Un evento con il “bonus”, a fine serata, dei versi di Dante Alighieri interpretati da un rapper che canta in lingua friulana, da un attore che recita in un grammelot siciliano e da un cantautore dall’ispirazione filosofica.
“L’idea dell’evento è quella di meditare con loro, con molto divertimento s’intende, sulle radici ritmiche della composizione poetica – spiega il direttore artistico del Festival Ferruccio Merisi -, in quei territori dove la parola arriva non programmata, come portata, regalata dall’energia primigenia e dalle sue pulsazioni. Si creerà una specie di varietà, in tre atti, con il bar del Capitol che funziona negli intervalli. I tre spettacoli sono molto diversi tra loro. Ci sono: un attore che recita in un grammelot dialettale siciliano, un rapper che parte dalla lingua friulana per esplorare tante altre lingue periferiche del mondo, un cantautore italiano dell’ultimissima generazione. Nell’ordine: Tindaro Granata, già noto al pubblico pordenonese per alcune graditissime apparizioni al Teatro Verdi; DJ Tubet, un’icona della nuova cultura della sinistra Tagliamento, capace di spaziare dalle discoteche alla pedagogia attraverso la musica; Leone, cantautore emergente con spiccata propensione alla immaginazione filosofica”.
Finale a sorpresa. “Si proporrà – conclude Merisi – una meditazione non troppo macchinosa, leggera, anzi leggerissima. Alla fine poi , nell’ultima mezz’ora, ci sarà una bella scommessa: al pubblico verrà offerta una piccola avventura estemporanea nella Divina Commedia, per osservare da un lato come le tre arti diverse dei tre performer possono produrre modi diversi, eppure in profondità molto apparentati, di leggere il patrimonio dantesco; e dall’altro lato per contemplare l’ipotesi che anche Dante fosse un performer professionista (nelle corti dotte dell’Italia del Nord), che a volte improvvisava, a volte tirava fuori qualche repertorio ben lavorato, per poi fissare successivamente sulla carta i risultati migliori”.