Teatro Zancanaro, venerdì 05 ottobre: Maneggi e grasse risate per un matrimonio che s’ha da fare.

Incantevole colonna sonora tutta swing, dixie ed effetti rumoristici del maestro Juri Dal Dan e della funambolica, brillante Zerorchestra per la preapertura della 38° edizione delle Giornate del Cinema Muto di Pordenone al Teatro Zancanaro di Sacile.

Tra la città giardino della Serenissima e il Silent Film Festival esiste un legame consolidato e duraturo. La rassegna trovò ospitalità in riva al Livenza per ben otto anni mentre il teatro Verdi, sua sede naturale, subiva un radicale restauro. I frequentatori di lungo corso delle Giornate si ricordano bene di quella trasferta e delle dolci ore in riva al fiume tra un cicchetto e quattro chiacchiere in una delle tante osterie del centro aspettando le proiezioni allo Zancanaro o al cinema Ruffo, oppure visitando la Film Fair nell’ ex chiesa di San Gregorio.

Molta acqua è passata sotto i ponti da allora ma ancora, come ha detto giustamente fiero il sindaco, la prima proiezione dislocata a Sacile serve da potente innesco alla rassegna che poi può navigare tranquilla portata dal Noncello. Di certo guardare la bomboniera che è il Teatro Zancanaro scoppiare di appassionati in trepida attesa del film è ben augurante. La pellicola scelta per la preapertura non poteva essere più azzeccata.

What happened to Jones di William A. Seiter (Usa 1926) è una divertentissima commedia a sfondo matrimoniale che a distanza di più di novant’anni dalla sua uscita su grande schermo è ancora capace di portare gli spettatori giù nel vortice e nella vertigine delle grasse, saporite e golose risate. E’ una comicità ancora ingenua e quasi elementare ma che diventa sublime se confrontata con la nostra che sembra aver sempre bisogno della corruzione dei registri bassi e volgari per suscitare anche il minimo sorriso.

In sala era presente anche Kimberly Pucci nipote del brillante attore protagonista Reginald Denny vero mattatore dell’epoca, classico attore di Hollywood, bello e divertente quello che anni dopo sarà Cary Grant. What Happened to Jones anticipa molti temi della successiva screwball commedy, la commedia sofisticata, sentimentale e rosa, tutta doppisensi, frenetici tempi comici, inseguimenti e travestimenti bizzarri (Mancia competente di Lubitsch o Susanna! di Hawks, per esempio).

La trama racconta della turbolenta ultima notte da scapolo di Tom Jones ragazzotto provinciale che sta per sposare la bella figlia di una ricca famiglia cittadina. Ragazze, non sposate un provinciale e tanto meno trasferitevi in provincia per amore! Con questa esortazione si apre la pellicola e alle prime scene familiari segue immediatamente una corsa a rotta di collo che sembra non doversi interrompere mai. Un frizzante addio al celibato che ad un certo punto vede l’intervento della forza pubblica. Il promesso sposo dovrà fuggire inseguito dai poliziotti, per le strade di tutta la città, per finire a nascondersi dentro un centro estetico femminile tra urla delle corpulente clienti e insopportabili saune, servette compiacenti e prezzolate, pronte a qualunque inganno, travestimenti da donna, scherzi da prete.

Jones per il rotto della cuffia riesce a superare tutti gli ostacoli in un forsennato crescendo ma la ricca famiglia all’ultimo momento decide di dare in sposa la sua giovane promessa ad un cicisbeo che la insidiava. Jones naturalmente riesce nell’impresa e tutti vissero felici e contenti. Non ci si deve aspettare troppo dalla trama ma il film è piacevolissimo e autenticamente comico.

