Isabella Rossellini incarna letteralmente un pezzo della cultura e della storia del cinema in senso assoluto e questo non solo perchè è il frutto di uno degli amori più celebri e significativi del secolo XX tra la più grande attrice e il massimo genio della VII arte, naturalmente Ingrid Bergman superba almeno da Notorius a Sinfonia in Autunno e Roberto Rossellini inarrivabile da Roma città aperta a La presa del potere da parte di Luigi XIV.

Incidentalmente è anche un’ottima attrice e in un paese come il nostro dove spesso l’unico merito e titolo valido è il cognome che si porta non è un particolare trascurabile.

L’elenco dei figli dei figli, dei nipoti e delle nipotine è talmente lungo soprattutto nel mondo dello spettacolo che non ci facciamo più nemmeno caso. Il mestiere che si trasmette di generazione in generazione non è solo un “affare di famiglia” ma è più spesso “cosa nostra”, una delle tante consorterie familistiche che qualcuno chiama tradizione, mentre altri la trovano un’intollerabile e volgare forma di nepotismo.

Il discorso, per fortuna, riguarda solo marginalmente Isabella Rossellini che ha saputo fin da subito sbarazzarsi di questa ingombrante eredità, senza rinnegarla, ma costruendo un proprio percorso artistico che l’ha resa riconoscibile in tutto il mondo. Non c’è dubbio che il cognome e la fama preclara dei genitori le hanno aperto molte porte, ma basta guardare la sua filmografia, le splendide, immortali interpretazioni nei film di David Lynch, giusto per fare un esempio, per capire che non è solo una “figlia di mammà e papà”, ma una vera artista che ancor oggi in età adulta sa esprimere un grande fascino.

A settant’anni suonati, anche se delle signore non si dovrebbe mai dire l’età, ha ancora voglia di mettersi in gioco davanti al proprio pubblico senza filtri di sorta in una tournée che toccherà i cinque continenti.

Con grande autoironia ha voluto mettere in scena le suggestioni filtrate dalla sua sensibilità che le sono venute dalla lettura di “L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali”, un pionieristico e troppo trascurato testo di Charles Darwin che inaugura lo studio della comunicazione non verbale.

Anche se il criterio della scelta non appare ben chiaro e forse riguarda solo una certa volontà di divulgazione, il museo di scienze naturali di Parigi commissionò all’attrice una conferenza sull’argomento che lei successivamente ha trasformato nel monologo visto a Trieste variamente intessuto di autobiografismo e riflessioni ai limiti della pseudoscienza che le sta garantendo ovunque un grande meritato successo.

Lo spettacolo si apre con alcune sequenze che vedono come protagonista la conturbante diva del muto Francesca Bertini messe a disposizione dal museo nazionale del cinema di Torino. La Rossellini doppia dal vivo la grande attrice che sovra-interpretava i propri ruoli con gestualità assolutamente melodrammatica, esagerata perfino per l’epoca. Molto divertente il lavoro di doppiaggio dal vivo della Rossellini che segue vari registri in modo assolutamente ironico e perfino auto-parodistico. La stesse sequenze ripetute più volte cambiano significato a seconda del tono e delle parole utilizzate dall’illustre doppiatrice sul palco. Il giochino in fondo è banale e semplicistico, ma intriga il pubblico e colpisce l’immaginazione dei più. E così se nelle prime immagini la Bertini ci sembra ardere dalla passione amorosa, la seconda visione ci sembra solo imbarazzata per un problema di stomaco e nella terza preoccupata per il suo cagnolino. Un modo molto immediato ed elementare per dimostrare che i gesti vanno sempre interpretati in relazione al contesto nel quale vengono espressi e che sono un correlato del linguaggio verbale.

Esprimere precisamente particolari emozioni solamente con la gestualità è estremamente difficile, l’attrice, che lo fa di mestiere da una vita, ha tenuto a raccontare un aneddoto dal film “Left Luggage” di Jeroen Krabbé (1988) trascurato dalla distribuzione italiana, nel quale interpretava Mrs. Kalman, una madre di famiglia ebrea ortodossa di stretta osservanza chassidica. Il regista la riprendeva costantemente perchè tutti i suoi gesti e il suo modo di parlare erano in grande contrasto con la cultura del suo personaggio, tanto che dovette farsi affiancare da un consulente esperto di quella particolare ritualità ebraica, sulla quale era centrata tutta la pellicola.

Tra le moltissime affermazioni pseudoscientifiche con le quali la Rossellini ha piacevolmente intrattenuto il pubblico “un tanto al chilo” ce ne sono state alcune davvero poco condivisibili come quella riguardante il sorriso che sarebbe l’unica, tra le tante espressioni non verbali, del tutto trans culturale.

Niente di più falso secondo le più assodate discipline del linguaggio. Molte incomprensioni, infatti, deriverebbero da un’errata decodifica dei messaggi altrui che richiedono sempre una conoscenza approfondita dei codici utilizzati da chi appartiene a culture altre che utilizzano “vocabolari” linguistici che sembrano simili ai nostri all’apparenza ma che in realtà sono molto diversi.

