I colori dell’Europa hanno fatto da sfondo all’esibizione dell’European Union Youth Orchestra (EUYO), diretta dal giovane Vasily Petrenko, davanti ad un foltissimo pubblico l’altra sera al Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Essi comparivano sulle fusciacche che ornavano i vestiti delle ragazze dell’orchestra, per il resto tutte rigorosamente in nero. Ma, simbolicamente, anche sui visi dei componenti dell’orchestra, tutti rigorosamente fra i sedici e ventisei anni, che rappresentano la parte migliore dell’Europa, splendidi ambasciatori culturali dell’Unione Europea.
Interessante il programma, tutto dedicato alla musica russa e che inizia con la travolgente ouverture dell’opera Ruslan e Ljudmila di Michail Glinka, che ci dà subito l’idea delle capacità timbriche di questo complesso e dell’abilità direttoriale di Petrenko per come esaltano lo spirito vitalistico di questa bella pagina. Vitalità contrastata dialetticamente dall’atmosfera romantica del successivo brano, Zdes’khorosho – n. 7 tratto dalle Dodici liriche op. 21 di Sergej Rachmaninov, in cui possiamo anche ammirare la bella voce del soprano Natalya Pavlova.
Il primo tempo del concerto si conclude con la Polacca e la Scena della lettera tratti dall’Evgenij Onegin di Pëtr Il’ic Čaikovskij. Al carattere marziale, squadrato della polacca, si contrappone il travaglio interiore della scena della lettera, in cui la protagonista, Tat’jana, si decide a dichiarare per lettera il proprio amore a Onegin. Un brano che presenta ben diciotto indicazioni agogiche per indicare il tumulto di sentimenti che agita la bella Tat’jana e che l’altrettanto graziosa Natalya Pavlova riproduce con accorata partecipazione e grande musicalità. Il suo splendido smalto vocale ed il suo perfetto fraseggio sono sostenuti da un’orchestra che, sotto il magistero di Petrenko, asseconda con grande equilibrio le evoluzioni della splendida voce di Natalya. Il successo è clamoroso e la cantante deve rientrare sul palco almeno cinque volte e, sollecitata dagli applausi, concede un bis pucciniano con O mio babbino caro, tratto da Gianni Schicchi di Puccini.
La seconda parte della serata è interamente occupata dall’esecuzione della Sinfonia n.10 in mi minore op.93 di Dmitrij Šostakovič. Lavoro scritto nel 1953 dopo la morte di Stalin e a otto anni dalla nona, la decima sinfonia rappresenta il ritorno di Šostakovič a questo tipo di composizione che gli permetteva di riproporre quella sua concezione beethoveniana della musica, basata su acuti contrasti tematici. In effetti, il primo tempo di questo capolavoro, il Moderato, parte da un tema grave esposto dai violoncelli e dai contrabbassi al quale si contrappone un secondo tema melodico affidato ai clarinetti ed infine un terzo , una specie di tragico valzer. Insieme, danno luogo ad uno sviluppo ricco di contrasti com’è nello spirito di Beethoven. Al Moderato segue un Allegro di grande vitalità ritmica, un Allegretto che è quasi una danza di stampo čaikovskiano ed infine un Moderato Andante contraddistinto da una luminosa brillantezza.
L’esecuzione di questo capolavoro lascia gli spettatori senza parole tanto è perfetta. I passaggi dei soli (e sono veramente tanti) sono eseguiti con assoluta perfezione ritmica e tecnica. Il suono dei tutti gli strumentisti e delle varie sezioni è sempre bellissimo. E Petrenko è bravissimo nel trascinare l’orchestra, che risponde con estrema prontezza al suo bellissimo gesto direttoriale.
Alla fine l’entusiasmo del pubblico è incontenibile e viene premiato con l’esecuzione di ben due bis.
© Sergio Zolli per instArt