Raramente si è vista un’aula magna dell’Università di Udine più gremita di ieri: c’era persino gente in piedi e nel corridoio antistante. Il motivo è presto detto: Beatrice Rana. La giovane pianista pugliese, reduce da un concerto trasmesso in diretta radiofonica la sera prima in cui ha eseguito a Torino il primo concerto di Brahms con l’orchestra della RAI, si è, infatti, esibita ieri per la conferenza-concerto finale della Stagione 2018/’19 (la quarantesima!) dell’Accademia di Studi Pianistici “A. Ricci” presentando l’integrale dei Dodici Studi op. 25 di Fryderyk Chopin. Scelta di programma dettata da una certa assonanza dettata dall’età, perché quando vennero composti Chopin aveva 26 anni, l’attuale età dell’artista pugliese.
Nella conferenza introduttiva, Beatrice Rana sottolinea il carattere espressivo e musicale degli studi di Chopin, non più solo composizioni didattiche, ma vere e proprie composizioni da concerto (è l’inventore dello studio da concerto), dal carattere unitario e che, assieme all’opera 28, costituisce un’esplorazione di tutte le tonalità. Nello specifico, sempre secondo Beatrice Rana, gli Studi op. 25 si snodano lungo un arco espressivo che va va dalla concisione dei primi sei, i primi due –quello in la bemolle maggiore e quello in fa minore- composti sotto l’urto sentimentale del rapporto con Maria Wodzinski, alla drammaticità degli ultimi sei, a partire dal n. 7 in do diesis minore trascritto anche nella versione per violoncello e pianoforte, composti con la precisa sensazione di non poter più tornare nella sua Polonia occupata dai russi e permeati di profonda nostalgia per la sua patria.
La successiva esecuzione è la semplice, si fa per dire, consustanziazione delle osservazioni precedentemente esposte con tanta semplicità. L’esecuzione di Beatrice Rana è semplicemente straordinaria e cattura con una sorta di malia l’attenzione del pubblico per tutta la durata del concerto. Della sua esecuzione possiamo ammirare non tanto un nitore esecutivo eccezionale, in artisti del suo calibro è, come dire, il minimo sindacale, quanto per le dinamiche da lei poste in essere che le permettono di creare uno spettro dinamico infinito. Il suo tocco le consente sfumature che rendono gli studi di Chopin un autentico brano da concerto e permette loro di assumere quella configurazione espressiva voluta dall’autore. Un’esecuzione di eccezionale livello che seduce e commuove il pubblico che le tributa un’autentica standing ovation che la costringe a concedere ben due bis, sempre con Chopin. Bis che suonano quasi come il suggello di una stagione quella della Ricci, di grande livello.
© Sergio Zolli per instArt