Gran pienone di pubblico ieri sera all’ex convento di San Francesco a Cividale per l’esibizione, nell’ambito dell’edizione 2019 del Mittelfest, del pianista croato Ivo Pogorelich che ha proposto un lungo programma, proposto stranamente-per un pianista del suo calibro- non a memoria, che va da Bach a Ravel passando per Beethoven e Chopin, quasi a compendiare, e mostrare, la sua grande versatilità. Il concerto inizia quindi con la Suite inglese n. 3 in sol minore BWV 808 di Johann Sebastian Bach, una composizione scritta probabilmente a Cöthen fra il 1717 e il 1723, si suppone su commissione di un ricco inglese. Il tocco di Pogorelich risulta fin dall’ascolto delle prime battute del Preludio che apre questo gioiello come la miglior traduzione sul pianoforte, strumento che non esisteva ai tempi di Bach, del suono del clavicembalo. Esso è infatti secco, conciso, privo di fronzoli ed estremamente adatto a evidenziare le delicate trame del periodare bachiano, così basato su procedimenti imitativi fra le voci. Tale secchezza di suono non impedisce però a Pogorelich una grande espressività. Sa essere espressivo ove serve, vedi la Sarabanda, e sa caratterizzare con grande gusto le singole danze della Suite. Esplica, sempre, una politezza tecnica che rende il discorso bachiano chiaro e trasparente come sul clavicembalo.
Il primo tempo del concerto si conclude con la Sonata per pianoforte n. 11 in si bemolle maggiore op. 22 di Ludwig van Beethoven, un lavoro scritto fra il 1799 e il 1800.
Qui possiamo ammirare un Pogorelich che fin dall’Allegro con brio mostra un suono caldo e generoso e un’intenzione espressiva molto più evidenti che in Bach. Il suo è un Beethoven sanguigno, dai grandi contrasti tematici, ma ancora legato a quel mondo classico, cui il genio di Bonn sente di appartenere ancora, soprattutto nel Minuetto e nel Rondò, allegretto che chiudono la composizione. Il pianismo di Pogorelich dà conto di queste apparenti contraddizioni, con un tocco potente e cangiante, capace d’introspezione psicologica e di grandissima espressività.
La seconda parte del concerto inizia con una dedica a Fryderyk Chopin, del quale Pogorelich esegue la Barcarolle op. 60 e il Prelude in do diesis minore op 45. Il suo Chopin, ancorché perfetto dal punto di vista tecnico, lascia un po’ all’asciutto perché lo stile pianistico è un po’ troppo percussivo, mentre invece andrebbe cantato di più, soprattutto nella Barcarolle. Si tratta comunque di un’esecuzione eccellente che viene molto applaudita dal pubblico-
Si chiude con un autentico capolavoro pianistico: Gaspard de la nuit di Maurice Ravel.
Qui escono tutte le qualità che hanno reso famoso Pogorelich: il tocco, l’estrema pulizia tecnica, la gamma dinamica enorme, l’espressività. Le sonorità vanno da un pianissimo appena udibile a un fortissimo che fa tremare lo strumento, la velocità varia da momenti di estatica sospensione nel giro pochissime battute…insomma, un Ravel di grande virtuosismo reso con una nonchalance degna di autentico artista del pianoforte.
Alla fine, un uragano di applausi travolge Pogorelich assieme a ripetute richieste di bis, che però, il concerto a questo punto è durato più di due ore, non arriva.
© Sergio Zolli per instArt