Sono passati solo una manciata di giorni dalla manifestazione di Lignano, ma i maggiori detrattori dei diritti LGBTQIA+, quelli che si ergono a difensori dei valori della famiglia tradizionale e del comune senso del pudore hanno avuto modo di dare il meglio di se contraddicendo come sempre con i vizi privati le loro pubbliche virtù.

Come è ben noto, quello che era il più strenuo difensore della cultura italiana in stile “Dio, patria e famiglia”, il ministro Sangiuliano si è dovuto dimettere perchè coinvolto e ricattato in uno squallido scandalo erotico sentimentale da una sua collaboratrice.

Il galantuomo, per tentare una disperata difesa, ha utilizzato come confessionale 20 minuti di trasmissione speciale Rai durante i quali ha letteralmente pianto a favore di telecamere sulle proprie disgrazie. Qualcuno sostiene che il suo motto si sia ora trasformato in “Dio, Patta e Famiglia”, ma sono solo maldicenze.

Gli è subentrato Alessandro Giuli, giornalista con solo la licenza liceale, di religione neopagana, noto per la sua giovanile militanza nel movimento eversivo neofascista Meridiano Zero, come dire dalla padella nella brace. La triste realtà alla quale sembriamo essere condannati supera qualunque sfrenata immaginazione e fantasia distopica.

Per venire alla nostra Regione, una vecchia delibera a firma del sindaco di Monfalcone ed europarlamentare Annamaria Cisint è stata al centro di un reportage della BBC nel quale si denuncia giustamente come illiberale il divieto datato 2021 di giocare a cricket in tutto il territorio comunale. Una misura chiaramente punitiva rivolta alla forte e laboriosa comunità bengalese che mantiene in vita i cantieri navali della città e adora quel gioco.

L’ex sindaco ha replicato di aver speso oltre dieci milioni di euro per riqualificare gli impianti sportivi della città per le tante associazioni: “Non risultano essercene però di cricket: nessuna realtà organizzata è mai venuta a chiederci peraltro un campo e in ogni caso – ha aggiunto – aree per realizzarne uno per questa disciplina, che abbisogna di spazi molto più ampi di un campo di calcio, in città non ce ne sono”. (www.telefriuli.it)

La polemica segue quella sulle discriminazioni e sull’autentica persecuzione ancora in atto verso i cittadini di fede mussulmana riassunte in un bel volume: “Ora basta. Immigrazione, islamizzazione, sottomissione” che fa il paio con il capolavoro di Roberto Vannacci “Il mondo al contrario”, tutto questo alla faccia delle libertà civili e democratiche. Con la solita scusa della tutela dell’ordine pubblico e del decoro cittadino non solo si proibisce alle persone di pregare, ma perfino di giocare.

Nel frattempo il genocidio a Gaza continua, i droni non smettono di colpire scuole e ospedali in Ucraina e in Russia e i migranti continuano ad affogare nel Mediterraneo, nella completa indifferenza soprattutto di quelli che si dicono difensori dei valori della cristianità e dell’occidente che sempre di più appaiono solo come privilegio e negazione dei diritti di tutti gli altri.

Nel giorno della parata, il villaggio del Pride Fvg al Parco del mare di Lignano pineta si svegliava laboriosamente. I volontari delle tante associazioni partecipanti alloggiate negli alberghi della città o partiti all’alba da ogni dove si affannavano già molto presto a montare i banchetti informativi con tanti colorati gadgets a scopo benefico di autofinanziamento. Alcuni di loro erano già “reduci” dall’aperitivo della sera prima al vicino Tenda bar che ha anticipato la manifestazione vera e propria tra incontri, musica, balli, chiacchiere e tanta felicità.

