Concerto molto atteso dai fan che hanno gremito gli spazi della prima serata della manifestazione Sexto’nplugged. La trepidazione s’avvertiva nell’aria già dal primo pomeriggio quando i fan, prima alla spicciolata e poi in massa, hanno cominciato a riempire il cortile interno dell’abbazia di Santa Maria in Silvis.

Quello che il festival ha saputo, ancora una vota, proporre al pubblico è lo straordinario incontro con un’autentica leggenda della musica, in una dimensione, quella del concerto completamente acustico, se non totalmente inedita, almeno inconsueta. L’esperimento è decisamente riuscito di nuovo, anche se non tutto è andato per il verso giusto.

L’esibizione di Billy Corgan, splendido musicista e leader degli Smashing Pumpkins, è stata preceduta da alcuni brani, interpretati in solo, chitarra e voce, dalla cantautrice di origine australiana, naturalizzata americana, Katie Cole.

Collaboratrice di Corgan da diversi anni, tanto da aver fatto da spalla in alcune sue tournée e aver suonato per un breve periodo il basso negli Smashing Pumpkins, è attualmente tastierista della formazione ufficiale. Come solista ha inciso alcuni album di quello che lei stessa definisce Country pop, acoustic, indie. Certo possiede una voce chiara e cristallina molto folk americano ma davvero poco altro. Con una battuta, lei stessa si è detta stupita di avere l’onore di aprire i concerti di Corgan, non si capacita proprio di quello che veramente resta un mistero anche per chi ha avuto la dimenticabile possibilità di ascoltarla dal vivo.

Tutto questo mentre un drone riprendeva tutto dall’alto e gran parte del pubblico, giustamente, sembrava più interessato a godersi le libagioni del chiosco e a conversare amabilmente. A qualcuno comunque il prologo country folk dev’essere piaciuto perché la chitarrista si è presa qualche buon applauso. I gusti non si discutono

William Patrick Corgan, salutato da un’autentica ovazione è salito sul palco alle 21,29 precise ed ha inanellato uno dopo l’altro ventiquattro brani divisi in due set alternandosi alla chitarra acustica e al piano verticale. Nella prima parte ha eseguito diverse canzoni del suo album solista di imminente uscita, naturalmente sconosciute al pubblico presente che è parso comunque gradire non poco.

Nella seconda sezione del concerto hanno, invece, avuto largo spazio le hit degli Smashing Pumpkins cantate a memoria da tutti i presenti alcuni dei quali commossi fino alle lacrime. Su tutto ha dominato la voce particolarissima e intensa di Corgan che, con grande espressività, ha interpretato brani di un repertorio lungo trent’anni meritandosi applausi e consensi.

A parte i brani più noti, ha emozionato moltissimo la meravigliosa cover di Wish You Where Here dei Pink Floyd eseguita al pianoforte. Nel 1996 Corgan la suonò alla chitarra insieme a David Gilmour e Richard Wright quando il gruppo inglese fu inserito nella Rock and Roll Hall of Fame.

Tributati i giusti onori ad un grande professionista del rock e alla sua immensa creatività e talento che ci ha regalato capolavori come il mai troppo lodato album Mellon Collie and the Infinite Sadness (1995); bisogna anche essere sinceri fino in fondo e dire che non tutto è stato rose e fiori. Nel magnifico bouquet di questo concerto c’era più di qualche spina e non tutto è filato liscio come l’olio. È il caso di spiegarne il motivo anche partendo da lontano.

La nonna di Billy Corgan raccontava sempre che il momento più bello della sua vita fu quando il treno sul quale viaggiava la stella del cinema muto Lilian Diana Gish passò per la stazione del suo minuscolo, sperduto villaggio dell’America profonda. Proprio a questo aneddoto fa riferimento il titolo del primo album degli Smashing Pumpkins del 1991, per l’appunto Gish.

Le travagliate vicende familiari di Corgan (divorzio dei genitori e proprio, scomparsa di familiari, malattie e disgrazie varie) hanno sempre avuto un impatto profondo sulla sua musica, lo dimostra, tra le altre, la canzone Spaceboy dedicata al fratello Jesse affetto dalla sindrome di Tourette, uno dei momenti più toccanti dell’intera serata.

Ne è passato di tempo da quei primi furori; sono passati il Post-punk, il Grunge, l’Alternative, l’Acid rock, quando Corgan si sentiva un ratto in una gabbia e gridava I don’t live, I inhale, incarnando tutto il disorientamento e la disperata solitudine di una generazione a cui sembrava di avere tutto il proprio futuro alle spalle.

Molti di quei ragazzi, coetanei del cinquantenne Corgan, erano all’abbazia di Sesto al Reghena a sentirlo ancora una volta in concerto. Molte cose sono cambiate da allora, in generale ci sono molti meno capelli in testa per tutti, compreso il cantante, e addomi non più scolpiti a tartaruga ma morbidi per le troppe birre.

