Per Moni Ovadia un ritorno a Udine che, a giudicare dalle presenze in platea e dal caloroso applauso finale, il pubblico ha gradito molto.
Il 15 novembre scorso, è andato in scena al Teatro Nuovo di Udine (stagione 2019/2020 – Tempi Unici) con il suo più recente lavoro “Dio ride Nish Koshe (tradotto dall’yiddish in un ironico “così così”).
Uno spettacolo nel quale la musica, naturalmente klezmer, guida riflessioni, letture e storielle (witz) venate di fine e ironico/autoironico umorismo ebraico.
Il lavoro segue la strada tracciata venticinque anni fa dal sorprendente “Oylem Goylem”, con il quale Ovadia si imposte definitivamente all’attenzione della critica e del grande pubblico.
Prodotto dal CTB Centro Teatrale Bresciano-Corvino Produzioni, “Dio Ride” vede Ovadia ancora una volta nel ruolo di autore, regista e interprete. A dare incisività e forza allo spettacolo è anche la trama sonora realizzata dal vivo dalla Moni Ovadia Stage Orchestra: Maurizio Dehò al violino, Luca Garlaschelli al contrabbasso, Albert Florian Mihai alla fisarmonica, Paolo Rocca al clarinetto e Marian Serban al cymbalon, tutti musicisti di provata tecnica e rara sensibilità.
Le luci del palcoscenico illuminano una sorta di zattera sulla quale prendono posto sei uomini, cinque musicisti e un narratore, arrivati dal buio del fondo sala con curiosi cappelli luminosi (scene, costumi ed elaborazione di immagini portano la firma di Elisa Savi, moglie di Ovadia).
La musica accompagna il canto, sottolinea le parole, racconta la tristezza e l’allegria, il male del passato e la paura di un suo possibile ritorno, nell’intolleranza che cresce e nei conflitti che qualcuno incita.
“Sono un agnostico – ha confessato in una recente intervista l’artista di origini ebraico-sefardita – che ha un profondo interesse per la spiritualità. Il titolo dello spettacolo viene da una narrazione del Talmud in cui alcuni maestri discutono su un punto della fede. Nel paradosso, nella libertà, Dio ride in quel frangente di se stesso, per essersi intromesso in quel confronto tra gli uomini».
Un suggerimento quindi, quello che viene fin dal titolo dello spettacolo, che conferma il riso quale migliore antidoto all’odio e al terrore, soprattutto un atteggiamento cui ricorrere per affrontare ogni cosa seria della vita.
Prova a scuotere le coscienze Ovadia nel suo narrare in costante equilibrio tra comicità e tragedia, parla di muri che continuano a separare gli esseri umani, grida al mondo la necessità di pace e giustizia.
Per farlo recita, canta e balla, in quel modo di vivere la scena tutto suo. Peccato per un’acustica non perfetta che ha sicuramente penalizzato la chiarezza e la potenza della sua voce soprattutto nella narrazione.
Il pubblico del Giovanni da Udine pare non averne risentito e alla fine non ha lesinato appalusi.
Rita Bragagnolo © instArt