Tra le associazioni presenti, e non ce ne vogliano le altre, è il caso di ricordare anche per personale affetto “Alfi lune nordest” di Udine, l’associazione lesbica e transfemminista italiana con la sua simpatica ed energica presidente Angela Cattaneo, capace di interessanti iniziative tra queste il torneo di calcetto femminile:

“Evento che ha lo scopo di valorizzare lo sport femminile e creare un ambiente sicuro e inclusivo per tutte le donne con voglia ed entusiasmo di giocare. Il torneo è aperto a tutte, incluse le donne transgender, intersessuali e non binarie. L’obiettivo è creare un’occasione per le donne LBTQ+ e alleate di fare comunità, promuovere la socialità e il benessere delle partecipanti e fornire una giornata di confronto, divertimento e sana competizione”. Un’iniziativa dal basso che sarebbe sbagliato sottovalutare, lo sport e la società italiana in particolare hanno estremamente bisogno di esempi positivi anche in questo senso, basti pensare all’inqualificabile persecuzione mediatica e istituzionale riguardante la pugile Imane Khelif subita alle recenti Olimpiadi francesi.

Non si può dimenticare nemmeno l’Arcigay di Udine, capitanato con lucida risolutezza dalla stretta militanza dell’agitatrice culturale e libraia Sara Rosso; la vision dell’associazione, anche a livello nazionale, è musica per le orecchie di chi conosce l’autentico significato dei valori democratici dell’antifascismo così negletti e offesi nel nostro sciagurato presente:

“Arcigay crede in una società laica, inclusiva e aperta basata sulla solidarietà e sull’uguaglianza, una società nella quale i diritti umani e civili siano riconosciuti, promossi e garantiti e le persone gay, lesbiche, bisessuali e bi+, trans* e non binarie, queer, intersessuali e asessuali siano libere di essere se stesse”.

Tutti valori assolutamente condivisibili e perfettamente costituzionali che sono diretti eredi di quelli molto più antichi che qualcuno millanta di difendere senza nemmeno conoscerli nella sostanza.

Per Pericle la Politica è “l’arte di vivere assieme”; nel famoso discorso agli ateniesi, con tutti i suoi limiti, fondamento delle virtù democratiche d’occidente dice: “Qui noi ad Atene facciamo così… Un uomo che non si interessi allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benchè in pochi siano in grado di dare vita ad una politica attiva, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla. Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia. Noi crediamo che la felicità sia il frutto del valore…ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero. Qui ad Atene noi facciamo così!”

Il Pride Fvg è un’autentica Agorà dove si attuano pratiche democratiche nel rispetto della libertà di tutti, tutte e tutt*, e i giorni della festa sono solo il traguardo e punto di ripartenza di un percorso che dura tutto l’anno.

Una delle piacevoli novità di questa edizione del Pride FVG sono stati gli interventi musicali di alcuni artisti che hanno allietato la tarda mattinata preparando al meglio tutti gli animi prima del corteo.

Ad aprire le danze è stata la “Brass Pride Fvg” nella torrida afa meridiana di Lignano pineta e non è stato per nulla facile per gli ottoni (susafono, basso tuba, sax soprano e tenore compresi) e le percussioni resistere e far sentire la propria sonora voce argentina.

La banda è stata divertente scanzonata e gioconda al ritmo di “O ce biel ciscel a Udin” prima triste e quasi funebre e poi esplosa in spiritosa marcetta che si è mutata ancora in “Al ciante il gial”, “Rosamunda” e via di villotte e canzoni popolari scivolando da montagne di polenta in mari de tocjo, forse una dieta non proprio adatta al clima torrido, ma che fa tanta allegria.

Sembra incredibile ma solo loro sono capaci di mescolare tutto questo a “I was made for lovin’You” dei Kiss e a “Bandiera Gialla” di Pettenati. Bisogna dar merito all’ensemble che dopo la sfiancante esibizione al village ha anche accompagnato tutto il corteo per ore come Marching Band contando sulle birre ghiacciate come solo carburante.

Davvero un altro pianeta il giovanissimo power trio degli udinesi “Loosing Money” con la carismatica, scatenata bassista Irene, Mattias (batteria) Vladimir (chitarra e voce) che hanno aperto la loro esibizione con una buona cover di “Pretty Vacant” dei Sex Pistols, tanto per far capire il genere e l’attitudine.

In realtà, i loro suoni sono sembrati fin troppo puliti per la ruvidità del Punk più autentico, meriterebbero qualche distorsione in più, ma avranno tempo di farsi ascoltando un po’ meno Victoria dei Måneskin e un po’ di più lo stoner rock di Nick Oliveri dei Kyuss con gli amplificatori che “friggono” sotto il sole rosso del blues.

