Si è chiusa giovedì scorso, il 16 maggio, al Museo Revoltella, con l’appuntamento “Quadri in musica ‘900” la rassegna “La Societa dei Concerti nei Musei” organizzata dall’omonimo storico sodalizio musicale di Trieste che coniuga insieme arte figurativa e musica. Protagonisti l’opera “Il giorno sveglia la notte” di Gaetano Previati ed il “Vansìsiem Lied Duo” composto dal soprano Paola Camponovo e dal pianista e musicologo Alfredo Blessano. Un programma vocale da camera molto ben ragionato il loro, ed altrettanto ben eseguito, a riprova del meritato riconoscimento in Italia quale realtà tra le più affermate.
L’intenzione, certamente riuscita, è stata quella di far “cantare” la grande tela di Gaetano Previati, tra i massimi rappresentanti del divisismo italiano e, con Grubicy e Segantini, esemplare esponente del nostro simbolismo. L’opera rappresenta una figura femminile che si desta alla luce del sole, avvolta da un manto stellato, librata da un pipistrello che la eleva e l’esalta in una metafora visiva che rimanda all’eterna antitesi tra luce ed oscurità, tra bene e male, opposti d’attrazione che qui trovano una sublimazione esemplare. Così scriverà lo stesso Previati in merito ad un altro dei suoi primi capolavori, “Maternità” del 1890-91, alla ricerca di un’ideale bellezza che possa risiedere nell’indeterminazione simbolica, la quale potrà compiersi «se non mantenendosi in una specie di visione complessiva fluttuante, sintetica, di forme e di colori, che lascino appena intravedere il simbolismo o ideismo musicale e quasi sopratterreno del mio pensiero». E ancora: «perché non mi sarà permesso di tentare la ricerca di un suono, d’una formula più tassativamente appropriata, invece di valermi delle solite parole, dei soliti strumenti, delle solite formule, che servirebbero bensì ad esprimermi secondo le consuetudini».
Nei parallelismi visionari al tempo visivi e musicali, il “Vansìsiem Lied Duo” ha saputo calare il pubblico nelle atmosfere aderenti di forme e significati con un programma a due parti tra autori francesi ed italiani a cavallo tra Otto e Novecento. Il duo, in un’intesa sensibile a riprova dell’attento tocco pianistico di Blessano, oltremodo abile oratore, e delle qualità cangianti di Camponovo in un ventaglio di espressività di corde, pianistiche e vocali, evidenti nell’intesa, si è mosso partendo da “Aurore” di Gabriel Fauré, a ricordare anche i cento anni dalla sua morte, su poema di Armand Silvestre dalla raccolta “Matutina”, ad introdurre l’impressionismo delle “Ariettes oubliées” su testi dalle “Romances sans paroles” di Paul Verlaine. Qui le pennellate melodiche ed armoniche, a perfetta resa con le parole, il metro ed i versi per una congiunzione astrale tra i due francesi, hanno trovato il moto pittorico delle pennellate di Previati, pastose, brumose ma al tempo filamentose, leggere e sognanti. Dalle venature melanconiche di “C’est l’extase” agli slanci di “Green” per chiudere con l’inconsolabile “Spleen”, Blessano e Camponovo, a suo bell’agio con la langue, hanno condotto l’uditorio al risveglio di un venato parnassianesimo.
Seconda parte iniziata con l’”Archet” di Malipiero su versi di Charles Cros che ha aperto ad una silloge dannunziana nei lasciti del Vate alla lirica da camera italiana. Respighi con “O falce di luna” e “Van li effluvi de de rose”, Pizzetti in “Erotica”, riuscitissima, e le “Quattro canzoni d’Amaranta” di Tosti, un ciclo che gli interpreti hanno esaltato in una rilettura fulgida e personale. Richiesto dagli applausi un bis, anche questo calato negli intenti programmatici di un incontro pittorico e sonoro di alto gradimento. Fauré e Verlaine: “Clair de lune”.
Alessio Screm © instArt