Pronti, attenti, via! Si riparte allo Stabile di Trieste, per una stagione 2019-2020 che ci accompagnerà fino al prossimo maggio e che si preannuncia già imperdibile, tra grandi ritorni e nuove produzioni.

E l’avvio di stagione è già una novità, e per di più tutta “made in Trieste”. E’ andato in scena infatti “L’onore perduto di Katharina Blum”, coproduzione del Rossetti con gli Stabili di Napoli e Catania e diretto da Franco Però.

Dopo la preview a porte chiuse a cui abbiamo potuto assistere la settimana scorsa (QUI l’articolo) è stato finalmente possibile apprezzare lo spettacolo completo, in una sala Assicurazioni Generali gremita, attenta, entusiasta e -nota molto positiva- con moltissimi giovani in platea. La tensione da avvio di stagione è stata palpabile già prima che le quinte si aprissero, con molta attesa in platea; e certamente era presente anche sul palco, dove si sono notate alcune sbavature nella recitazione -soprattutto nella prima parte. Niente di grave ovviamente, e completamente giustificabile dal momento che lo spettacolo era alla prima assoluta e quindi necessitava ancora di quell’ultima fase di “rodaggio su strada”, quindi davanti al pubblico.

Da non sottovalutare, inoltre, la complessità della messa in scena, principalmente per due fattori. Per prima cosa, “L’onore perduto di Katharina Blum” è una piece molto corale, in cui c’è si una protagonista fortemente “dominante” ma al contempo per buona parte dello spettacolo tutti o quasi gli attori sono sul palco, spesso rappresentando diverse scene in parallelo. Cosa che fa crescere vertiginosamente la difficoltà nella gestione dei tempi della recitazione ed è quindi lodevole la buona sintonia già raggiunta dalla compagnia, sia quella di riferimento dello Stabile (Emanuele Fortunati, Ester Galazzi, Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Jacopo Morra, Maria Grazia Plos) che i due protagonsiti/guest star Elena Radonicich (Katharina) e Peppino Mazzotta.

La seconda difficoltà riguarda il tipo di narrazione scelta da Però e Letizia Russo (a cui è stato affidato l’adattamento del romanzo di Böll) e che alterna continuamente azioni messe realmente in scena ad altre solo raccontate dai protagonisti. Può capitare così -ad esempio- che Katharina prenda in mano un telefono, non alzi nemmeno la cornetta ma racconti a voce chi abbia chiamato e cosa si siano detti. Scelta interessante e che per buona parte dello spettacolo funziona, riuscendo a dare così risalto maggiore o minore ai vari particolari della storia. L’unica scena in cui questa scelta ha lasciato perplessi è quella dell’incontro tra Katharina e il giornalista Werner Tötges; ma per capire meglio il perché dobbiamo fermarci un attimo e tratteggiare alcune cose su questo personaggio.

Tötges è il giornalista senza scrupoli che per ottenere la prima pagina non esita a infangare il nome e l’onore di Katharina e di chi le sta attorno. È colui che più di tutti rappresenta il personaggio “negativo” della storia, eppure a conti fatti non si riesce ad odiarlo quanto meriterebbe. Certamente per la scelta di Riccardo Maranzana come interprete, attore dotato di una innata simpatia che non può evitare di trasmettere in parte al personaggio; e in secondo luogo perché tutte le azioni spregevoli di Tötges non vengono mai realmente mostrate, solo da lui raccontate al telefono parlando con il suo caporedattore. Ciò le fa rimanere “distanti”, non abbastanza “forti” da generare l’antipatia dello spettatore.

Torniamo quindi alla scena del suo incontro con Katharina. Avrebbe potuto essere un momento molto catartico, in cui finalmente si capisce quanto sia viscido Tötges (che, non contento di aver rovinato la vita a Katharina, cerca anche di sedurla). E invece questa catarsi ci viene negata, mostrando didascalicamente -e senza dialogo- solo la sua morte per mano della donna. Il suo comportamento durante l’incontro verrà raccontato solo in seguito da Katharina stessa, mentre sarà in carcere a scontare la pena per omicidio.

Star assoluta dello spettacolo -anche per il suo successo nazionale nel cinema e nelle fiction-, molta era l’attesa per Elena Radonicich. E possiamo dire che la sua è una promozione piena. Anche per lei alcuni piccoli inciampi ed incertezze nelle primissime battute ma va detto che il suo è stato un ruolo decisamente complicato: Katharina è infatti la narratrice principale della storia e si divide continuamente tra quei due tipi di narrazione di cui si è parlato prima. Saltando dall’uno all’altro senza soluzione di continuità e per diverse volte all’interno di una stessa scena. Senza dare quindi nessun tipo di pausa all’attrice. Da questo punto di vista la Radonicich ha fatto un lavoro molto generoso, risultando forse un po’ troppo frettolosa in alcune narrazioni (ma potrebbe essere un’esplicita scelta di regia) ma riuscendo a mantenere sempre chiari gli eventi recitati/narrati sul palco.

Ottimi anche tutti gli altri attori, che sebbene in alcuni casi compaiano solo per brevissimi tratti sono stati in grado di tratteggiare con efficacia i rispettivi personaggi. Buono il lavoro anche dell’altra “guest star”, Peppino Mazzotta, che nei panni dell’avvocato Hubert Blorna ha dato vita a un uomo forse un po’ troppo sensibile e vittima delle proprie emozioni (per il ruolo/mestiere che ha) ma proprio per questo fonte di grande empatia da parte del pubblico.

Un’ultima nota per quanto riguarda l’atmosfera generale dello spettacolo, che tratta sì temi drammatici e fortemente critici in quanto molto attuali (come il giornalismo possa creare vere e proprie macchine del fango; le fake news e la totale impotenza nel cercare di negarle) ma riesce a mantenere nonostante tutto una nota ironica, non del tutto pessimista, quasi “leggera”. Ed è così che nonostante tutto ciò che si abbatte su di lei, alla fine quello di Katharina da quasi l’impressione di un amaro “happy ending”, principalmente per il modo in cui nella scena finale il lato negativo (lei incarcerata) passi in secondo piano e ci si concentri su quello positivo: il suo amato libero, lei che a fine pena potrà riabbracciarlo. Mentre i veri perdenti, quelli a cui non vengono fatti sconti sono i Blorna, che si vedono la vita rovinata per davvero (costretti a cambiare lavoro, vendere casa e vivere in povertà) solo per aver cercato di aiutare Katharina. Allo stesso modo, l’apparente “cattivo” Tötges riceve la punizione che merita, mentre il politico Alois Sträubleder -che potrebbe vedere la propria carriera rovinata a causa di una liason con Katharina- trova il modo di uscirne indenne se non rafforzato, ed allo stesso tempo manda in disgrazia i Blorna, mostrandosi così come il vero “villain” della vicenda. Quasi come se in realtà in scena fossero state raccontate due storie parallele, dove quella a tinte più forti ha la conclusione più moderata, mentre quella maggiormente defilata sia stata il vero dramma.

Luca Valenta / ©Instart

NOTA: le foto a corredo di questo articolo fanno riferimento alle prove a porte chiuse. Non sono quindi presenti i costumi di scena che si possono ammirare durante lo spettacolo