Hanno interpretato anche brani di propria composizione e gliene va dato merito; gli arrangiamenti sono stati forse, anche in questo caso, un po’ troppo pop per l’anarchia, ma l’atteggiamento era quello giusto.

Davvero adatta per il contesto è stata un’energica cover di “I kissed a girl” di Katy Perry così come “Boys don’t cry” dei The Cure che fa sempre la sua porca figura; non sono mancati nemmeno i monumentali The Clash con “Should I stay or Should I go” e come poteva essere diversamente.

Hanno presentato anche il loro unico brano in italiano con il devastante refrain: “Sei la mia foga, sei la mia droga, puoi avere tutto ciò che ho”, acerbo e adolescente come i tre musicisti che raggiungono a stento la maggiore età, ma che dimostrano di saper suonare, cantare e intrattenere in vacanze piene di sole (Holidays in the Sun) e chi ha orecchie per intendere intenda.

A tanta “oscenità e furore” (Filth and the Fury) si fa per dire è seguito il tenero Aloe che si è presentato come cantautore emergente con tanto di basi registrate, dolce, dolce e timido con melodie solari ed estive a tema queer. Lo stesso dicasi per Jack Scarlett che ha tenuto a sottolineare che viene dall’esperienza di “Amici”, quello di Maria de Filippi e che si è presentato tra l’altro con un motto contro il bullismo dagli intenti sacrosanti, ma dal significato non proprio riuscitissimo in quanto ad empatia: “Io sono unico, permettere ad un bullo di insultarci è come permettere ad un verme di credersi un serpente”.

Si è esibito tra gli applausi anche il cantante triestino dai capelli blu cobalto, Ernesto Bonino aka Puntino con il suo “Disco Orsetto tour 2024” che, a differenza del nome, ha un piglio deciso e due ballerine con delle buone coreografie:

“Non un semplice concerto ma un’esperienza tridimensionale in cui musica, parole, gesto, movimento, teatro, racconto ed interattività con le altre anime si fondono per dar vita ad uno spettacolo totale dove le discipline s’incontrano, coesistono valorizzando il messaggio di fondo – l’amore ha sempre senso di esistere in tutte le sue forme, va accolto, rispettato, festeggiato e vissuto con uno spirito bambino”

La dichiarazione d’intenti è decisamente encomiabile, il risultato dell’esibizione forse un po’ meno, anche se chi scrive non è in grado di giudicare con equilibrio questo tipo di proposte musicali perchè appartenente all’età polverosa degli enobarbi, ma il pubblico ha decisamente gradito parecchio e i gusti non si discutono come diceva quel gatto mentre si leccava.

Alla piacevole ouverture in musica è poi seguito anche un interessante dibattito riguardante la tragica questione del genocidio del popolo palestinese.

Come segnala il Manifesto del Pride FVG.

“Fvg Pride vuole condannare ogni forma di violenza in quanto tale e ripudiare la guerra come strumento di oppressione, con la convinzione che sia ora più che mai necessario leggere i conflitti attuali in chiave intersezionale, come nuove forme di colonizzazione.

Noi riteniamo infatti che un trans-femminismo che si possa definire tale debba amplificare i diritti e le voci di una società collettiva che va oltre il femminismo del sesso sicuro e delle volubili pretese di liberazione.

In particolare, FVG Pride sostiene la causa del popolo palestinese per il proprio diritto all’autodeterminazione, condanna ogni atto di violenza e chiede il cessate il fuoco e la liberazione di ostaggi e prigionier3”.

Karem Rohana è stato il protagonista primo e unico talk della giornata moderato dal sorriso luminoso della presidente Alice Chiaruttini.

Karem è di professione logopedista, ma è anche un famoso you-tuber e blogger attivista per la Palestina. E’ stato un fiume in piena nel denunciare le storture dei mezzi d’informazione italiani ed internazionali proni e genuflessi davanti allo strapotere mediatico dello stato di Israele. Ironicamente si è chiesto perchè sia necessario portare la politica sul palco del Pride Fvg, ma si è risposto da solo.

L’attivista inizialmente ha raccontato un po’ del suo personale vissuto tra lotte, intimidazioni, pestaggi molto significativi per comprendere il clima di repressione che si respira ultimamente nel nostro Paese.

