La prémiere italiana di “Les Misérables – The Arena Musical Spectacular ”, prodotto da Cameron MacKintosh, è andata “spettacolarmente” in scena giovedì 7 novembre 2024 al Teatro Rossetti di Trieste, che celebra con questo evento speciale i suoi 70 anni (repliche in programma fino all’11 info e biglietti qui), evento mondano e culturale che ha visto sfilare sul red&blue carpet, allestito all’esterno e all’interno del teatro, vari personaggi del jet-set regionale, oltre al numerosissimo pubblico (teatro sold-out) tutti in rigoroso dress-code, a richiamare i colori della bandiera francese.
All’ingresso in sala, la mise-en-scène imponente non ha mancato di far colpo sul pubblico. Il musical, che compirà 40 anni nel 2025, è tratto dal romanzo sociale di Victor Hugo, e reso celebre dalle musiche di Schönberg e Boublil.
Il racconto, ambientato nella Francia del XIX secolo, narra di Jean Valjean, un ex galeotto che tenta di redimersi dopo una lunga carcerazione per aver rubato del pane. I suoi sforzi per vivere onestamente paiono vanificati dall’irriducibile ispettore Javert, che lo perseguita. Nel suo peregrinare alla ricerca di una vita specchiata, Valjean incontra vari personaggi, tra cui la sventurata Fantine e sua figlia Cosette, che viene da lui adottata.
Nel romanzo si affrontano temi universali come la giustizia, l’amore, la povertà, la redenzione, evidenziando le ingiustizie sociali dell’epoca.

Va detto in apertura che questa è una rappresentazione in forma di concerto, con una scenografia maestosa ma piuttosto statica, supportata da video, da qualche movimento scenico e da effetti luce e sonori; in parole povere si tratta di un allestimento creato ad hoc per il tour mondiale ma non c’è storia per chi (come me negli anni ’90) ha visto a Londra il musical originale. Gli interpreti hanno tuttavia dato vita ai personaggi con talento e intensità, creando, grazie anche all’apporto dell’orchestra e del coro sempre presenti sul palcoscenico, un forte impatto emozionale.
Il Jean Valjean di Killian Donnelly ha mostrato tutte le sfaccettature del personaggio: dall’ex avanzo di galera perseguitato dal suo passato (“La liberazione non è la libertà; si esce dal carcere, ma non dalla condanna”) all’uomo pronto a sacrificarsi per il bene comune. Con la sua presenza scenica e forza interpretativa, abbinate ad una voce potente ma capace di grande delicatezza ci ha regalato momenti intensi (soprattutto con “Bring Him Home”) riuscendo pienamente a trasmettere al pubblico la profonda umanità e le angosce interiori di Valjean.
Bradley Jaden ha offerto un’ottima interpretazione di Javert, il rigoroso e tenace ispettore consumato dal suo insormontabile senso di giustizia. Strepitoso in “Stars”, che ha interpretato con grande pathos, evidenziando le antimonie del poliziotto in bilico tra il rispetto per la legge e il dilemma morale. Suggestivo il momento in cui, durante l’esecuzione del brano, il meraviglioso soffitto stellato del Rossetti si è illuminato: “Stars… Filling the darkness with order and light. You are the sentinels, silent and sure, keeping watch in the night you know your place in the sky…”
Un personaggio tormentato e complesso, a cui Jaden ha dato molto più spessore di quello del semplice antagonista di Valjean.
La Fantine di Channah Hewitt non ha regalato la performance struggente che mi sarei aspettata per questo personaggio, simbolo di sacrificio e di purezza. La sua interpretazione di “I Dreamed a Dream” ha tuttavia commosso gli spettatori, incarnando la fragilità di Fantine e mostrandone tutta la sofferenza e la sua grande forza d’animo. “Un’anima per un pezzo di pane: la miseria offre, la società accetta”.
Pur essendo Beatrice Penny-Touré un’affermata artista nella scena dei musical internazionali, la Cosette da lei interpretata non mi ha particolarmente colpita: è dolce e leggiadra ma non così incisiva quanto a presenza sulla scena. In “A Heart Full of Love”, in duetto con Marius, ha espresso efficacemente la tenerezza del primo amore, con la sua voce limpida che s’intreccia delicatamente con quella del suo innamorato.
Jac Yarrow ha interpretato un Marius appassionato, capace di manifestare la drammaticità degli accadimenti di cui è protagonista in modo toccante, mostrandone gli aspetti più vulnerabili e umani.
Il personaggio che ho amato senza riserve, che ha riempito la scena con la sua figura minuta, la sua forza espressiva e la sua straordinaria vocalità, è l’iconica Eponine, interpretata da Nathania Ong. Dotata di una grande potenza emotiva e di una grazia rara, la cantante singaporiana, con la sua superba “On My Own”, ci ha fatto cogliere la solitudine e la malinconia di un amore non corrisposto, lasciando trasparire in ogni singola nota il suo fardello di sofferenza e la vastità dei suoi sentimenti. Ong, vestita di stracci, con il faccino annerito dal fumo delle barricate e con il baschetto rosso, ha infuso al suo personaggio una miscela di resilienza e fragilità che hanno commosso il pubblico, regalando, con le sue apparizioni in scena, alcuni dei momenti più intensi dello spettacolo.
È inevitabile il parallelismo tra passato e presente, tra le barricate parigine di Hugo, cuore pulsante dell’opera, e la rivolta delle banlieu, in epoca recente… Un tempo “si combatteva per la libertà, ora per un tozzo di pane”.
Un sentito applauso anche a Monsieur e Madame Thénardier – rispettivamente interpretati da Gavin Lee e Linzi Hateley – e alla loro comicità grottesca e irresistibile. I due attori hanno raccontato il lato più meschino e al contempo ironico della vicenda, regalando sprazzi di comicità e mostrando un’intesa perfetta. Due figure dal carattere decisamente posciadesco ma perfettamente integrate nella drammaticità della storia.
La colonna sonora di Les Misérables, eseguita dal vivo da una grande orchestra diretta da Brian Eads e posizionata magistralmente in un palco praticamente sospeso sopra al palcoscenico, è stata uno dei punti forti della serata. La direzione musicale, i valenti orchestrali e il coro hanno saputo valorizzare ogni sfumatura dei brani, per un’esperienza sonora potente e avvolgente.
I momenti corali come “One Day More” e “Do You Hear the People Sing?” hanno risuonato con forza e passione, assieme a brani più intimi e struggenti come “I Dreamed a Dream” e “Bring Him Home”. Ogni brano è stato eseguito con precisione e sensibilità, creando un’atmosfera immersiva e tratteggiando un affresco musicale della Parigi ottocentesca ispirato e ricco di pathos.
Una piccola nota: non si poteva collocare lo schermo con i testi tradotti in una posizione più visibile? In certi momenti, quando l’enorme struttura delle luci si abbassava e quando veniva azionata la macchina del fumo, era impossibile leggere le traduzioni.
Gli applausi scroscianti e prolungati del pubblico hanno abbracciato per tutta la durata dello spettacolo i protagonisti di Les Miz, questo lungo viaggio epico costellato di drammi e di speranza, che rimarrà nel cuore di chi ha avuto la fortuna di assistervi perché, oltre all’innegabile valentia della compagnia, la sua grandezza è anche la sua sorprendente attualità.
“Amare od aver amato, basta: non chiedete nulla, dopo. Non è possibile trovare altre perle nelle oscure pieghe della vita: amare è esser completi.”

Marina Tuni / instArt 2024 ©

Le immagini sono state fornite dall’ufficio stampa de Il Rossetti, Ilaria Lucari, che ringraziamo.