Tra il pubblico anche molte ex ragazze degli anni ‘90, sempre bellissime ma certo non più nel Tempo delle mele. C’erano poi le giovanissime del revival indie-punk in divisa darkeggiante con i tatuaggi d’ordinanza, il viso pallido, tirato e gli anfibi allacciati fino al ventesimo foro anche in piena estate con 35 gradi. Un bel pubblico, insomma, molto variegato che comprendeva vecchi rocker stagionati, ragazze selvagge ma anche splendide mamme che placide allattavano al seno i loro piccoli e ancora splendidi atleti da bancone impegnati nella loro attività sportiva preferita: il sollevamento calici. Insomma, come sempre: I know it’s only rock’n’roll but I like it, like it, yes, I do.

D’altronde una hit del primo album solista di Corgan recita All Things must change ma paradossalmente se vogliamo che tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi come dice Tancredi ne Il Gattopardo di Tommasi di Lampedusa

Una cosa che di certo non è cambiata è il caratteraccio del leader degli Smashing Pumpkins che, durante l’esibizione di Sesto al Reghena, ha dato sfoggio di tutta la sua insofferenza per alcune piccole intemperanze di una parte del pubblico che aveva usufruito abbondantemente del chiosco interno delle birre, come dicevamo più sopra. Il chitarrista si è dimostrato fin da subito infastidito perfino dagli insetti e dai rumori ambientali.

Che non fosse dell’umore giusto lo si è capito fin dai primi brani suonati imbracciando la chitarra, più di una volta, infatti, si è fermato intimando il silenzio agli avventori del chiosco, muniti di regolare biglietto, che in realtà non stavano facendo niente di così molesto se non godersi la serata e il concerto dissetandosi.

Da un’arena estiva, anche se nel cortile interno di un’antica abbazia, non si può certo pretendere il religioso silenzio; un professionista come Corgan dovrebbe saperlo. Lui, invece, più indispettito che mai, di quando in quando, continuava a sferzare il pubblico con battute salaci di un umorismo tutto suo: E’ vero, voi siete italiani non riuscite a stare zitti un momento, dovete sempre parlare oppure Quelli la dietro magari pensano che sul palco ci sia Moby e aspettano uno dei suoi brani più famosi, magari dopo lo faccio e ancora Voi tutti ridete alle mie battute ma il fatto è che non sto scherzando per niente ed altre amenità del genere che come ha detto lui stesso Fanno tutte parte dello show…contento lui.

Forse si faceva sentire la sua grande passione per i combattimenti di Wrestling, ruvidi e sanguigni, durante i quali spesso gli atleti aggrediscono verbalmente il pubblico in modo arrogante e spavaldo per caricarlo e saggiarne la reattività.

L’Abbazia di Sesto è un luogo davvero meraviglioso per la musica, ha un fascino e un incanto unici. Lo slogan scelto dalla manifestazione: Quando un luogo determina la musica, è assolutamente perfetto e ricchissimo di suggestioni. Corgan, da grandissimo artista qual’è, ha sempre indagato, attraverso le sue canzoni, i lati più oscuri e tenebrosi dell’esistenza riuscendo, attraverso la musica, ad affrontare gli orridi abissi della depressione e del male di vivere, alcuni affreschi contenuti nel complesso abbaziale rispecchiano pienamente i medesimi sentimenti notturni e malinconici.

Basta citare uno di quelli quattrocenteschi che fanno parte del ciclo attribuito ad Antonio da Firenze che è una complessa meditazione sulle realtà ultime e sulla morte. È il cosiddetto Incontro dei tre re con i tre morti. I tre sovrani, raffigurati nel momento del loro massimo vigore, cavalcando nel bosco si imbattono in tre bare con cadaveri in vario stato di decomposizione Sono loro stessi in un prossimo futuro. È uno dei tanti Memento mori (ricordati che devi morire) di quell’epoca, un’esortazione a guardarsi dalle glorie terrene riflettendo sulla nostra situazione transitoria di poveri mortali. È molto probabile che Corgan, i cui camerini sono stati allestiti proprio in alcune sale affrescate della foresteria dell’abbazia, abbia dato un’occhiata ad alcune di quelle strane figurazioni, magari anche quelle del meraviglioso Giudizio Universale.

Non si pensi che questa sia semplicemente un’insensata divagazione storico artistica, il tema della giovinezza che in uno stillicidio inarrestabile di giorni si trasforma in vecchiaia, il confronto con la morte, l’abbandono, il disagio esistenziale sono esattamente i temi della poetica di Billy Corgan da trent’anni, qualunque fan sarebbe pronto a certificarlo.

Basta dare un’occhiata al testo della canzone con la quale Corgan ha salutato il pubblico di Sesto, durante l’unico bis, la celeberrima Today dall’album Siamese Dream degli Smashing Pumpkins (1993): Oggi è il più grande giorno che abbia mai conosciuto, non posso vivere per il domani, il domani è troppo lungo. Spegnerò i miei occhi, prima di andarmene via. Volevo di più di quello che la vita avrebbe mai potuto concedermi.

Tutto sommato, anche il pubblico dei fans adoranti e fin troppo pazienti del concerto di Sesto al Reghena avrebbe meritato di più di quello che gli è stato concesso. Sarà per la prossima volta.

© Flaviano Bosco per instArt