Per aver espresso ironicamente alcune opinioni sul sindaco di Firenze, Karem è stato sottoposto a gravi misure restrittive emergenziali che in pratica lo assimilano ad un potenziale terrorista, misure che naturalmente ci si guarda bene dall’utilizzare nei riguardi delle teste rasate che a braccio teso inneggiano a Mussolini sfilando per le strade delle nostre città, quelli che probabilmente piacciono a molti nostri amministratori.

Per riassumere i tanti complessi argomenti toccati durante la conversazione ne abbiamo scelti solamente alcuni tra i più significativi.

Assolutamente paradossale, ma rivelatrici della malafede con cui agiscono alcuni manipolatori del consenso popolare, sono le dichiarazioni dell’ ex-senatore leghista apertamente omofobo Simone Pillon, organizzatore del Family day, che sostiene la democrazia dello Stato di Israele anche perchè nell’area mediorientale sarebbe l’unica a difendere i diritti LGBTQI+.

Non serve dire tanto di più per comprendere la logica strumentale di una persona che nel nostro Paese da sempre si batte contro il cosiddetto “complotto gender delle lobby gay che perverte la gioventù italiana e l’ordine morale introducendo perfino pratiche di stregoneria nelle scuole”. (L’Espresso del 14/03/2018)

I media assecondano da anni l’operazione di “Pinkwashing” dello Stato di Israele che, strumentalizzando la sacrosanta difesa dei diritti LGBTQI+, giustifica davanti all’opinione pubblica la propria islamofobia e i propri crimini contro l’umanità nei confronti dei Palestinesi, come se l’omofobia di questi ultimi potesse in qualche modo giustificare un genocidio.

Karem ha portato alcuni altri esempi tra cui l’accusa mossa all’autorità palestinese e ad Hamas da parte dell’informazione israeliana di aver osteggiato il Gay Pride di quest’anno a Gaza, che sembra perfino una battuta di pessimo gusto considerando che la conta dei morti in quel territorio per i bombardamenti supera i 40.000.

On line girano, invece, le immagini del recente Pride di Tel Aviv nel quale si balla e si ride in libertà trasformando un giusto diritto in un triste privilegio che ci fa pensare che certi diritti vengano usati in modo strumentale.

Chi ha come unica prospettiva quella di morire sotto le bombe vedendo la propria famiglia, i propri amici macellati, francamente dell’identità di genere se ne frega o come minimo non ha nemmeno il tempo di pensarci.

In questo contesto, ha sostenuto ancora Karem, anche la stampa italiana ha dato largo spazio ad un’operazione di propaganda dell’esercito israeliano nella quale si vedono due soldati israeliani sul campo di battaglia che si fanno la proposta di matrimonio, dimenticando colpevolmente che in quel Paese non c’è il diritto al matrimonio civile tanto meno a quello interreligioso e di quello tra persone dello stesso sesso nemmeno a parlarne. Solamente le persone molto benestanti possono permettersi di espatriare ed andare a Cipro a farsi riconoscere come coppia di conviventi.

In sintesi, la condizione dell’intersezionalità in Palestina non è certo rosea, la rigida ortodossia di Hamas, partito islamico, è però una conseguenza dell’occupazione, la religione viene utilizzata come strumento di disciplina e resistenza, a discapito di molti elementari diritti di cittadinanza, nessuno lo può negare; il primo di questi ultimi è però quello alla vita, perciò, non serve nemmeno ribadirlo, prima si deve fermare il genocidio, curare i feriti, sfamare i profughi, salvare i bambini e poi se ne può discutere.

Spente le ultime parole del dibattito, il coloratissimo popolo del Pride FVG si è preparato per il corteo che ha sfilato gioiosamente per le vie della città balneare in mezzo a turisti e bagnanti curiosi, stupiti e assolutamente non ostili.

Grande tenerezza ha suscitato nei cuori di chi l’ha incontrata mentre, con il suo passo incerto, cercava di seguire la parata, una signora molto anziana residente di Lignano che, con le lacrime agli occhi, diceva a tutti che non aveva mai visto giovani così belli e felici come quelli del Pride.

