Il Piotta nella cornice magica di Villa Ottelio Savorgnan ad Ariis può sembrare a prima vista un ossimoro. Non lo è, se si considera che la famiglia del signor Tommaso Zanello (questo il suo vero nome) è originaria di Teor e che ha sempre considerato il corso del fiume Stella attiguo alla villa come un luogo del cuore (o dell’anima). Grazie quindi agli uffici di Gabriella Cecotti, direttrice artistica di Musica in Villa, abbiamo potuto goderci una data del Dieci e l’Ode tour del poeta/rapper romano, noto ai più come autore del famigerato tormentone di fine millennio “Supercafone”, ma in realtà artista di caratura ben più consistente. Lo dimostra l’ultima fatica  ‘na notte infame, figlio di un periodo di riflessione su temi politici e personali (in primis la scomparsa del fratello Fabio, presente tra l’altro nel disco) e caratterizzato da un’ottima cornice musicale, diversa dai samples sui quali il buon Tommaso rappava nei primi novanta. E’ probabile che attualmente l’artista romano non attiri le folle di due decenni fa, ma un pubblico più ristretto ed attento più alla qualità della proposta sonora che al faccela vedè, faccela toccà. Ne abbiamo avuto conferma nella serata del 4 luglio, dove tra il pubblico non numeroso (e forse spiazzato da una proposta sonora diverse da quelle solite della kermesse), c’era un manipolo di fans irriducibili che hanno cantato i brani eseguiti dal gruppo. Il concerto, inaugurazione tra l’altro di Musica in Villa 2024, è stato caratterizzato dalla presenza dei visuals gestiti dal sound engineer Cristiano Boffi, che hanno accompagnato i brani eseguiti dal gruppo non come orpello estetico, ma come elementi funzionali alla narrazione. Filmati d’epoca, immagini e videoclip si sono susseguiti alle spalle della band fondendosi in un unicum con la musica.

La band. come detto, ha rivestito le canzoni al meglio, con perizia e soul non comuni: il tastierista Francesco Santalucia, è il fulcro dal quale si dipana il sound abbellito dal sax di Augusto Pallocca (anche rapper per l’occasione)e  dai ricami della chitarra di Francesco Fioravanti. Il tutto sostenuto dalla robusta struttura ritmica del batterista Claudio Cicchetti. Lo show del Dieci e l’Ode tour è caratterizzato da tre momenti: il primo è il cuore nero della nostra storia  (malaffare, anni di piombo, problemi sociali); il secondo è la ribellione energica e liberatoria, figlia delle contestazioni degli anni novanta; il terzo sono gli hit che “comunque vada sarà un successo”. Il Piotta si è destreggiato a suo agio in questi momenti, cantando, rappando e urlando i suoi stati d’animo: in questo si è dimostrato una sorta di antidoto al coevo rap/trap mainstream, che infesta l’etere con suoni e testi discutibili (eufemisticamente parlando). L’artista romano è figlio di un periodo in cui le rime servivano ad esprimere e denunciare i problemi della società sulla scia di quanto facevano gli hip hoppers della Grande Mela o ancor prima i DJ della Giamaica. La partenza è stata affidata a Ode Romana / Lode a Dio, intensa e sorretta dal pianismo liquido di Santalucia. A seguire Serpico e Fiore dell’Infame, brani scuri  dai toni cupi, mentre sullo sfondo scorrono video di violenza urbana, terrorismo, malavita. Da questa pece si esce con la seconda fase caratterizzata dal colore rosso e dalla battuta in levare del reggae dub militante, dello ska di Se Se Se Se e dal furore di Io non ho paura, che dal vivo assume connotazioni più aggressive ( alla RATM per chi li conosce). Con Professore ( vale a dire il fratello Fabio, presenza quasi fisica sul palco) la tavolozza sonora si colora di toni caraibici. La cover di Rimmel del Francesco nazionale ( De Gregori non Totti), suggella il tutto. Nella terza fase i successi del Piotta prendono il sopravvento con la loro (falsa) superficialità e con la capacità di trascinare qualsiasi tipo di pubblico, anche quello che,  Anno Domini 1982, ballava Wot
,dell’ex Damned Captain Sensible, abilmente coverizzata dal Piotta. Complimenti quindi al PIC (Progetto Integrato Cultura), grazie al quale abbiamo passato una bella serata. Non proprio ‘na notte infame insomma.

© Daniele Paolitti per InstArt