Nel caso specifico del sorriso, in Europa comunica un generico accordo o attesta la comprensione e la condivisione di quanto si sta dicendo, in altre culture significa il contrario, un giapponese invece di dire No, sorride e tace per non contrariare il suo interlocutore che dovrebbe capire la negazione rispettandone il silenzio. Per gli approfondimenti del caso si legga Balboni P.E., La comunicazione interculturale, Marsilio, Venezia 2014.

Nello spettacolo della Rossellini non c’è stato purtroppo il minimo spazio per accennare alle discusse, ma fondamentali teorie di Paul Eckman sulle espressioni micro-facciali e la loro importanza per la comunicazione emotiva.

E’ vero che Darwin si interessò molto alle espressioni dagli animali comparandole a quelle umane e il contrario, ma è anche vero che molte sue conclusioni sono oggi ampiamente superate e anacronistiche come è giusto che sia visto che la prima edizione del suo lavoro sull’argomento risale al 1872 quando la psicologia sperimentale doveva ancora nascere. Il primo laboratorio di quella disciplina fu fondato a Lipsia nel 1879 da Wilhelm Wundt come ricordano tutti i manuali; la prima pubblicazione scientifica in assoluto del settore, valida tutt’oggi, sono gli Elementi di Psicofisica di Gustav Theodor Fechner del 1860 tanto per essere precisi.

La Rossellini per dimostrare il proprio viscerale interesse per l’etologia ha mostrato alcune istantanee scattate da mamma Ingrid Bergman in cui la si vedeva bambina insieme al suo amatissimo cagnolino oppure a spasso con un agnellino, ignara che di lì a poco sarebbe diventato l’arrosto in tavola che santificava la Pasqua. Un’altra foto ritraeva la famosa mamma con una preziosa pelliccia di visone che lei sotterrò in giardino per dare finalmente pace a tutte quelle povere bestiole sacrificate alla vanità femminile.

E’ stato il pretesto per tutta una serie di considerazioni sull’etologia domestica, che di scientifico avevano ben poco riguardando il patologico attaccamento a quelle povere creature che costringiamo a vivere in forzata simbiosi con noi.

Una delle peggiori fisime di chi riversa le proprie morbose attenzioni nei confronti degli animali che non hanno altra scelta che assecondarci è l’antropomorfismo, maschera sotto la quale celiamo l’autoritarismo e tutte quelle forme di potere di sottomissione e costrizione che utilizziamo nei loro confronti. La Rossellini si è perfino vantata di aver attribuito senza remore le proprie emozioni ai propri “pet”.

In questo senso, tra le critiche più acuminate contro la teoria evoluzionista di Darwin, vi è quella che lo accusa di aver modellato la sua analisi prendendo a modello la zootecnia e l’allevamento degli animali da cortile. Darwin, infatti, cominciò ad elaborare le proprie teorie frequentando i concorsi per i piccioni viaggiatori che venivano selezionati artificialmente ad uso e consumo dei loro padroni umani che cercavano di esaltare caratteristiche morfologiche e attitudinali utili agli scopi che avevano prefissato scartando gli animali che non corrispondevano ai loro desideri. Proprio da queste osservazioni sarebbe stata modellata la selezione naturale non il contrario, come di solito si crede.

E’ pur vero che una certa idea di selezione tra individui è riscontrabile anche allo stato selvatico sotto forma di migliore o peggiore adattabilità all’ambiente circostante.

Molto appropriata, in questo senso, la citazione delle classiche falene di Birmigham, caso emblematico utilizzato come prova della teoria dell’evoluzione.

Già a partire dalla fine del XIX sec. si notò che la Falena punteggiata (Biston betularia), cominciava a mutare adattandosi all’ambiente fortemente inquinato dalla lavorazione e combustione del carbone nella città inglese. Per sfuggire ai predatori le falene che avevano l’abitudine di mimetizzarsi con il tronco chiaro delle betulle adottarono una cromia totalmente scura (Biston betularia Carbonaria) che gli permetteva di confondersi con gli onnipresenti residui e il pulviscolo di carbone.

E così diventa facile dire che i cani ci adorano e che non vogliono altro che le nostre attenzioni, il nostro “amore” e le deliziose crocchette che la pubblicità ci suggerisce e che i gatti, invece, possono fare a meno delle nostre moine e delle crocchette ma non degli sfiziosi patè di salmone.

Patetico, anche se divertente, il racconto delle galline che alleva nella sua fattoria negli Stati Uniti stupefatte per aver visto le pecore del suo piccolo gregge. Per fortuna la Rossellini è dotata di una grandissima autoironia con cui ha smorzato queste sue “boutade” come quando ha affermato che da ragazza non aveva alcuna voglia di studiare però era bella, così ha fatto la modella; declinata quella carriera, dopo i cinquant’anni, si è iscritta all’università ed ha completato gli studi.

A parte le precisazioni da specialisti, di grande interesse sono state le sue riflessioni scenico-critiche rispetto al “creazionismo”. Anche se Darwin era tutt’altro che ateo sapeva ben districarsi tra le metafore e parabole della Bibbia, così come quelle su quel certo concetto di Natura che di “naturale” non ha proprio niente e che confonde il pregiudizio con assiomi e postulati scientifici.

