denunciare ma che non riuscì nel suo intento perché vittima di un naufragio assai sospetto mentre su un piroscafo cercava di raggiungere Torino con i documenti che provavano imbrogli e tangenti della spedizione garibaldina.
Nella seconda parte della sua eccellente lezione, Barone ha confutato, sempre e rigorosamente con dati e fatti, la falsità dell’immagine di una Sicilia immobile. Ha evidenziato lo sviluppo dell’isola e dell’intero Mezzogiorno seguito all’Unità confermato in particolare dallo sviluppo della rete ferroviaria passata, in soli trent’anni, dai 23 chilometri della Napoli-Portici a 6.300.
In una lunga cavalcata, dal 1860 a oggi, Barone ha ripercorso le tappe di una crescita dell’Italia intera che, nel volgere di cento sessant’anni, ha saputo diventare l’ottava potenza industriale del mondo.
Il divario tra Nord e Sud, che uno stato solidale aveva sensibilmente ridotto, ha constatato, oggi sta riprendendo quota (nel 2017 si attestava al 45%).
Prima di concludere anche un accenno alla mafia pur se con l’Unità d’Italia c’entra poco. Un problema in realtà internazionale che si è trasformato da brigantaggio rurale a criminalità organizzata con la grande emigrazione dei siciliani negli Stati Uniti (tra fine Ottocento e inizio Novecento si stima 1 milione e cinquecentomila persone). “La mafia – ha concluso il professore – è stata combattuta da figli di questa terra che hanno pagato con la vita questa loro battaglia”. La foto di Borsellino e Falcone (il conosciutissimo scatto di Tony Gentile) proiettata alle sue spalle fa esplodere l’applauso incontenibile dal pubblico, un’autentica ovazione, cui il professore regala un’ultima sincera e appassionata riflessione. “Difendere la propria identità è importante ma, in un tempo di globalizzazione come quello in cui viviamo, ciò non sia motivo di chiusura ma di confronto e apertura al mondo”.
Nulla da aggiungere. O forse sì, solo un personale sentito applauso.
© Rita Bragagnolo per instArt