La sfilata si è aperta con il carro del coordinamento degli scatenati studenti universitari, seguito tra gli altri da quello delle splendide, divertentissime e spesso appena un po’ sboccate Drag Queens con tanto di altoparlanti che sparavano musica per la tribù che ballava sulle ali dell’arcobaleno. Una specie di meraviglioso sogno nel sole dell’estate fatto di cuori liberi e corpi che sanno amare senza confini.

Un lungo serpentone ha sfilato per ore in un’autentica esplosione di gioia i cui fuochi d’artificio continueranno a lungo a illuminare tutte quelle meravigliose anime.

La festa mobile, per i più irriducibili, dopo dj set serali, è proseguita fino alle prime luci dell’alba alla discoteca Ca’Margherita per altre indimenticabili emozioni.

Gli incantevoli sorrisi, le danze sfrenate, la bellezza dei corpi e dei colori non hanno fatto dimenticare però, anzi hanno celebrato nel modo più giusto, i grandi valori espressi dal Manifesto politico del Pride FVG su alcuni dei quali vogliamo brevemente tornare.

Sex Work is Work

“Chiediamo che il sex work volontario fra persone adulte e autodeterminate venga decriminalizzato. Lo Stato non può continuare ad ignorare una realtà che coinvolge migliaia di lavorator3 e milioni di clienti abbandonando tutto ciò nell’illegalità. A chi svolge volontariamente questo lavoro, lo Stato deve garantire il diritto al Welfare, alla salute e alla sicurezza, nel rispetto dei Diritti Umani e delle Dignità come per ogni altro lavoratore”.

Un tema assolutamente tabù nel nostro disgraziato Paese è quello dell’affettività e della sessualità dei disabili fisici e mentali. Ancora negli anni ’70 Franco Basaglia veniva denunciato a mezzo stampa per aver distribuito anticoncezionali ai suoi “matti” la cui sessualità era assolutamente negata e ritenuta un’offesa alla morale pubblica. Da allora poco o nulla è cambiato, il tema non viene nemmeno discusso a livello istituzionale, mentre ancora oggi in alcuni centri di salute mentale italiani esistono reparti psichiatrici misti nei quali ragazz* neurodivergenti con disturbi alimentari o dipendenti da sostanze psicotrope vengono “condannat*” in camerate dove convivono con adulti schizofrenici con prevedibili violenze sessuali e abusi d’ogni genere.

La panacea delle conseguenze del legittimo desiderio di queste “persone con esperienza” sono gli immancabili psicofarmaci che sostituiscono ormai da decenni le misure contenitive come l’elettroshock.

Se a qualcuno però fosse sfuggita l’informazione, negli ospedali psichiatrici italiani gli strumenti di contenzione fisico-meccanica esistono ancora e comprendono

“i mezzi applicati direttamente sul paziente a letto come fasce e cinture, le spondine, oppure applicati su carrozzine. S’intendono altresì i mezzi di contenzione per segmento corporeo (cavigliere, polsiere, ecc.), i mezzi che obbligano a determinate posture, le cinture pelviche, i divaricatori inguinali”.(www.infermieristicamente.it)

In sintesi, le persone vengono ancora legate ai letti con strumenti medievali, in qualche caso per settimane fino a morirci. Anche in questo stesso momento, probabilmente, negli ospedali psichiatrici italiani almeno un centinaio di persone è legata in un letto tra i propri escrementi magari da giorni, nel buio della propria disperazione.

Assolutamente condivisibili per tutto questo gli appelli alla depatologizzazione di tutte quelle variabili tra le differenti caratteristiche che costituiscono l’essenza di ciascuna persona che qualche sciagurato continua a considerare come disturbi, anomalie del comportamento o addirittura malattie.

“Chiediamo… che nei centri e nelle strutture protette venga rispettato il diritto alla sessualità delle persone disabili fuori dalle logiche di infantilizzazione e sia garantita, a prescindere dal proprio orientamento sessuale e dalla propria identità di genere, una completa educazione all’affettività e alla sessualità. Chiediamo inoltre che venga legalizzata la figura dell’operatore all’emotività affettività e sessualità per persone con disabilità (OEAS)”

Due bellissimi film indipendenti italiani in stile documentaristico “non fiction” trattano in modo straordinariamente delicato ed efficace l’argomento.

