La rassegna si è conclusa con un’interessante esibizione che si è tenuta nella splendida Fazioli Concert Hall, completamente sold out.
Le proposte di Controtempo, sempre attente alle innovazioni e alle nuove tendenze della musica d’arte internazionale, confezionano rassegne all’avanguardia che deliziano un pubblico che negli anni continua a rinnovarsi e a crescere per gusto e competenze.
Grégory Privat, martinicano, figlio d’arte, di formazione classica, ha una solida carriera nel campo della musica d’improvvisazione. Il suo stile è profondamente influenzato e s’ispira alla realtà caraibica di cui coglie soprattutto gli aspetti più solari, morbidi e luminosi.
Le sue composizioni risultano così sempre di una bellezza levigata e perfino irreale e soffice. Il suo tocco è fin troppo raffinato, romantico, intimo e sognante, tanto che in alcuni momenti diventa astratta e perfino stucchevole.
Soprattutto nel nostro paese siamo abituati a non considerare europei luoghi e culture come la Martinica, che ci sembrano sempre esotici e vacanzieri, ma dobbiamo cominciare a cambiare prospettiva, perchè anche questo fa parte della nostra mentalità discriminatoria e xenofoba.
La Martinica è uno dei Dipartimenti d’oltremare francesi e quindi non si trova “politicamente” nelle Antille, ma è Europa a pieno titolo. Sull’isola nacque Joséphine de Beauharnais, una donna che fu decisiva per la carriera politica e sociale di Napoleone Bonaparte, giusto per fare un esempio.
Il pianista, dal palco, ha dichiarato che la sua musica vuole essere un segno di solidarietà con la cultura, forza ed entusiasmo per le nuove generazioni, qualunque cosa possa voler dire. Noi accontentiamoci di contemplare brevemente i brani dell’esibizione in gran parte contenuti nel suo ultimo album.
Respire, Il pianista, tanto per cominciare con il piede giusto, ha subito utilizzato la sua Cr Loop Station per sequenziare alcuni vocalizzi e respiri facendo emergere semplici accordi che sembravano istantanee di un paesaggio, lampi di luce tra gli alberi, un prato fiorito come di maggio nel gelido inverno, dove a respirare è la natura in una danza di corolle e api bottinatrici ebbre di polline.
Ha evocato un’atmosfera delicata e immaginifica di una felicità che, trattenuta, finiva per accrescersi fino ad esplodere in una tempesta di note che travolgeva la battigia dei ricordi come una mareggiata improvvisa.
L’horloge créole, La spensierata gaiezza non si tratteneva neppure nel secondo brano, omaggio alla Martinica, che iniziava con una corsa a perdifiato per le vie di una città, tutta sulla tastiera. Venivano in mente le meravigliose, iconiche immagini di “A Propos de Nice” di Jean Vigò e quelle di tanti capolavori del cinema muto.
Con l’automobile delle nostra fantasia al ritmo dei tasti che muovevano i martelletti che a propria volta colpivano, in modo delicato ma preciso, la cordiera, si sfrecciava per le vie di una città caraibica che non dorme mai, ma che non sa nemmeno svegliarsi del tutto nel sole del mattino e risplende ancora di quel torpore, tra sogno e veglia.
E allora cortili, verande, balconi, biciclette e cani randagi; qualcuno che rientra a casa barcollando appoggiandosi ai muri per la via ancora ubriaco dalla sera prima, i bambini con gli zainetti in spalla vanno a scuola; nell’aria profumo di spezie e fiori, in lontananza il mare. Il brano era una poesia dai colori saturi, non c’era niente fuori posto, era la fotografia di un paesaggio da cartolina, troppo bello per essere vero.
-In platea qualcuno domandava sottovoce al vicino: “Ma come fa a usare le mani in modo così indipendente l’una dall’altra? Sembrano due farfalle che volano sulla tastiera. È un prodigio”.
Gli veniva risposto icasticamente: “Non è un prodigio è un pianista, altrimenti farebbe il muratore o il panettiere.”
Discorso chiuso.
J’ai oublié les mots, Privat, che ha presentato ogni brano in un intimo continuo dialogo con il pubblico, ha raccontato che da piccolo faceva un sogno ricorrente in cui grazie ad una parola segreta sussurrata galleggiava nella sua stanza per poi volare attraverso il balcone per vie e piazze della città. Ora che è adulto non ci riesce più.