Giù nella buca dell’orchestra Juri dal Dan e gli altri eccezionali musicisti hanno dato il meglio eseguendo un accompagnamento musicale che non è mai semplicemente un commento didascalico e pedissequo ma un’opera d’arte che si affianca alla pellicola seguendone snodi narrativi, tempi comici, calembour, capitomboli. Senza alcuna soggezione o reverenza, il compositore e i musicisti sono perfettamente consci del valore della loro arte che da decenni si cimenta con i capolavori del muto ma conservano ancora la caparbia ambiziosa umiltà (si perdoni il paradosso) di mettersi sempre e comunque alla prova.

  • Teatro Verdi di Pordenone, sabato 06 ottobre: La lanterna di Diogene e la margarina scandinava.

Splendide sorprese anche nella giornata ufficiale d’inaugurazione del festival. Nell’attesa dell’inaugurazione ufficiale, già nel pomeriggio sono iniziate le proiezioni di preziose pellicole. Intenso The Woman under Oath di John M. Stahl (Usa 1919) tutto incentrato sui dubbi dell’unica componente femminile di una giuria che sta per condannare un presunto omicida che, solo grazie alle esitazioni e alla caparbietà della donna, sarà scoperto innocente e salvato dalla sedia elettrica. Un procedural movie spesso claustrofobico ma magistralmente ideato e congegnato, di certo avvincente.

Impagabile anche l’omaggio all’attore e regista francese Gabriel Maximilien Leuvielle in arte Max Linder, prima grande maschera comica del cinema di respiro internazionale che Charlie Caplin vedeva come proprio maestro. Irresistibile ed esilarante, con la sua recitazione tutta sopra le righe da ricco gagà borghese parigino, sempre beffardo e spericolato col suo cappello a cilindro, bastone, guanti bianchi e baffetti da sparviero. Sorprendente la sua Slapstick commedy, Max comes across (Max in America) del 1917 che testimonia la sua popolarità oltreoceano e che ha tematiche del tutto surrealiste. Alcune sequenze sono degne di Buñuel o Salvador Dalì che, a volte, guardavano proprio al suo cinema come ispirazione delle loro fantasmagorie. Di certo sembra un modello di queste ultime quella che vede Max Linder e un suo compagno di sbronze, completamente ubriachi, attaccare al contrario un cavallo al calesse facendolo trottare a marcia indietro per tutta la città tra lo sconcerto dei passanti. Una trovata talmente sconcertante nella sua semplicità e straniante da sembrare tratta da Un chien andalou.

In prima serata il festival è stato inaugurato ufficialmente con le immagini del sublime Thee Kid (Il Monello) di Charles Chaplin (Usa 1921) con accompagnamento dell’Orchestra San Marco di Pordenone diretta da Timothy Brock che ha eseguito la partitura originale scritta dal genio Chaplin che, come ben sappiamo, oltre che incredibile attore e regista era un ottimo compositore. Al film dedicheremo a tempo debito un necessario approfondimento.

Dopo che il grande pubblico dell’inaugurazione era defluito festante e appagato dallo straordinario spettacolo, gli appassionati cinefili si sono riappropriati della sala per assistere al programma di seconda serata fino a tarda ora che ha regalato ancora sorprese indimenticabili. Parte integrante del programma sono le proiezioni dedicate ai filmati pubblicitari d’epoca. Eccezionale il cortometraggio nel quale il filosofo greco Diogene con la sua lanterna cerca nei millenni l’uomo e il Rex in grado di essere la vera luce dell’umanità (Rex, ciò che Diogene cercava e ciò che trovò di Dalseg, Norvegia 1923) Dopo un viaggio nella storia che lo porta a conoscere Alessandro Magno, Nerone e Napoleone trova la vera luce in una moderna città della Norvegia quando assaggia la Margarina Rex spalmata sul pane. Di pari livello la storia che magnifica le virtù del detersivo svedese Triton o del sapone estone Lux. Una dimostrazione che le trovate dell’odierno marketing e certe assurdità della pubblicità commerciale non sono certo una novità.

© Flaviano Bosco per instArt