Programma nel segno di Robert Schumann quello che ha presentato al Teatro Bon di Colugna il duo formato dalla violinista tedesca Carolin Widmann e dal pianista ungherese Dénes Várjon.

Schumann che apre la serata con la Sonata n. 1 per violino e pianoforte in la minore Op. 108, connotata fin dalle prime battute  Mit leidenshaftlichem Ausdruck (con un’espressione appassionata) da un tema fortemente lirico che informa di sé tutto il movimento. Qui si viene immediatamente colpiti dalla potente cavata di suono della Widmann, ma anche dalla sua rotondità e bellezza e dal suo fraseggio sciolto e fluido. La cosa che colpisce di più nel corso di questa esecuzione, però, è l’intesa che i due musicisti hanno e che si esprime nel fare i crescendo e i diminuendo con la stessa intensità e in perfetta sincronia, fare gli attacchi allo stesso modo, adottare gli stessi colori….in una parola, avere un comune pensiero musicale. Tecnicamente parlando, una grande intesa. E qui si sente veramente cosa significhi fare musica da camera: non suonare curando narcisisticamente il proprio suono, ma suonare tenendo presente ciò che fa l’altro in quel preciso istante. Solo anni di lavoro insieme e una grande intelligenza musicale portano a questo. E questi due musicisti hanno questa dote.

La loro esecuzione è assolutamente emozionante come si può osservare nella cesellatura dei temi dell’Allegretto e nel successivo Lebhaft (Vivace), dove la loro tecnica permette un’esecuzione a dir poco trascinante.

Il successo di questa prima sonata è straordinario e ad essa segue l’esecuzione della Sonata n. 3 per violino e pianoforte in sol minore L 148 di Claude Debussy. Qui entrambi i musicisti sanno calarsi nell’etereo mondo di Debussy con una proprietà di linguaggio assolutamente inconsueta, con un’accurata lavorazione delle cellule melodiche che caratterizzano l’iniziale Allegro vivo, mentre nel successivo Intermède. Fantasque et légere ne esaltano lo spirito improvvisativo e burlesco fino al turbinìo del Finale Trés animé.

Grandi applausi salutano la fine della prima parte della serata.

La seconda parte si apre sulle note della Sonatina per violino e pianoforte dello sconosciuto Sandor Veress, un musicista ungherese dissidente che emigrò in Svizzera, il cui modulo compositivo si basa su melodie popolari rielaborate contrappuntisticamente. Bravi i due ad evidenziare la struttura e il fluire melodico di questo complesso lavoro.

Il concerto si chiude con l’emozionante Sonata n. 2 per violino e pianoforte in re minore “Grosse Sonate” op. 121 di Robert Schumann. Emozionante per il respiro sinfonico della sua scrittura, ma anche per l’esecuzione dei due virtuosi perché qui vengono esaltate le caratteristiche esecutive già notate durante la prima delle due sonata schumanniane, bellezza del suono (di entrambi, ovviamente), perfetta intesa musicale, grande musicalità. Dal Ziemlich langsam. Lebhaft (piuttosto lento. Vivace) che apre questo capolavoro al Bewegt (si muove) che lo chiude, è un susseguirsi di ammirata emozione per due artisti che sanno calarsi con tale raffinata  bravura nel complesso mondo della musica di Robert Schumann. Emozioni che si sciolgono in grandi e prolungati applausi finali, ricambiati da un bis con l’Intermezzo della terza sonata di Schumann.

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Sergio Zolli © instArt