Rifare oggi un film (Mary Poppins) che fu già un capolavoro assoluto nel lontano 1965 potrebbe sembrare un’operazione insensata. Eppure alcuni produttori americani, fiutando l’affare, hanno convinto l’ex ballerino e coreografo Rob Marshall a tentare la difficile impresa, dopo più di mezzo secolo. Così il remarke diventa un sequel (Mary Poppins returns) e la stravagante tata (Emily Blunt) ritorna dopo venti anni in Viale dei Ciliegi a Londra per aiutare la famiglia Banks come sempre nei guai. Nel pensare il nuovo film, allo sceneggiatore David Magee si è presentato subito un grosso problema: come accontentare gli spettatori un tempo bambini che tanto avevano amato la prima Mary Poppins? Semplice! Mettere insieme un finto sequel: le sequenze sono le stesse ma adattate nel contesto degli anni 30, in piena depressione economica. Al posto di mister George ora c’è il figlio Michael, rimasto vedovo con tre bambini e impiegato nella stessa banca del padre, ma a tempo determinato. La sorella Jane è zitella e sindacalista, mentre la mamma era una femminista tutta pepe. La tata è copia-incolla della precedente, ma con un look diverso. Gli spazzacamini non ballano più sui tetti di Londra, ora ci sono gli addetti all’accensione che volteggiano in mezzo ai lampioni a gas. I viaggi nel mondo fantastico delle animazioni dominano ancora la scena e il bizzarro zio Albert lascia lo spazio alla cugina Topsy (una scatenata Meryl Streep). Insomma sono cambiate le facce ma la trama è la stessa, così non si scontenta il pubblico dei nonni che accompagnano i nipoti al cinema. Ma i bambini di oggi che ne pensano? Mi dicono che nelle sale gremite sotto Natale scappa qua e là qualche sbadiglio. Per forza! Non si sentono più certe parole magiche come “supercalifragilistichespiralitoso” o motivetti indimenticabili come “Basta un poco di zucchero e la pillola va giù”. Nella versione di “Mary Poppins 2018” di zucchero ce n’è in abbondanza ma usato sempre in modo sentenzioso. Il musical impazza, gli effetti speciali in digitale frastornano, ma la speranza di un futuro migliore nella Londra degli anni 30 è minata da un senso di precarietà. Persino il cinico direttore della banca viene licenziato e nel finale i protagonisti non fanno volare gli aquiloni in aria ma loro stessi sono sollevati goffamente verso il cielo dai palloncini colorati distribuiti da una incartapecorita Angela Lansbury, la novantaduenne signora in giallo. In conclusione “Mary Poppins returns” sa troppo di minestra riscaldata. E poi tutte quelle comparsate di pochi minuti (Meryl Streep, Angela Lansbury, Dick Van Dyke) rimandano ad una operazione commerciale pensata a tavolino.
© Marcello Terranova per instArt