Teatro esaurito fino alla terza galleria e pubblico in tripudio.

Niente di strano infondo se il protagonista del palcoscenico è Massimo Ranieri, capace di dare vita a uno show in cui ha dimostrato ancora una volta, tutto il suo talento e la sua ineccepibile professionalità. 

Sogno e son desto 400 volte” è il titolo dello spettacolo visto al Teatro Nuovo di Udine (organizzazione Azalea), ideato e scritto dallo stesso Ranieri con Gualtiero Peirce, che è riuscito a incantare, coinvolgere e divertire una platea intergenerazionale, a netta prevalenza femminile e inaspettati giovanissimi fans come Vittoria, 9 anni, in prima fila con mamma e papà, che a Ranieri è riuscita a strappare complimenti e una carezza.

Ranieri, che di anni ne ha 68 (è nato a Napoli il 3 maggio ’51), ha esibito una forma invidiabile e una voce assolutamente unica. Meravigliosa. Mai un cedimento, mai un’incertezza.

Non a caso era stato proprio il talento per il canto ad aprirgli la strada del successo anche se poi, poco più che ventenne, decideva di mettersi alla prova con il mestiere dell’attore. Ha lavorato con grandi nomi del teatro e del cinema italiano: da Giorgio Strehler a Vittorio De Sica, da Mario Scaparro a Giuseppe Patroni Griffi ottenendo unanimi consensi. Un attore che canta o un cantante che recita: Massimo Ranieri ha vissuto la maggior parte della sua carriera su un doppio binario, concedendosi parentesi anche per la conduzione televisiva e il doppiaggio.

Sorretto da un simile background l’artista partenopeo riesce ancora a giganteggiare nell’asfittico attuale panorama musicale italiano. Per chi ama cantare e vuole imparare a farlo bene, più che un talent televisivo consiglierei di ascoltare almeno una volta Massimo Ranieri!

Sul palcoscenico del Giovanni da Udine ha cantato, recitato, raccontato aneddoti e vicende personali. Abito elegante, unica concessione degli sfiziosi calzini fucsia, una vitalità esuberante e sorriso d’ordinanza. Non sta mai fermo, padroneggia la scena ben assecondato da una band dal suono compatto e pulito. Gioca facile quando snocciola successi senza tempo come “Vent’anni”, “Se bruciasse la città”, “Erba di casa mia”, “Rose Rosse” e “Perdere l’amore” (cantata in coro dall’intera platea!).  Si diverte come un bambino quando approccia la canzone napoletana da “Macchietta Quagliarulo se ne va (Pamela)” a “Pigliate ‘na pastiglia”, da “‘O Marenariello” a “‘O sarracino”. Rilegge da manuale “Resta cu’mme”, non facendo rimpiangere l’immenso Domenico Modugno, e interpreta in maniera struggente “La voce del silenzio”. Meno scontata è la scelta del brano di Charles Aznavour di cui interpreta “Quel che si dice (Comme ils disent)”: un testo che tocca in maniera esplicita il tema dell’omosessualità. Scelta coraggiosa, attualissima di cui riesce a trasmettere tutto il sentimento, la poesia e il pubblico apprezza.

Come detto Ranieri alterna le canzoni al racconto e alla recitazione. Le storie e gli aneddoti divertono, i testi di Shakespeare e Prezzolini emozionano e colpiscono.

Applausi a scena aperta anche quando il sipario si chiude. La platea lo reclama e lui torna per un saluto finale sulle note struggenti di “Anema e Core”. La voce, dopo oltre due ore di show, è perfetta. Chapeau!

Scontato ma doveroso dirlo. Gli assenti anche questa volta hanno avuto torto.

Chi volesse recuperare, sappia che Massimo Ranieri ha annunciato il suo ritorno a Udine per marzo 2020. Uomo avvisato….

 © Rita Bragagnolo per instArt