Questo riguarda, per esempio, la discriminazione sessuale e di genere che per alcuni ancora viene giustificata con le cosiddette “leggi di natura” o con balordaggini come la “conservazione della specie”.

In etologia l’ermafroditismo non può andare soggetto ad alcuna opinione di sorta, è semplicemente un dato, come ha ricordato elegantemente la Rossellini durante lo spettacolo, basta pensare alle lumache e ai lombrichi che si riproducono da soli, oppure gli ermafroditi sequenziali che cambiano sesso con l’età o al cambiare della temperatura. Questo tanto per restare al mondo degli organismi animali, senza prendere in considerazione la biosfera vegetale o quella dei microrganismi, ammesso che sia ancora utile distinguere tra i “regni”.

La Patella della Pantofola (Crepidula fornicata) è una piccola conchiglia che vive in colonie in cui gli individui se ne stanno accatastati l’uno sull’altro con le femmine più grandi e più anziane in basso e i maschi più piccoli e più giovani in alto, mano a mano che la colonia cresce i maschi cambiano genere (ermafroditismo sequenziale).

Da queste singolari considerazioni la Rossellini è passata a raccontare dei comportamenti e della comunicazione a scopo riproduttivo e della sessualità animale.

Alternando uno splendido costume che riproduceva la coda di un pavone con i suoi mille “occhi” (ocelli), uno da scimmia come quello di Marlene Dietrich in Venere Bionda di von Sternberg (1932) e un altro che simulava la sua nudità, ha divertito il pubblico sulle note di “Déshabillez-moi di Juliette Gréco: “Spogliami, sì ma non subito, non troppo presto, desiderami, affascinami…spogliami.”

La selezione sessuale gioca una parte importante nelle teorie evoluzioniste, peccato che nello spettacolo ci sia stato solo qualche sporadico accenno al grande tema del mimetismo troppo spesso trascurato anche dalla divulgazione scientifica più attenta. Testi cardinali come “Il mimetismo animale e vegetale” di Wolfgang Winckler e quelli che Roger Caillois dedicò all’argomento restano insuperabili e davvero utili a fare chiarezza su alcuni degli enigmi che le teorie di Darwin hanno lasciato irrisolti.

Una recente mostra a Villa Medici di Roma ispirata a Caillois, intellettuale surrealista, dal titolo “Storie di Pietra, 200 capolavori da Guido Reni a Damien Hirst passando per Rodin e Picasso” ha sapientemente illustrato un particolare rapporto tra arti figurative e mondo della “natura” visto nelle sue manifestazioni minerali.

Era proprio questo lo spirito che animava le ultime realizzazioni di Roberto Rossellini, convinto che l’arte cinematografica potesse servire veramente ad acculturare gli spettatori e che avesse una funzione preminentemente pedagogica e didattica. A questo scopo si impegnò in tanti lavori divulgativi per la televisione italiana: L’età del ferro, Cartesius, Socrate, Blaise Pascal, Agostino d’Ippona ecc.

Di grande effetto, a questo proposito, l’autentica lezione di storia della fotografia e di realizzazione di un’inquadratura con la quale la Rossellini ha voluto chiudere il proprio spettacolo rendendolo così ancora più prezioso. Una telecamera in scena le permetteva di mostrare sul grande schermo l’efficacia di un primo piano, di un campo lungo, l’effetto delle luci, del colore, dei movimenti di macchina. Niente di totalmente inedito, ma magistralmente spiegato da un’attrice che davanti e dietro la macchina da presa ci è letteralmente nata e cresciuta, figlia di tanto padre e di tanta madre.

Ci sono stati molti altri aneddoti sulla sua vita d’attrice, sulla sua famiglia, sapientemente alternati a notizie scientifiche su quella che potremmo chiamare, in linea generale, Intelligenza emotiva, che non riguarda solo la comunicazione delle emozioni umane ma che ci accomuna al mondo della natura.

E’ la capacità di comprendere, utilizzare e gestire le proprie emozioni entrando in empatia con l’ambiente nel quale siamo inseriti, con la consapevolezza che la gestione di questi stati d’animo rende più efficaci le nostre strategie d’adattamento a tutti i livelli e in tutti gli ambiti.

Lo spettacolo della Rossellini non è stato privo di difetti dal punto di vista concettuale e strettamente scientifico, ma ha avuto il grande merito di saper intrattenere e divertire il pubblico senza scadere nelle insopportabili, volgari ovvietà della divulgazione di stampo televisivo. La grande classe e genuinità dell’attrice di “Blue Velvet” ancora una volta hanno saputo avere ragione di coloro che troppo spesso l’hanno considerata solo una raccomandata tra le tante; al contrario questa volta almeno possiamo dire: “Buon sangue non mente”.

Molti applausi meritati per un monologo che ha avuto anche il grande merito della brevità e di un ritmo incalzante.

Flaviano Bosco / instArt 2024 ©