In “The special Need” del friulano Carlo Zoratti (2014) Enea è un trentenne autistico che desidera fare finalmente l’amore. I suoi amici di sempre, Carlo (lo stesso registra) e Alex decidono di aiutarlo. Inizia così un tenerissimo, ironico e divertente road movie alla ricerca dell’amore, fino al toccante incontro con una operatrice dell’affettività oltreconfine.

In “Because of my body” di Francesco Cannavà (2020) si racconta di uno dei primi protocolli sperimentali italiani OEAS. Marco operatore sanitario aiuta Claudia che ha una malformazione da spina bifida a scoprire la propria sessualità seguendo precise metodologie che aiutano entrambi a sondare la propria emotività, erotismo e consapevolezza di se.

Durante la sfilata del Pride FVG, alla testa del corteo, qualcuno si domandava se il seno nudo di una fantastica esuberante “Princesa” potesse turbare la cittadinanza e attirare reprimenda da parte delle forze dell’ordine.

La meravigliosa trans non era l’unica a mostrare la bellezza e la straordinaria unicità del proprio corpo, ma si sentiva purtroppo in obbligo di giustificarsi anche verso gli altri dicendo che conosceva bene leggi e regolamenti e se rimaneva dentro al corteo le era concesso di mostrarsi.

La paradossalità della situazione era dimostrata dal fatto che, a pochi metri dal corteo, le nudità dei probi e onesti cittadini che non devono giustificarsi nemmeno di fronte alla propria ipocrisia, friggevano con gli oli delle creme solari sulla pubblica spiaggia dove di seni nudi e di sederi se ne possono vedere e mostrare in quantità.

Per concludere nel modo più degno queste modeste e forse un po’ caotiche riflessioni sulla manifestazione che per tanti è stata veramente un’esperienza totale e rigenerante, riportiamo un post a caldo scritto già la mattina dopo da una delle riconosciute Regine del Pride Fvg 2024, che già abbiamo citato nel primo articolo.

Alle 09,28 am di domenica 1 settembre, Anna Masutti di Agedo Udine ODV scriveva:

Lignano dorme ancora mentre cerco di fissare sullo schermo le emozioni della giornata appena trascorsa.

É complicato tradurre in parole l’articolato intreccio di una esperienza così totalizzante.

Il Pride visto da fuori è una esplosione di musica e colori.

Brillantini, arcobaleni e bandiere.

Il Pride spogliato della sua meravigliosa eccentricità raggiunge sentimenti profondi e tocca corde che vibrano nel profondo.

Uno sparuto gruppo di genitori Agedo ha sfidato una delle giornate più calde dell’anno. Sette ore sotto un gazebo nel quale l’aria si era dimenticata di dare sollievo.

Ripagati dalle visite di quei ragazzi e ragazze che negli anni abbiamo visto crescere.

Nuovi incontri con altri genitori.

Il flusso del dare e ricevere alimenta un motore interno che chi fa attivismo conosce bene.

Il Pride è una ricarica di energia quantomai necessaria in questi tempi bui.

Il Pride, spogliato della polemica che suo malgrado si trascina dietro, è una esperienza faticosa, emotivamente e fisicamente impegnativa che vale assolutamente la pena di essere vissuta.

Per gustare la sua vera essenza bisogna entrare nel suo ventre abbandonando preconcetti e rigidità.

Seguire fiduciosi il flusso che porta sempre e inevitabilmente al cuore.

Il Pride siamo noi che non ci facciamo scoraggiare dal caldo, dal freddo, dalle porte sbattute in faccia da una politica che discrimina i nostri figli, le nostre figlie e le nostre famiglie.

Il Pride siamo noi che ci siamo lasciati alle spalle le mille scuse che ci permetterebbero di fare una vita più comoda.

Il Pride siamo noi. Genitori consapevoli e presenti.

Grazie di cuore agli organizzatori dell’Fvg Pride, a tutte le associazioni presenti, ai sostenitori e alla città di Lignano che ci ha ospitat*.

Di cuore un grazie ai nostri figli e alle nostre figlie – di pancia e di cuore- che ci hanno dato la possibilità di amare tutte le loro sfumature.

Il mio infinito personale ringraziamento va a tutta la famiglia Agedo Udine.

Vi vedo.

Siete meraviglios*.

Anna”

Flaviano Bosco / instArt 2024 ©