Non dobbiamo dimenticare la parola magica che ci fa prendere il volo. A riportarci veramente indietro forse basta una canzone molto dolce, fatta della stessa sostanza dei sogni di un bambino che si diverte ad immaginare di guardare il mondo dall’alto e, come un aquilone, lasciarsi portare dal vento. Non è vero ma il pianista l’ha fatto credere con la sua voce che sembra una sottile mormorazione che continuava a ripetere ossessivamente il titolo del brano, suonando accordi ripetitivi e ossessivi di mano sinistra, semplici ed efficaci.
Tonalité Per precisare il concetto ha ripetuto che la frequenza interiore che sentiamo nell’infanzia, la lasciamo colpevolmente svanire da adulti, diventando come un vecchio strumento scordato; dobbiamo riaccordarci e ritrovare sintonia con quella parte di noi che è la nostra vera essenza.
La musica può aiutarci di certo a riscoprire quello che già siamo ma che non ricordiamo di essere, un po’ come diceva Platone (Reminiscenza). Tutto il brano è, infatti, una “Recherche” di una memoria e di un tempo perduti.
Pa pléré (Non piangere) Il pezzo ha lo stesso languore di alcune composizioni di Paolo Conte e quel frusciare di foglie morte nei controviali parigini, mentre tutto il resto è pioggia, pioggia e Africa. Prodigi per mano destra cui ci si lascia andare scivolando come un Aguaplano.
Song fron Jojo Ballad in ricordo di un suo zio che se n’é andato due anni fa. Un brano per nulla dolente anche se pensoso e giocato sul filo degli attimi belli fino a diventare perfino solenne e poi rientrare nel solco dei ricordi. Sempre come dice Conte: “Tuo zio ti aspetta raggiungilo, quando ti guarda decifralo: è tutto cinema, cinema, cinema …”
Geraldine. Un brano basato sull’effetto del tremolio percussivo dei tasti suonati in modo da mettere in risonanza tutta la cordiera, amplificata digitalmente. Non è sembrato un puro esercizio di stile ma un rincorrersi, superarsi, per poi prendersi la mano. E’ strano da dire, ma i Live Electronics utilizzati dal pianista, a volte come in questo caso, estendono e migliorano le possibilità del pianoforte Fazioli.
Le Chapelier Privat ha l’abitudine di far partecipare il pubblico alle sue esibizioni facendolo cantare, applaudire, battere i piedi per terra.
Il brano ricordava un dialogo…era una fuga in avanti.
La la la la la la, il pubblico tenero, tenero perfettamente intonato, cantava in un piacevolissimo crescendo di grande intensità cui seguiva un generale battimani sul quale il pianista improvvisava.
Scherzando Privat ha dichiarato che l’interazione con il pubblico, qualche volta funziona altre meno, ma sinceramente non aveva mai sentito una partecipazione così entusiasmante come alla Fazioli Concert Hall, come ripete ogni sera, durante ogni concerto, davanti a qualunque pubblico, in qualsiasi parte del mondo…è lo spettacolo, Baby!
Yonn E’ il brano che da il titolo all’ultima incisione del pianista. Vuole esprimere e rappresenta un simbolo di unità attraverso il quale veicolare sensazioni luminose, positive, terapeutiche che sono veramente necessarie nella nostra piagata realtà, Uno è simbolo dell’armonia e del coeso unico organismo che in realtà siamo, nonostante tutte le differenze che ci sforziamo sempre di rimarcare. La musica può indicarci la via verso l’intero, la letizia e la concordia, con la consapevolezza della deliziosa pluralità di essere uno, scoprendosi diversi in mezzo ai molti uguali a noi.
Kouté tchè aw, equivale al nostro “ascolta il tuo cuore” in lingua creola.
Ancora vocalizzi in loop e il brano è assoluto, è sentimentale senza essere di zucchero filato, è dolce e composto senza essere di marmellata, esotico quel tanto che basta senza ostentazione.
Le bonneur (questa sera è La felicità) intenso, sognante per nulla autoreferenziale. Il brano finale è scoppiettante e allegro, trasmette ottime vibrazioni come una giornata di sole…per un pubblico entusiasta e felice, beato lui.
Gli spettatori sono tutti usciti dalla sala con il progetto di colorare il mondo e renderlo migliore, forse con un tanto di ingenua solarità e buonumore un po’ di fasulli, ma certe volte non è il caso di andare troppo per il sottile.
Grégory Privat, con grande ironia, ha voluto concludere la sua esibizione con le parole che seguono che sottoscriviamo nel modo più assoluto:
“Se vi è piaciuta l’esibizione ne sono contento, ma se non vi è piaciuta ricordatevi che su disco suona molto meglio.”
© Flaviano Bosco – instArt 2024